2023-11-29
Massimo Cacciari: «È la crisi della famiglia che causa tragedie»
Il filosofo ribalta la narrazione corrente: «L’ordine patriarcale è traballante da secoli. Il potere maschile è in discussione, ma anche la figura dello Stato-mamma non regge più. Confido comunque nelle donne per andare oltre l’epoca faustiana».Ancora una volta, Massimo Cacciari si è distinto per la dissonanza rispetto al discorso prevalente. Nel corso di una apparizione televisiva e in un articolo sulla Stampa poi, ha affermato che il patriarcato, in Italia, non esiste più da tempo. Risolvendo, in un lampo, il dibattito che prosegue da giorni ininterrotto. Nel corso di una intervista realizzata per il programma Ztl su radio GiornaleRadio (la versione integrale è disponibile su giornaleradio.fm), il filosofo ha ulteriormente dettagliato il suo pensiero.Professore, si sta parlando a vanvera di patriarcato da una settimana?«Direi di sì, perché la famiglia patriarcale è un ordine familiare che è andato di fatto in crisi qualche secolo fa. La famiglia borghese non è più una famiglia patriarcale. Quest’ultima si regge su una gerarchia ben solida e sull’autorità indiscussa del padre - del maschio padre - al di là di ogni concetto puramente genitoriale, perché l’autorità paterna non deriva soltanto dal fatto di essere genitore, ma da un riconoscimento pieno del suo primato in sede giuridica, politica. Questo sistema comincia ad andare in crisi con l’individualismo moderno: la famiglia borghese è già una famiglia che deve contemperare l’autorità del padre maschio con i sentimenti individuali, con il riconoscimento dei diritti individuali. Tutto questo determina la sua crisi, la crisi dell’ordine patriarcale. È un tema ricorrente in tutta la letteratura, in tutta la cultura contemporanea, fino all’emergere di un movimento potente, una vera rivoluzione - quella femminista - che mina alle fondamenta ogni residuo di ordine non solo patriarcale, ma anche borghese».Quindi secondo lei che cosa stiamo vivendo oggi?«Quella che noi oggi viviamo è la crisi della famiglia tout court. Ed è questo il tema grande e profondo che dobbiamo affrontare da un punto di vista radicale: l’istituto familiare non regge più, non svolge più una funzione economica e tanto meno una funzione educativa. Intendiamoci: non sto dicendo “bene, finalmente”. Anche perché non c’è niente che sostituisce l’istituto familiare, che è appunto in evidentissima crisi (e bisogna riconoscerlo a meno di non essere proprio totalmente ipocriti) e delitti come quello di cui si è discusso lo mostrano quotidianamente».Pare di capire che secondo lei il problema non è il maschio in quanto maschio, ma è piuttosto la dinamica familiare.«La dinamica familiare all’interno della quale è crollata ogni autorità. E l’autorità maschile, essendo quella tradizionale, provoca i maggiori problemi. Anche perché non c’è una tradizione millenaria di autorità femminile. Il matriarcato, se mai c’è stato, finisce nel mondo mediterraneo 3.000 anni fa. Il potere maschile invece c’è stato e va in crisi, una crisi che si è fatta ormai radicale, e questo provoca scombussolamenti e sconquassi laceranti nella psiche degli uomini». In un bel libro intitolato Paradiso e naufragio (uscito nel 2022 per Einaudi), commentando l’opera di Robert Musil, si è soffermato sul crollo delle illusioni di ordine e di armonia del mondo moderno. Dobbiamo rassegnarci a vivere in un mondo disordinato?«Questa era certamente la visione di Musil ne L’uomo senza qualità. Anche se in Musil vi è un cammino verso il superamento di questo disordine. Teniamo però presente che Musil scrive tra due guerre mondiali, nel pieno del suicidio dell’Europa, della cultura e della civiltà europea, quindi per forza i suoi accenti sono disperati. Oggi noi dobbiamo lavorare per riconoscere anzitutto che siamo in un disordine globale, e la condizione della famiglia ne è una delle espressioni più simboliche. C’è un disordine globale dal punto di vista politico, civile, sociale e anche economico. Dobbiamo cercare - realisticamente, sapendo che non torneremo ad alcuna armonia né prestabilita né stabilita - di vedere se esiste una margine per giungere a dei patti, potremmo dire a delle paci in modo laico: pace è un termine latino che ha la stessa radice di patto. Non è la pace del “vogliamoci bene e abbracciamoci tutti”, anche perché in quel senso forse la pace ci è preclusa. Quello che non ci deve essere precluso un cammino verso la creazione di patti. Dobbiamo stabilire accordi, stabilire relazioni che riconoscano in qualche modo gli interessi reciproci tra le grandi aree del pianeta, ma anche tra di noi, all’interno di uno stesso Paese. Dobbiamo lavorare in questo senso, in termini molto realistici e molto pratici: dobbiamo cercare in tutti i modi di dare una forma, per quanto possibile, a questo disordine. Resta che la nostra anima è in profondo disordine e le vicende a cui stiamo assistendo, queste tragedie familiari, sono simbolo di un disordine psichico e etico, profondissimo, che non può essere in alcun modo derubricato. Tuttavia questa è la situazione, dunque cerchiamo di trovare isole di forma e ordine in questa situazione, sapendo che nessuno di noi ha ricette, tanto meno ricette reazionarie, come quella di invocare la famiglia. Ma quale famiglia si può invocare oggi?».Da parecchio tempo psicologi, sociologi e filosofi parlano dell’evaporazione del padre, della crisi del maschio. Ma nessuno sembra essere riuscito a fornire un nuovo modello maschile. Si dice: combattiamo il patriarcato. Bene, ma poi che maschio vogliamo? «Siamo in una situazione in cui c’è un’evidente tendenza alla confusione tra generi. Siamo in una situazione inconcepibile rispetto alla cultura passata, per cui ognuno può ricercare e realizzare da sé la propria identità sessuale. Come si fa a parlare in una situazione di questo genere di maschio o di femmina, secondo categorie e modalità che appartengono a una civiltà che ormai dobbiamo riconoscere essere in crisi? Quando un secolo fa quel tipo (Oswald Spengler, ndr) parlava di tramonto dell’Occidente, non è che avesse tutti i torti… Direttamente o indirettamente, continuiamo a citarlo, anche se gli scienziati storcono il naso, così come citiamo Samuel Huntington: siamo in una crisi di civiltà».Ci troviamo dunque nel kali yuga, una crisi irreversibile che porterà al crollo dell’Occidente? Non è una gran bella prospettiva…«Onestamente non lo so. Però non è una possibilità che si può razionalmente escludere. Se veramente quella a cui assistiamo è una crisi di civiltà, è la fine di un mondo che in un modo o nell’altro è stato governato da forme di razionalità proprie della nostra civiltà occidentale. Queste forme oggi vengono drasticamente contestate all’esterno, sul piano geopolitico, ma anche all’interno sul piano dei valori etici, morali, politici… Del resto parliamo quotidianamente di crisi della democrazia, crisi della famiglia, eccetera».Può nascere un nuovo ordine secondo lei? Per altro, di solito il rinnovamento arriva dopo la catastrofe.«Non c’è dubbio che un nuovo ordine possa nascere anche dopo una catastrofe. La storia ci insegna che sì, i nuovi ordini di solito nascono dopo catastrofi, ma non è necessario che sia così, ci sono anche dei processi di trasformazione. Il passaggio tra Medioevo e mondo moderno non è stato propriamente catastrofico, o non solo catastrofico. C’è stata una serie di ponti, di passaggi che sono stati costruiti tra questi due mondi. Certo ci sono state anche guerre, distruzioni, catastrofi, ma non c’è stata una discontinuità netta, radicale. Ed è così che dobbiamo cercare di fare noi: dobbiamo cercare di costruire con i materiali del passato. Lavorando anche con le rovine, se vuole: ce ne sono di buone, ce ne sono di belle che andiamo a visitare, che ci piacciono. Possiamo anche lavorare con la memoria, una memoria selettiva che non agisca come fanno certi esponenti del politically correct attuali che buttano giù le statue di Cristoforo Colombo. Bisogna cercare di lavorare anche con le memorie del passato che possono servire, con le rovine del passato che possono servire e cercare, con quelle e con la nostra ragione di costruire isole, patti, possibilità di accordo specifiche, determinate, senza nessuna pretesa totalizzante, perché non ne siamo in grado. Non siamo in grado di fare un discorso integro e generale, non siamo in grado di riconoscerlo, ma possiamo comunque costruire cammini».Abbiamo parlato del maschile, concludiamo parlando del femminile. Può nascere secondo lei un nuovo ordine femminile? Oggi sembra che nella nostra società prevalga il femminile, però un femminile perverso, una caricatura del femminile che è falsamente buono, falsamente accogliente…«Ma non è più neanche una mamma, perché appunto che cosa mai può curare? Cura sempre meno, la mamma: lo Stato mamma è lo stato del welfare se vogliamo, ma adesso ha poca cura soprattutto dei suoi figli più bisognosi. Quindi direi proprio che anche questa figura paterno-materna dello Stato è crollata. Invece la donna… Sì, la donna per me è una speranza concreta. La possibilità che al comando, diciamo così vi siano delle donne può portare proprio nella direzione che dicevo: la direzione di costruzione di patti molto pragmatici, determinati. La donna ha consapevolezza della propria finitezza, infinitamente più del maschio europeo la cui eroica vicenda si compie con l’età faustiana e con i miti faustiano-prometeici, e quindi si compie con la rivoluzione industriale dell’Ottocento. Dopodiché comincia una decadenza che è segnata dalla tragedia di due guerre mondiali volute proprio dal maschio europeo e dalla sua volontà di potenza. Da lì comincia il tracollo, che era inevitabile».
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.