2024-04-26
Calci, pugni e insulti alla Brigata ebraica. E pure Sala e Schlein si beccano i fischi
La Brigata ebraica al corteo del 25 aprile 2024 a Milano (Ansa)
Centri sociali e migranti scatenati contro le bandiere israeliane. L’Anpi perde il controllo delle piazze. Contestato anche l’inno.Brigate Divano contro Brigata ebraica. Quest’anno nella narrazione del 25 aprile l’antifascismo arriva solo terzo. Viene ampiamente battuto dall’antisemitismo e dallo strisciare insinuante di un «antipiddismo» viscerale, novità sorprendente a sinistra nel giorno della Liberazione, che anche Elly Schlein percepisce vedendo arrivare gli insulti in piazza Duomo a Milano. Il piede in due scarpe non funziona, l’ambiguità del Nazareno su Gaza non offre dividendi. «Ve la diamo noi l’economia di guerra/ Schlein, Meloni a zappare la terra». «Siete tutti assassini». Uno schiaffo in faccia alla compìta delegazione dem. A scandire lo slogan sono italianissimi gruppettari in keffiah e i Carc, vecchi arnesi della rivoluzione permanente, all’indirizzo della segretaria in corteo con Giorgio Gori, Alessandro Zan, Emanuele Fiano e Pierfrancesco Majorino. Quest’ultimo, essendo anche il referente politico dei centri sociali milanesi, è meraviglioso nell’interpretare il ruolo double face con un sorriso prestampato. Al grido di «Non sottostiamo a Pd e sionisti, portiamo la Palestina in piazza Duomo», pure i militanti filo-arabi cercano un ruolo da protagonisti e lo ottengono con un blitz: sono i primi ad arrivare davanti al palco, occupano la zona in barba agli organizzatori pasticcioni dell’Anpi. E non se ne andranno più, decidendo di volta in volta chi lasciar parlare (per esempio Antonio Scurati) e chi travolgere di fischi (Beppe Sala).I surreali protagonisti della giornata Bella ciao sono i pro Palestina e i centri sociali, potenzialmente i più violenti non solo a parole, quelli che mai vorrebbero condividere una piazza con la Brigata ebraica. Infatti tentano a più riprese di isolarla, di estrometterla. Prima con provocazioni verbali («Fuori i sionisti dal corteo», «Fascisti», «Siete come Hitler»), poi tentando di sfondare le transenne almeno un paio di volte per venire alle mani con i rappresentanti della comunità ebraica; la polizia in assetto antisommossa è costretta a effettuare una breve carica di alleggerimento. Infine riescono nell’intento. I più fanatici aggrediscono gli indesiderati a calci e pugni, la Digos porta in questura due arabi in un clima tesissimo e imputa la violenza a «un gruppo di nordafricani esagitati». Una persona viene lievemente ferita. Alcuni attivisti pro Palestina assaltano con i bastoni cameramen e fotografi, strappano i telefonini a chi osa riprendere lo scontro. E dal corteo dei post partigiani si sente la frase: «Questo è squadrismo, inizia a essere pesante». Il consigliere comunale Daniele Nahuel, passato dal Pd ad Azione e candidato alle Europee, commenta: «In una giornata di festeggiamenti c’è ancora chi ha come unico interesse dividere. A questi fascisti, perché tali sono, bisognerebbe ricordare che la Brigata ebraica combattè con gli Alleati e contribuì a liberare il nostro Paese dai nazifascisti». È un 25 Aprile fallimentare nonostante le giustificazioni del presidente milanese dell’Anpi, Primo Minelli: «Trecento persone che protestano non sporcano una manifestazione con 100.000 persone», ma piazza Duomo non ne contiene più di 25.000. Nessuna pace, nessuna pacificazione nasce su sentimenti posticci come l’ipocrisia. Perfino l’inno di Mameli viene subissato di buuu. E i valori della Resistenza rimangono sottotraccia, soffocati dalla prepotenza muscolare di chi ha preso la festa della Liberazione, l’ha agitata in uno shaker e l’ha servita come una brodaglia terzomondista che, volendo sapere di tutto, alla fine non sa di niente.Anche a Roma accade qualcosa di simile. Lo scontro è tra associazioni pro Palestina e centri sociali filo Hamas da una parte, Brigata ebraica dall’altra. A Porta San Paolo sono in 3.000. Stesse provocazioni, stessi insulti. Lo spirito della Liberazione evapora nel nulla davanti al sindaco, Roberto Gualtieri, e a Roberto Salis, padre di Ilaria, che legge una lettera di sua figlia in carcere a Budapest. «Dalla mia cella desidero che il mio Paese si mostri all'altezza della sua storia». In realtà desidera la sua, di liberazione, punto. Qui accade qualcosa di inedito: alcuni rappresentanti della Brigata, esasperati dai facinorosi, lanciano sassi e (pare) un barattolo di piselli ai cronisti.Il 25 aprile nel resto d’Italia è meno stressato. Discorsi di prammatica, album di famiglia, commemorazioni di sindaci. A proposito di borgomastri è ancora Milano a fare notizia; quando Vanity Sala sale sul palco in piazza Duomo viene subissato di fischi e fumogeni da parte dei Giovani palestinesi e degli antagonisti di professione. «Vergogna», «Sala sionista, sei il primo terrorista» e gentilezze simili mentre il gotha del Pd ammutolisce. È perfino difficile sentire le sue parole, ma lui non demorde: «Non credo ci sia il pericolo di un ritorno del fascismo, piuttosto di un attacco ad alcuni diritti contenuti nella nostra Costituzione. Per esempio il premierato rappresenta un pericolo». Il premierato, sotto il palco, non interessa a nessuno. Gli ultrà di Free Palestine premono sulle transenne, vorrebbero sbranarlo ma i City Angels tengono la posizione. Allora lui azzarda: «Non è importante dichiararsi antifascisti, ma esserlo tutti i giorni». È la conferma plastica della giornata dell’ipocrisia. «Esserlo tutti i giorni». Per esempio non discriminando chi entra a Milano per lavorare in Area B e C, non vietando pure i gelati dopo mezzanotte, non costringendo chi fuma una sigaretta a misurare dieci metri dal primo essere umano, non censurando la statua di una mamma che allatta, non applaudendo chi impose un pass per andare a lavorare. O partigiano, serve altro?
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