2023-03-18
Quando il brigatista rosso Curcio faceva politica nell’estrema destra
La sua militanza nei ranghi del movimento «Giovane nazione» è sempre stata ritenuta una leggenda metropolitana, mai confermata dall’interessato. Adesso, però, spuntano documenti inoppugnabili.Il Novecento è stato un secolo di grandi scontri ideologici, ma anche di contaminazioni insospettate. Sono note le parabole di Nicola Bombacci o di Jacques Doriot, quadri comunisti finiti a morire sotto le insegne dei fascismi. Esistono anche storie simili, ma con percorsi al contrario. È il caso di Renato Curcio, fondatore delle Brigate rosse, che tuttavia avrebbe un passato nella destra radicale. Si tratta di una notizia che circola da tempo, ma su cui non si sono mai davvero accesi i riflettori. C’è anche chi la liquida come una leggenda metropolitana. A fornire delle conferme a questa originale vicenda politico-biografica ci ha pensato qualche sera fa il professor Claudio Mutti, editore con un passato nel movimento Jeune Europe, fondato dal belga Jean Thiriart. Nel corso di un podcast dedicato proprio all’ideologo brussellese sul canale Progetto Razzia di Youtube, Mutti ha tirato fuori diversi documenti che confermerebbero la notizia.Interrogato sulla questione Curcio, Mutti ha fatto vedere in diretta due bollettini ciclostilati del direttivo nazionale del movimento Giovane nazione. Il primo è il numero 4, anno secondo, del febbraio del 1963. Vi si legge che «il camerata Curcio Renato» è stato nominato «reggente» del nucleo di Albenga. Poco sotto si rende noto: «Il gruppo di Albenga, sotto la guida del camerata Curcio Renato, continua la campagna di proselitismo. È stato iniziato un corso di preparazione politica per i quadri». Nel numero successivo, del marzo 1963, sempre mostrato da Mutti, Curcio è citato a pagina 2, in cui si dice che ha tenuto «una pubblica conferenza nella sala della biblioteca comunale sul tema “Europa, Germania, Spiegel“ mettendo in luce i retroscena antieuropei che hanno fatto esplodere l’affare Spiegel». Il riferimento è allo Spiegel-Affäre scoppiato nel 1962 e che vide l’arresto di alcuni giornalisti del noto settimanale con l’accusa di alto tradimento a causa della pubblicazione di informazioni riservate sulla polizia tedesca. Di tutto questo parlava un tale Renato Curcio di Albenga, militante di Giovane nazione. Di che movimento parliamo? Ha spiegato sempre Mutti, nella diretta: «Era un gruppo che quell’anno contava un centinaio di militanti in tutta Europa. Posso dirlo perché io avevo la tessera numero 88. Poi nel 1963 confluì in Giovane Europa, andandone a costituire con altri gruppi minori la sezione italiana». I bollettini di Giovane nazione - qualcuno di questi è facilmente reperibile anche in rete - non sono però l’unica testimonianza che ci è rimasta. Nel libro Movimenti neofascisti nelle carte della questura di Savona (1945 - 1983), di Antonio Martino, uscito nel 2012 per Lulù press, troviamo infatti un rapporto del prefetto di Savona al ministero degli Interni datato 19 aprile 1963, in cui si dà conto di una conferenza di Giovane nazione. Leggiamo: «Sabato 6 aprile, presso la biblioteca civica di Albenga, ha avuto luogo, a cura del Gruppo studi albenganesi, una pubblica conferenza la cui organizzazione è stata affidata allo studente Curcio Renato dell’Istituto Tecnico Ferrini di Albenga». Dopo una sommaria ricostruzione del contenuto dell’incontro, volto a promuovere l’idea di Europa unita e sovrana, il prefetto aggiunge: «Dagli accurati accertamenti che sono stati svolti non è emerso che sinora esista in questa provincia una sede ufficiale della Giovane nazione; e però si è accertato che detto movimento ha il recapito presso Della Pietra Giuseppe e Curcio Renato». Del passato di Curcio aveva del resto già parlato un testo quasi «mitologico» sulla storia del movimento di Thiriart. Si intitola Da Jeune Europe alle Brigate rosse, è un libello pubblicato anonimo in francese, in italiano e in spagnolo, ma il cui autore dovrebbe essere il belga Luc Michel, già fondatore di un minuscolo Parti communautaire national-européen (altre fonti lo attribuiscono tuttavia al pensatore nazionalrivoluzionario spagnolo José Cuadrado Costa). Pubblicato anni fa dalle edizioni Barbarossa, il testo è stato recentemente ripubblicato nel volume collettaneo Europa Nazione. Jean Thiriart il cavaliere eurasiatico e la Giovane Europa (Aga). Qui, oltre a riportare le testimonianze documentali cui abbiamo accennato, si faceva anche un passo ulteriore: si spiegava, cioè, il passato di Curcio non come bizzarria biografica o «errore di gioventù», ma come una forma insospettata di coerenza ideologica. Leggiamo: «È in Giovane Europa che [Curcio] imparerà le virtù dell’organizzazione e della centralizzazione leninista. È lì che studierà le teorie della guerra partigiana e il concetto di “brigate” politico-militari». Thiriart aveva in effetti una visione dell’azione politica molto precisa: egli auspicava la formazione di un partito rivoluzionario paneuropeo dalla struttura leninista. A cui si doveva affiancare un’organizzazione militare strutturata in brigate, con il compito di combattere le strutture statunitensi impiantatesi in Europa dopo il 1945.A questo punto, però, qualcuno potrà chiedersi: e se fosse solo un caso di omonimia? Cosa dice il diretto interessato? Nel suo libro intervista autobiografico con Mario Scialoja, A viso aperto (Mondadori, 1993), Curcio non fa menzione di questa esperienza. Ma alcune coincidenze sono troppo perfette per essere tali. Curcio racconta per esempio di aver scelto la sua scuola a caso, «aprendo l’elenco telefonico. Capitò un istituto per periti chimici di Albenga». Era proprio il Ferrini, citato dal prefetto e oggi ribattezzato Giancardi Galilei Aicardi. Dopo le superiori, nel 1961, Curcio si trasferì a Milano, andando a lavorare alla Pirelli. Seguirà un periodo un po’ bohémien a Genova. Poi, nell’autunno 1963, l’iscrizione alla facoltà di Sociologia, a Trento. Da lì inizia un’altra storia. Che sia esistito un altro Renato Curcio iscritto all’Itis di Albenga, più o meno della stessa età, e interessato alla politica radicale? Se è una coincidenza, è davvero clamorosa. Nota a margine: relativamente al periodo precedente a quello trentino, Curcio scrive: «Leggevo di tutto, da Koestler a Kerouac, da Baudelaire al Diario minimo di Eco». Letture ben poco marxiste e tutto sommato (Eco a parte) compatibili con il ribellismo dei movimenti nazionalrivoluzionari degli anni Sessanta. Ma, per carità, forse era un omonimo...