
In più di un'occasione il sito ha pubblicato storie smentite o palesemente non verificate, come le illazioni su Donald Trump. Fra i suoi informatori anche agenti dei servizi segreti.Se vi capitasse di finire sul giornale online Buzzfeed, fondato da Jonah Peretti nel 2006 negli Stati Uniti, potreste facilmente perdere l'orientamento. Il sito che ha pubblicato l'audio della presunta trattativa di Gianluca Savoini per l'acquisto di gasolio russo, al centro di un'inchiesta della Procura di Milano per corruzione internazionale, non ha l'austero appeal del New York Times o del Guardian né l'autorevolezza del Wall Street Journal. È un miscuglio di intrattenimento e news, giornalismo investigativo e consigli per gli acquisti. Ancora ieri, accanto all'articolo che mostra la foto di Matteo Salvini, c'erano servizi di questo genere: «Qual è l'accento europeo più sexy?», oppure «Storie di corna» e, ancora, foto di cani che sorridono e di cartoni animati della Disney «che non potrai non riconoscere». Materiale utile per acchiappare clic e, quindi, monetizzare con le inserzioni pubblicitarie: più lettori, più soldi. Il modello è però in crisi: dal 2016, il business è in calo con stime in ribasso e rischi per l'occupazione.Buzzfeed richiama nel titolo il fastidioso ronzio di una zanzara, e in diverse occasioni ha dolorosamente punto con scoop che hanno fatto il giro del mondo. In altre circostanze, il giornale - che conta oltre 80 milioni di utenti unici al mese - è rimasto imbrigliato nelle reti di storie rivelatesi poi fake news. Come accaduto in occasione della deposizione dell'avvocato di Donald Trump, Michael Cohen, accusato di aver coperto il presidente Usa su un presunto accordo con i russi per la costruzione di una Trump tower a Mosca nella prima metà del 2016, quando già il tycoon stava scaldando i motori per le presidenziali. Fu il procuratore speciale Bob Mueller a smentire Buzzefeed e a rettificare la notizia. Trump è uno dei bersagli preferiti del giornale. Buzzfeed è stata l'unica testata a pubblicare il Rapporto Steele, dal nome dell'ex capo dei servizi segreti inglesi a Mosca, che conteneva illazioni sui ricatti sessuali di cui sarebbe rimasto vittima l'inquilino della Casa Bianca a opera dei russi (ancora loro). Il New York Times e Nbc News si rifiutarono di scriverne per «mancanza di prove evidenti» mentre il direttore di Buzzfeed, Ben Smith, volle comunque darlo in pasto ai lettori pur con l'avvertenza che il documento «non era stato verificato» e includeva «errori evidenti». Jake Tapper, un giornalista della Cnn, network non certo simpatizzante di Trump, bollò questa decisione come «atto irresponsabile». Si tratta, come vedremo, di una precisa scelta editoriale che punta a creare rumore e volumi di traffico sul Web. Un altro reportage che ha destato perplessità è quello sull'ex braccio destro di Vladimir Putin, Mikhail Lesin, morto nel novembre 2015 ufficialmente per un incidente ma, secondo i segugi di Buzzfeed, in realtà ucciso da uomini del Cremlino. Le prove? Il giornale ha intervistato tre anonimi agenti Fbi che, però, non erano coinvolti direttamente nelle indagini ma avevano ascoltato questa versione da altri colleghi. Buzzfeed non offre, a dispetto della leggendaria trasparenza giornalistica americana, possibilità di riscontri alle proprie fonti. Molto spesso si tratta di informatori ufficiosi e appartenenti per lo più ad agenzie di intelligence. Riuscire a sottoporre a verifica una notizia diventa così estremamente difficile. E, senza la smentita, tutto diventa verità o post verità. Non è mai stato, per esempio, accertato se davvero i miliziani dell'Isis chiesero un milione di dollari per la restituzione del corpo del reporter Usa James Foley, decapitato dall'Isis in Siria nell'agosto di cinque anni fa, come riportò il sito in esclusiva mondiale. Più di un esperto ha mostrato perplessità. In qualche occasione, il giornale ha gonfiato le storie facendole apparire più grandi di quanto fossero. Un servizio di Buzzfeed parlò di 16 campioni mondiali di tennis segnalati agli organi investigativi per scommesse illegali. Si arrivò addirittura a ipotizzare che fossero state vendute partite del Roland Garros e di Wimbledon. L'indagine esisteva ma, in realtà, furono radiati sei giocatori dei bassifondi della classifica. Tant'è che Roger Federer commentò: «Troppo facile buttare lì accuse. Vorrei sentire fatti concreti». Il giornale ha pure accusato il Wwf di finanziare ranger «che hanno torturato e ucciso persone» in un parco in Nepal, invischiati in un «traffico di armi in Asia e Africa». Accuse già contenute in una denuncia della Ong Survival international che non era approdata a nulla. Questa è un'altra metodologia di Buzzfeed: rilanciare notizie vecchie contando sulla potenza di fuoco dei suoi 1,3 milioni di seguaci su Twitter.
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».
Francesco Filini (Ansa)
Parla il deputato che guida il centro studi di Fdi ed è considerato l’ideologo del partito: «Macché, sono solo un militante e il potere mi fa paura. Da Ranucci accuse gravi e infondate. La sinistra aveva militarizzato la Rai».
Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, la danno in strepitosa ascesa.
«Faccio politica da oltre trent’anni. Non sono né in ascesa né in discesa. Contribuisco alla causa».
Tra le altre cose, è responsabile del programma di Fratelli d’Italia.
«Giorgia Meloni ha iniziato questa legislatura con un motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Il nostro obiettivo era quello di liberare le energie produttive».






