2022-08-02
Broccolo: «Con troppi booster a rischio le difese dalla malattia grave»
Nel riquadro il professor Francesco Broccolo (Ansa)
Il virologo: «Terza e quarta dose servivano a pochi veri fragili. Le mascherine oggi sono inutili: sono un ricettacolo di batteri».Il professor Broccolo, al recente convegno di Abano Terme, «Medical ethics pandemics menagement», ha dichiarato: «La terza dose e la quarta dose non servivano e non servono, se non nei veri fragili e quindi la terza dose non andava fatta neppure per tutti gli anziani, perché bastava la seconda dose a proteggere dalla malattia. Per la quarta dose chiaramente vale lo stesso discorso. Va valutata solo per i veri fragili e cioè taluni immunodepressi, i trapiantati e altre categorie, compresi taluni ultraottantenni, ma non tutti. Quindi, fino alle due dosi, per gli adulti, ci poteva stare, perché ti proteggono dalla malattia, dalla morte, ma dopo no…».Professione, partiamo da qui: possiamo approfondire? «Sì. Questo vaccino, una volta che viene iniettato, produce un aumento di anticorpi neutralizzanti che perdiamo nei primi due mesi e quindi sappiamo che non serviranno più, ma produce per fortuna una immunità di cellula, di memoria, che dura almeno per un anno, anche per le successive varianti, anche se dura di più l’immunità naturale».Raggiungiamo al telefono Francesco Broccolo ieri mattina, mentre è in viaggio in treno. Virologo, è professore universitario alla Bicocca di Milano. Quindi lei dice: questa immunità l’avevamo già dopo la seconda dose. La terza non serviva.«Esatto».Neppure agli anziani? «La terza dose poteva servire ad alcuni tipi di anziani, ma non a tutti, perché ci sono ultraottantenni che, come patologia, hanno soltanto la pressione alta e per loro bastava e basta la seconda dose. Bisognava valutare con dei test lo stato della loro immunità cellulare, per capire se un booster andava fatto e lo stesso discorso vale ora per la quarta dose, ancora di più». Fare troppi booster fa male? «A parte gli effetti collaterali, innanzitutto si rischia l’effetto cosiddetto di “tolleranza”. A un certo punto, a forza di fare booster, viene riconosciuto quell’antigene come presenza abituale nell’organismo e non si attiva più la risposta immunitaria contro la malattia grave». Cioè, il vaccino non funziona più? «Esatto». E poi? «E poi i dati del mondo reale ci dicono che gli effetti collaterali sono di numero maggiore di quelli che vengono segnalati e certificati. È uscito a tal proposito un importante lavoro su Israele pubblicato sulla rivista Scientific Reports: sono aumentati del 25% - tra le persone tra i 16 e i 39 anni - il numero di chiamate ai pronto soccorso degli ospedali israeliani per arresti cardiaci e sindromi coronariche acute nel periodo in cui si metteva in atto la campagna di vaccinazione con il vaccino a Rna messaggero: queste chiamate, per questi soggetti giovani, risultano tra gennaio e maggio del 2021 il 25% in più rispetto al confronto fatto l’anno precedente (quando i vaccini non erano disponibili ), ma anche con il 2019, cioè il periodo ante Covid». Il rischio di effetti collaterali aumenta con i booster? «Certamente gli effetti collaterali che si registrano sono maggiori. Si è visto che le pericarditi e le miocarditi si sono verificate quasi tutte dopo la seconda dose, non dopo la prima. Ma c’è un altro aspetto, legato al periodo che stiamo vivendo… Mai come ora in questo periodo dell’anno ci sono infettati e morti, ma è ovvio, ci sono molti più infettati degli altri anni. Pensate che il tasso di positività del tampone ora è schizzato al 20%. E poi non tutti fanno tamponi, molti li fanno a casa e dunque c’è tanto sommerso».Lei dice: ci sono più morti ma anche moltissimi infettati, molti di più di quanti pensiamo.«Esatto. Ma proprio per questo non bisogna fare il booster di massa adesso, perché c’è chi magari fa la quarta dose e senza saperlo ha appena fatto la malattia in maniera asintomatica e quindi quella quarta dose diventa la quinta, con tutto quello che questo comporta». Come mai tutti questi contagi? È possibile che ciò sia causato dai vaccini?«Nei soggetti giovani si è visto che i casi di reinfezione sono stati più frequenti nei vaccinati con più dosi che non nei non vaccinati. Questo sta emergendo dalle evidenze scientifiche: più fai booster più ti infetti, ma la questione è complessa e sono necessari ulteriori dati». Perché alcuni vaccinati muoiono di Covid?«Dipende dall’assetto genetico del soggetto: contro la malattia grave, in alcuni soggetti, i vaccini non sono efficaci». Professore, lei è nettamente contro la vaccinazione anti Covid per i bambini. «Per i bambini dico no. Questo l’ho sempre detto. I bambini non traggono alcun beneficio da questa vaccinazione, perché i bambini non sviluppano la malattia grave e ci sono cure efficaci anche per i bambini fragili, come la cura con un farmaco che si chiama Anakinra, che va dato per i soggetti che rischiano lo sviluppo della malattia grave e funziona benissimo, anche per gli adulti. Tutti gli adulti che rischiano di sviluppare la malattia grave dovrebbero assumere questo farmaco. È un antinfiammatorio. E non si spiega perché, nonostante la sua straordinaria efficacia, non si promuove la diffusione dell’Anakinra. Io sospetto sia perché è un farmaco molto costoso, al governo costerebbe troppo. Anche gli antivirali non si utilizzano come si dovrebbe. Vanno dati non a seconda dei sintomi, bensì a seconda del fattore di rischio malattia grave del singolo soggetto».Per i bambini, dunque, no vaccino. E gli adolescenti? È meglio vaccinarli?«Anche per gli adolescenti non vedo alcun beneficio reale da una vaccinazione anti Covid». I giovani adulti?«Per i giovani adulti come per gli adulti: vanno bene le due dosi perché anche un adulto apparentemente sano può avere una mutazione genetica che non conosce».Tuttavia, ci sono cure domiciliari precoci che sono state fatte da molti medici già dalla prima ondata, attraverso un uso combinato di farmaci comuni, che hanno funzionato assai bene anche contro la malattia grave in soggetti a rischio non vaccinati.«Sono necessari dati ed è necessario per me visionare questi dati per poter esprimere su questo un parere. Sicuramente è stato totalmente sbagliato consigliare la Tachipirina e la vigile attesa. Bene invece l’aspirina in fase precoce per tutti i maggiori di 16 anni, a meno che non siano allergici all’aspirina». Parliamo di mascherine.«Servivano prima, non adesso, con il virus che circola tantissimo. Non ha senso indossarla sui mezzi pubblici e poi toglierla al ristorante o per strada ed è impensabile portare la mascherina tutto il giorno d’estate con questo caldo. Oltretutto diventa ricettacolo di batteri». Quindi, come ci difendiamo?«Dobbiamo smetterla di continuare a ragionare nella lotta contro questo virus unicamente in termini di azioni per arginare il contagio. I vaccini non fermano i contagi, anche se hanno funzionato - le prime due dosi - contro la malattia grave e le mascherine adesso non hanno più senso. Ora dobbiamo agire, innanzitutto, potenziando le possibilità di cura che abbiamo».
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)