2025-06-25
«Buio e oblio dopo il successo. Sono diventata anoressica ma ho ripreso la vita a Ibiza»
Giuditta Guizzetti, in arte Yu Yu
La cantante italofrancese Yu Yu: «Sull’onda dei brani “Mon petit garçon” e “Bonjour Bonjour” mi cercavano tutti, al terzo singolo il telefono ha smesso di suonare. E sono andata giù».Un’assistente di volo italo-parigina diventata per caso una cantante di successo vent’anni fa, scomparsa poi nel vuoto, anche a causa dell’anoressia, e adesso di nuovo sulla cresta dell’onda. La vita di Giuditta Guizzetti, in arte Yu Yu, meriterebbe una serie televisiva, come accaduto per gli 883. Da Ibiza, dove ha ritrovato se stessa, racconta la sua storia sul fragile filo delle note.Da quanti anni vive a Ibiza? «Ridi e scherza, ormai sono sedici anni».Come si trova? «Mi trovo indubbiamente bene. È il posto in cui ho vissuto di più in assoluto nella mia vita, perché mi sono sempre spostata molto. Ora mi sono fermata perché ho due bambini, però il mio lato nomade sta un po’ scalpitando».È cosmopolita… «Sono nata a Parigi, mia mamma è francese purosangue, mio papà è di Bergamo. Da quando avevo un anno abbiamo vissuto tra il Centro America, il Giappone, gli Stati Uniti, perché mio padre era un diplomatico. Ringrazio sempre di avere avuto questa fortuna, soprattutto per la possibilità di parlare le lingue da piccola. Ne parlo quattro perfettamente. Lo spagnolo, che è stata la mia prima lingua, avendo vissuto fino a otto-nove anni a Panama, mi è tornato quando mi sono trasferita a Ibiza. In due settimane l’ho recuperato. Solo il giapponese ho perso».La sua carriera musicale è legata alla lingua francese. «È stata una scelta del discografico. Quando ha saputo delle mie origini, mi ha proposto: “Perché non canti in francese?”».È vero che era andata nello studio discografico per incidere una voce? «In quel periodo facevo l’assistente di volo ed ero stata chiamata da nota discoteca del Bergamasco, Fluid, per incidere il classico annuncio da hostess come invito per una serata. Mentre facevo questa registrazione è entrato Pippo Landro, il discografico, che mi ha chiesto: “Ma tu chi sei? Cosa fai qua?”. “L’assistente di volo, non c’entro niente con l’ambiente della musica, suono solo amatorialmente”. A quel punto mi ha dato una chitarra e mi ha detto di provare. Ho suonato Je so’ pazzo di Pino Daniele. Lui è rimasto: “Dobbiamo fare qualcosa assieme: prendiamo la tua lingua madre e cerchiamo di imbastire un discorso musicale”. Così è nato tutto».La canzone l’ha scelta Pippo Landro? «Sì, lui aveva nel cassetto Mon petit garçon, che era stata scritto da Ferdy Sapio e mi è subito piaciuta molto. Ho rivisitato il testo con l’aiuto di mia mamma, l’abbiamo incisa due settimane dopo ed è rimasta lì. Ho continuato a fare l’hostess, poi la canzone è stata presa per lo spot della Lancia e ha avuto un successo incredibile da un giorno all’altro. Io non ci credevo».Ha continuato a fare l’assistente di volo? «Sì, fino a quando mi hanno chiamato dalla compagnia aerea: “Giuditta, continuiamo a ricevere lettere dai passeggeri che ci dicono: cosa ci fa sull’aereo la cantante che abbiamo visto il giorno prima in televisione?”. E carinamente mi hanno detto: “Goditi questo momento, ti diamo un anno sabbatico, vedi quello che succede e noi siamo sempre aperti a riprenderti”. Così ho intrapreso questo viaggio nel mondo della canzone».Ha cominciato a fare serate e a partecipare programmi televisivi? «Tantissima televisione e anche serate di moda. C’è stata la benedizione da parte di Maurizio Costanzo che mi ha preso sotto la sua ala protettrice e mi invitava spesso al Maurizio Costanzo Show. Poi c’è stata la fortuna del secondo tormentone, Bonjour Bonjour, un altro successo inaspettato».Questo cambio di vita repentino come l’ha vissuto? «La notorietà l’ho vissuta benissimo perché non mi rendevo conto di niente. Ero in una bolla, con molta ingenuità e umiltà. Una cosa che ricordo sempre è che dopo, terminata l’esibizione, applaudivo il pubblico che mi applaudiva, ero un po’ confusa! Senz’altro, aver vissuto tutta questa attenzione attorno a me ha portato a delle reazioni: non ero preparata per il successo, ma non ero neanche preparata a veder sparire intorno a me tutte le persone».Ha vissuto male la fine della notorietà? «Quando siamo usciti con il terzo singolo, ho percepito che non si sarebbe più ripetuta la fortuna degli altri due pezzi, il telefono squillava di meno, ho sentito il vuoto attorno a me e ho dovuto fare i calcoli con la realtà, con la vita, con il lavoro».Cosa ha fatto, a quel punto? «Ho lavorato come cameriera, poi sono tornata a fare l’assistente di volo, mi sono dovuta proteggere da una caduta che poi ho vissuto. Non ho retto bene tante cose e mi sono ammalata di anoressia. Le cause sono molte perché è una malattia molto complessa, da non prendere sottogamba, però sicuramente questa componente del calar del sipario ha scatenato qualcosa. Ho convissuto con l’anoressia per tantissimi anni e devo dire grazie a Maurizio Costanzo, che mi ha spinto a farmi curare, entrando nel centro disturbi alimentari di Todi. Lì mi sono lasciata prendere tra le braccia».Quando ha cominciato ad avere problemi di anoressia? «Già con l’uscita del terzo singolo, ho iniziato a perdere peso e questo ha posto dei limiti nell’invitarmi nelle trasmissioni perché davo un messaggio… chiamiamolo triste. Mi dicevano: “Sei un po’ troppo magra, devi ingrassare”. Ho fatto per un paio d’anni dentro e fuori dagli ospedali. Sono stata presa dalla casa discografica Emi per un progetto musicale molto bello, però ero entrata nel tunnel e non capivo che mi stavo perdendo e che stavo perdendo delle occasioni. Purtroppo il click nella mia testa era scattato».Il punto più brutto di questa caduta? «Avevo smarrito tutto attorno a me, fino a quando ho perso completamente il controllo del mio corpo, sono arrivata a pesare 36 chili e lì era una questione di vita o di morte. Quando sono entrata a Todi, mi sono detta: “Va bene, adesso basta, cerchiamo di far qualcosa”. Sono stati mesi difficilissimi perché non potevo fare nulla. Dal primo giorno, per dare un senso a tutto quello che stavo vivendo, ho cominciato a scrivere una sorta di diario che ho portato a termine il giorno in cui sono uscita».Il cucchiaio è una culla - Diario di Yu Yu nella lotta contro l’anoressia, pubblicato da Aliberti nel 2008. «Quando sono uscita, Maurizio Costanzo mi ha detto: “Fammelo leggere”. Una volta letto, mi ha detto: “È da pubblicare perché potrebbe essere molto utile anche ad altre persone”. Da quel momento drin, drin, sono iniziati a squillare i telefoni, a invitarmi nelle trasmissioni, interviste…».Non ha avuta paura di ripiombare nel tunnel? «Assolutamente. Ho partecipato a una puntata del Maurizio Costanzo Show ospite da sola e poi ho deciso di sparire. Un amico, che purtroppo non c’è più, Elio Fiorucci, mi ha detto: “Vai a Ibiza che stai ricadendo ancora nei circuiti del successo”. E così ho fatto, Ibiza mi ha fatto stare bene, sono tornata in Italia, ho preso la mia macchina, le quattro cose che avevo e sono andata via. È stata durissima all’inizio, alla fine sono uscita dall’anoressia da sola, qua a Ibiza, però sono rinata, proprio perché ho azzerato tutta la mia vita. Non ho raccontato a nessuno chi fossi e cosa facessi, ho trovato lavoro, una casa, mi sono rimboccata le maniche…».Non l’ha riconosciuta nessuno? «Lavoravo in un negozio molto rinomato e ovviamente la clientela italiana mi ha riconosciuto. Quello che ho apprezzato tanto è stato il rispetto e la sensibilità da parte di tutti quelli che erano a conoscenza dell’anoressia».Ibiza è stato il suo rifugio. «È il rifugio di tanti. La cosa più interessante di Ibiza sono le storie che ci sono dietro le persone. Probabilmente c’è una sorta di calamita che attira le persone che hanno avuto sofferenze. A Ibiza ho trovato anche l’amore. Ero responsabile di una galleria d’arte, ho esposto i quadri di un ragazzo italiano, da cosa nasce cosa ed è diventato il papà dei miei figli».Ora cosa fa? «Sono nel mondo del turismo: preparo dei pacchetti, dove mi occupo un po’ di tutto, dell’alloggio al catering. Negli ultimi anni mi sono specializzata nel mondo dello yoga. Ibiza è un punto calamitante anche per il discorso mistico».Finalmente è tornata nel mondo della musica… «Con una telefonata, a settembre 2024, del mio discografico di allora, Pippo Landro. Mi ha chiesto se me la sentivo di interpretare La Bohème di Charles Aznavour. Lì per lì sono rimasta un po’ sgomenta perché per me toccare certi pilastri della musica è sempre un po’ difficile, però ci sono stati una serie di eventi che mi hanno fatto dire sì. Era mancata da poco mia nonna parigina che era una fan di Aznavour. Ho fatto un provino a Ibiza con il classico karaoke, l’ho mandata a Pippo e dopo veramente due minuti contati mi ha chiamato: “Il pezzo è assolutamente tuo ed è nelle tue corde”».È tornata a incidere… «Nel vecchio studio di Milano di 24 anni prima e questo mi ha creato delle forti emozioni dentro. Abbiamo registrato questa versione de La Bohème che ha rispettato tutto il mio percorso musicale perché può essere benissimo un seguito di Bonjour Bonjour. Ha una musicalità che richiama un po’ le mie vecchie canzoni, però è un pezzo che ho potuto cantare alla soglia dei cinquant’anni. Se l’avessi fatto a vent’anni, sarei stata poco credibile. Mi sono sentita molto a mio agio nel cantarla».Come sta vivendo emotivamente questo ritorno? «Con serenità e con una maturità che prima non avevo e anche con una vita di mamma che prima non avevo, però la musica ha sempre fatto parte della mia vita, anche in questi 16 anni. Yu Yu non è mai morta, fa parte di me. Sono pronta anche a dare un messaggio positivo a tutte le persone che soffrono o hanno sofferto di anoressia e a tutte le persone che sono cadute nell’oblio, perché il successo a volte dura veramente uno schiocco, i tre minuti di una canzone».
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