
Oggi si mette in discussione perfino la matematica per evitare di offendere chi viene considerato non abbastanza intelligente. È una forma di razzismo nemmeno troppo mascherata: una distorsione della realtà per impedire che sia davvero conosciuta.Il buonismo è il male travestito da bene, una distorsione della realtà per impedire che venga conosciuta. È quello che fanno, per esempio, quanti negano il colonialismo oppure mettono in discussione le regole della matematica per non offendere chi viene considerato non abbastanza intelligente.Verbo / 3Quando cominciava le sue lezioni, San Tommaso mostrava una mela. «Questa è una mela», affermava, «tutti quelli che non sono d'accordo possono andarsene». Detto in parole povere, si rifiutava di perdere tempo con chi aveva perso la percezione della realtà. Oggi sarebbe trovato gravemente scortese, assolutamente non inclusivo del possibile desiderio della mela di essere pera, del possibile desiderio di qualcuno degli astanti di percepire la mela come pera, ananas (che all'epoca di San Tommaso non era conosciuta ma non si sa mai: c'è un ananas in un mosaico dell'antica Roma), cipolla, sasso o contenitore dell'anima della nonna morta due anni prima e reincarnata.La parola più importante della realtà, la parola che cancella la realtà. Il politicamente corretto è l'annientamento della realtà, cioè della verità, che è appunto il racconto della realtà. La dicotomia non è più tra vero o falso. La dicotomia è: può offendere qualcuno o no? E nel caso, di che colore è la pelle dell'offeso? Se fosse molto chiara possiamo infischiarcene. Magari un bianco, anzi, un caucasico, potrebbe offendersi a vedere le statue degli uomini che hanno fatto la sua storia abbattute e i libri che ha amato bruciati, ma tanto lui è kattivo a prescindere e in punizione permanente, quindi è irrilevante. Annientare la realtà è un crimine; per poter essere tollerato prima, e imposto poi, è necessario ammantarlo di compassione umana. Questo è appunto il concetto di buonismo, il male che si ammanta di bene per poterlo trascinare nel baratro. Il rifiuto della realtà, cioè dell'ovvio, non può che accompagnarsi al divieto della verità, ed è quindi un crimine grave, spesso con conseguenze non reversibili, che viene prima tollerato e poi imposto con la scusa di evitare sofferenze a qualcuno. La tragedia del pericolosamente e politicamente corretto è che il principio di cortesia, il timore di offendere, prevale sul principio di realtà, cioè sulla verità. I forti conquistano e opprimono i deboli. Se sono cortesi si limitano a un'oppressione soft ed evitano stermini. Se sono scortesi non seguono queste regole. Tutti i popoli nella storia hanno conquistato e oppresso quando si sono trovati nella condizione di essere più forti. Fanno eccezione alcune popolazioni che sono state protette da oceani o montagne impervie che le hanno isolate. Grazie al cristianesimo, il quale ha ufficializzato il concetto che non è detto che i più forti debbano sempre opprimere i più deboli, e grazie a organismi internazionali, l'oppressione adesso è più raramente politico militare e più facilmente economico finanziaria. Non è detto che il sistema economico finanziario sia sempre più grazioso di quello politico militare, ma almeno non bombardano e non ci sono fosse comuni. Quando bombardano e ci sono fosse comuni lo fanno perché sono buoni. È la cosiddetta guerra preventiva, spettacolare parola per nascondere la realtà di guerre particolarmente mal combattute dopo le quali, dopo aver conquistato gas e oleodotti, l'esercito occupante leva graziosamente le tende lasciando tutti in braghe di tela: come successo in Iraq o in Afghanistan.Il verbo in questo momento nei campus statunitensi è che la civiltà occidentale è sempre stata criminale e immonda e dovrebbe quindi essere cancellata, tutte le altre un tripudio di fiori e gentilezza umana. Nel gennaio 2020 Yale ha abolito il corso sulla storia dell'arte dal Rinascimento ai giorni nostri con queste parole: «Mettere l'arte europea sul piedistallo è problematico». Il Mosè di Michelangelo resta il Mosè di Michelangelo ma gli studenti americani non conosceranno la sua realtà perché le parole di tale Tim Barringer, direttore del dipartimento di storia dell'arte del prestigioso ateneo statunitense, l'ha nascosta.Il fatto che la civiltà occidentale debba essere sempre essere stata impeccabile carina, altrimenti non vale nulla, fonde i concetti del politicamente corretto e la mentalità isterica della legge «o tutto o nulla»: o tutto è sempre magnifico, impeccabile, splendido, o non vale nulla. Da questa forma di isterismo nasce non solo la disastrosa cancel culture, ma anche il più profondo e impalpabile razzismo. Le persone di origine afroasiatiche non sono ritenute abbastanza capaci di affrontare gli eventuali fallimenti di alcuni periodi della loro storia, di elaborarne il lutto, e di trarre le conclusioni su come evitare lo stesso disastro in futuro. Nessun italiano si offende se qualcuno ricorda la caduta dell'impero romano, o gli italiani diventati schiavi dei saraceni. Attualmente gli italiani diventati schiavi dei saraceni non si possono più nominare perché qualcuno potrebbe offendersi a sentirsi descrivere nella parte del cattivo. Non mi sono certo offesa quando in Grecia e in Corsica ho assistito alle cerimonie che festeggiavano la liberazione dagli italiani. Non mi sono offesa, ma mi sono sicuramente rattristata: la mente umana è capace di sopportare la tristezza. La tristezza non è spazzatura. È un'emozione negativa che come tutte le emozioni negative può spingerci a migliorare. Sui libri di storia in uso in Gran Bretagna mancano completamente le pagine riguardanti il lunghissimo periodo del colonialismo. È un errore grave. In quel periodo sono successi episodi atroci, ma anche magnifici: sono stati creati ospedali, scuole, lebbrosari. Le suore della Consolata sono partite da Torino per andare a morire di malaria in Tanzania per insegnare ai bambini che adoravano leggere e scrivere. In Congo la ferocia raggiunta nelle piantagioni è stata inimmaginabile. Il bene e il male fanno parte dell'uomo, quindi della storia. Tutti questi episodi devono essere raccontati. Per le persone di origine africana, come per quelle di origine europea, è fondamentale avere idee molto chiare sulla propria storia e capire come evitare di essere di nuovo sconfitti. Come imparare a prendere dal passato quello che c'è di buono e conservarlo. Uno dei più tragici episodi di razzismo buonista politicamente corretto si è avuto nell'Oregon nel febbraio scorso: è stato realizzato un corso di aggiornamento per spiegare agli insegnanti che il concetto dell'unicità dei risultati matematici - il fatto che 2 + 2 faccia sempre e solo 4 - potrebbe essere considerato una forma di suprematismo bianco. Nel tragico libro 1984 lo scrittore George Orwell descrive l'eroismo di un uomo che si fa massacrare dalla dittatura terrificante per poter affermare che 2 + 2 fa sempre e solo 4. Ora lo stesso risultato si raggiunge nel timore di offendere qualcuno. Il razzismo intrinseco di tutto questo ha spinto qualcuno nell'Oregon a immaginare che le persone di origine africana non fossero abbastanza in gamba da capire la matematica, da amarla appassionatamente proprio per l'unicità dei suoi risultati, per la costruzione architettonica dei suoi teoremi che hanno la perfezione del movimento delle galassie. E, cosa ancora più divertente, l'Africa ne è stata una culla. L'osso d'Ishango, ritrovato nell'area delle sorgenti del Nilo (Nordest del Congo), presenta incisioni che potrebbero indicare una conoscenza della sequenza dei numeri primi e una capacità di calcolo su base 10. Tutto questo risalente a 20.000 anni fa, ben prima dei Sumeri. La verità rende uomini fratelli. La verità unisce e la menzogna divide. Il politicamente corretto quindi separa gli uomini dagli altri uomini, e li separa dalla verità. La realtà è che una mela è una mela e 2 + 2 fa 4. In Congo 20.000 anni fa lo sapevano. Nelle università Usa e purtroppo anche in quelle europee sempre più spesso non lo sanno più.
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.






