Artista, grafico e designer fra i più noti del XX secolo, alla straordinaria carriera di Bruno Munari la Fondazione Magnani Rocca di Traversetolo dedica una grande mostra (sino al 30 giugno 2024), summa di settant’anni di idee e di lavori del creativo del design italiano.
Artista, grafico e designer fra i più noti del XX secolo, alla straordinaria carriera di Bruno Munari la Fondazione Magnani Rocca di Traversetolo dedica una grande mostra (sino al 30 giugno 2024), summa di settant’anni di idee e di lavori del creativo del design italiano.Tra i più grandi geni creativi del ‘900, definito da Pierre Restany - autorevole critico d’arte francese - «il Leonardo e il Peter Pan del design italiano », Bruno Munari (1907-1998) è stato una delle figure più poliedriche e (passatemi il termine…) «divertenti» del panorama artistico del secolo scorso. Poliedrico perché ha spaziato in tutti i campi della creatività, dall’arte al design, dalla grafica alla pedagogia, dalla scultura alla scrittura; divertente perché il suo estro era giocoso e leggero (che è ben diverso dall’essere superficiale…), attento anche al mondo dei bambini, ai quali dedicò sempre una grande attenzione. Ma chi era Munari, questo artista-inventore così difficile da «etichettare »? Nato a Milano nel 1907, un’infanzia trascorsa a Badia Polesine ( dove i genitori gestivano un albergo), Munari si interessò prestissimo all’arte, tanto che, nel 1930, a soli 23 anni, era già fra gli artisti - il più giovane artista del gruppo dei secondi futuristi - che esposero alla Biennale di Venezia. Famoso per le sue stravaganti creazioni - o forse è meglio dire « invenzioni » - (tra il 1930 e il 1933, per esempio, diede vita alle Macchine Inutili, leggerissime sculture in movimento appese al soffitto con fili di acciaio elastici; mentre, nel 1949, creò i Libri Illeggibili, «libri» senza testo in cui il racconto era puramente visivo), per Munari, che amava smontare e rimontare le cose e renderle dei giochi dell’intelligenza, la fantasia era una «scienza esatta», una componente essenziale del suo essere uomo e artista. Che è come dire un elemento fondamentale della sua vita. Come fondamentale lo era la grafica (lavorò per anni come grafico in Mondadori, fu art director della rivista Tempo e creò diverse copertine per Domus), il design industriale ( ha disegnato diverse decine di oggetti d'arredamento: sue, per esempio, la Lampada dattilo, la Lampada Falkland e il posacenere Cubo) l’arte (a fine anni '40, insieme a Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Galliano Mazzon e Atanasio Soldati, fondò il movimento Arte Concreta), la ricerca sul tema del movimento, della luce e la sperimentazione visiva (risalgono agli anni cinquanta i negativi-positivi, quadri astratti con i quali l'autore lascia libero lo spettatore di scegliere la forma in primo piano da quella di sfondo), l’interesse per la pedagogia, il gioco e per il mondo dell’infanzia (nel 1977, alla Pinacoteca di Brera, creò il primo laboratorio per l’infanzia; scrisse libri per bambini e, negli anni ’80, inventò i Prelibri, volumetti che si potevano toccare, mangiucchiare e «strapazzare » come peluches…). Insomma, riassumendo, Bruno Munari è stato un personaggio dalla creatività (e dall’attività) inesauribile, artista visionario e protagonista del boom economico degli anni '60, contribuendo attivamente alla rinascita industriale italiana del dopoguerra. Ed è questa sua straordinaria poliedricità ad emergere a tutto tondo nella straordinaria monografica alla Fondazione Magnani Rocca. Che non per niente si intitola «Bruno Munari.Tutto».La MostraCurata da Marco Meneguzzo, insigne studioso munariano, l’esposizone non è suddivisa per tipologie o per cronologia, ma per attitudini e concetti, in modo da poter mostrare i collegamenti e le relazioni progettuali tra oggetti anche apparentemente molto diversi l’uno dall’altro.A testimonianza dei vari «sentieri » artistici e linguistici percorsi da Munari nel corso del tempo, a pochi passi dalle sale che ospitano opere capitali di Tiziano, Dürer, Van Dyck, Goya, Canova, Renoir, Monet, Cézanne, de Chirico, Morandi, Burri e molti altri artisti, esposti al pubblico dipinti (come Buccia di Eva, 1929, tela di chiara ispirazione futurista), oggetti di design (Forchetta parlante, 1958; il giocattolo scimmia Zizi,1952), collage (Studio di design, 1950), sculture (notissima, Alfabeto Lucini, 1984 ), xerigrafie, opere e studi vari, dimostrazione di come questo grande designer - per citare le parole del curatore - sia «una figura molto attuale nella società liquida odierna, nella quale non ci sono limiti fra territori espressivi. È un esempio di flessibilità, di capacità di adattamento dell’uomo all’ambiente. Il suo metodo consiste nello scoprire il limite delle cose che ci circondano e di volerlo ogni volta superare»
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».






