2020-11-04
Gli sport con le carte messi in difficoltà dal Covid
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La pandemia ha imposto la chiusura dei circoli di bridge per gran parte dell'anno, provocando perdite al settore per oltre 3 milioni di euro. Nel frattempo le app e i siti per giocare online hanno registrato un boom di partite sul web.Francesco Ferlazzo Natoli, presidente della Federazione italiana gioco bridge: «Abbiamo avuto un danno importante. La speranza è che il Coni venga finanziato con delle risorse adeguate che possa darci il sostegno di cui abbiamo bisogno».Si chiama Karuta il gioco di carte didattico giapponese bastato sulla memoria e sulla velocità dei movimenti che grazie ha conquistato anche l'Italia.Lo speciale contiene tre articoli.Il bridge in Italia conta quasi 24.000 iscritti alla Federazione, di cui oltre 4.000 a livello agonistico. Già, perché, se per molti il popolare gioco con le carte risulta solo un semplice passatempo, dal 1993 è considerato e riconosciuto a tutti gli effetti dal Coni come una disciplina sportiva.Nel nostro Paese si gioca nelle associazioni e nei circoli gestiti dalla Federazione italiana gioco bridge. Come accaduto anche per tanti altri sport, dal mese di marzo l'organo presieduto da Francesco Ferlazzo Natoli, ha dovuto fare i conti con l'epidemia da coronavirus che ha sconvolto tutto il mondo.Uno sport che viene praticato con le carte e che richiede, quindi, non solo la presenza fisica ma anche il contatto attraverso lo scambio delle carte, ha dovuto in un primo momento confrontarsi con l'inevitabile chiusura di circoli e associazioni. Evento che ha causato importanti perdite per tutto il sistema - si stimano circa 3 milioni di euro di danni economici a livello generale - e poi nel momento della riapertura mettere in atto una profonda riorganizzazione con protocolli da far rispettare e un confronto continuo con le istituzioni governative per farsi riconoscere come attività sportiva e non soltanto come semplice gioco di carte.I circoli dove si gioca a bridge sono, infatti, a tutti gli effetti associazioni e società sportive, e prima di poter riaprire in totale sicurezza hanno dovuto attendere un via libera da parte delle Regioni, le cui normative proibivano l'utilizzo delle carte nell'ambito di attività ricreative. Lo stesso presidente Francesco Ferlazzo Natoli aveva anche inviato una lettera alle Regioni e al Coni in cui dichiarava che «per il bridge sportivo non sussistono pericoli di esposizione e contagio superiori a quelli che si riscontrano nella pratica di altri sport o di altre attività della vita quotidiana, dalla frequentazione di bar ai ristoranti, ai supermercati, ai mezzi di trasporto pubblico». Tutto nasce dalla poca conoscenza del bridge come sport. È stato necessario un grande lavoro da parte della federazione sia a livello comunicativo sia a livello istituzionale, per far capire alle Regioni e al governo che cos'è il bridge e come viene praticato e proporre un protocollo sanitario, studiato insieme al Politecnico di Torino, molto dettagliato affinché si potesse riaprire in totale sicurezza.Il protocollo da seguire per la riapertura dei circoli di bridge prevedeva, nel dettaglio, la misurazione della temperatura per i giocatori, la sanificazione delle carte e in secondo luogo l'osservazione di un periodo di quarantena di almeno 3 giorni prima che le stesse carte potessero di nuovo essere riutilizzate. I giocatori potevano toccare soltanto le carte che gli spettavano nella mano senza la possibilità di poterle mischiare. E poi, ovviamente, mantenere il distanziamento fisico di almeno un metro, garantire l'igiene delle mani, l'uso della mascherina o della visiera protettiva. Inoltre ai giocatori non era consentito consumare cibo e potevano bere soltanto dai bicchieri monouso o dalle proprie bottiglie.D'altro canto, però, la chiusura forzata dei circoli ha favorito l'impennata di partite online con un vero e proprio boom su applicazioni per smartphone e piattaforme sul web. Un fenomeno che ha avvicinato ancora di più giocatori più giovani rispetto alla fascia di età media generica di chi pratica bridge, che va dai 50 anni in su.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/bridge-sport-2648604309.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="per-il-2020-stimiamo-una-perdita-di-circa-3-milioni-di-euro-e-il-2021-e-pieno-di-incognite" data-post-id="2648604309" data-published-at="1604420041" data-use-pagination="False"> «Per il 2020 stimiamo una perdita di circa 3 milioni di euro. E il 2021 è pieno di incognite» Avv. Francesco Ferlazzo Natoli, presidente di Figb Oltre 200.000 persone nel mondo giocano a bridge. In Italia ci sono circa 23.000 tesserati che si dedicano al bridge di competizione che si svolge su due piani principali: da una parte il gioco a carattere nazionale dove vengono organizzati dalla Federazione italiana gioco bridge i campionati italiani, gli open, i femminili, gli juniores, i seniores, i misti e altre varie specialità; dall'altra, chi pratica questa disciplina a livello amatoriale nei circoli e nelle associazioni sportive. Abbiamo parlato con l'avvocato Francesco Ferlazzo Natoli, presidente della Figb (Federazione italiana gioco bridge), di come l'intero movimento italiano ha affrontato l'emergenza Covid-19, delle difficoltà che ha avuto e come sta cercando diIl bridge è uno sport a tutti gli effetti, eppure ancora per molti è "solo" un gioco di carte. Come mai?«Per quanto il bridge sia un gioco praticato da 150 anni a livello agonistico molta gente pensa che sia un gioco di carte, mentre invece è un gioco con le carte. il bridge in partenza era un gioco di società dove l'incidenza del caso e della fortuna era notevole, mentre il bridge sportivo, che è quello che si pratica oggi, è molto diverso, l'incidenza della fortuna è pari quasi allo zero e ogni giocatore gioca a parità di condizioni. È una competizione sportiva a tutti gli effetti».Qualcuno lo definisce «sport della mente», le piace come definizione?«È una definizione che condivido e mi piace. È vero che è uno sport della mente, però richiede anche una certa preparazione fisica perché i campionati e i tornei internazionali durano dai 12 ai 15 giorni in cui i giocatori sono impegnati 7-8 ore al giorno in uno stato di concentrazione e di tensione enorme e quindi, è vero che non si corre, ma la fatica è tanta. Normalmente alla fine di queste competizioni i giocatori perdono tra i 4 e i 5 chili».Un altro luogo comune nel mondo del bridge è che sia un gioco per anziani. È effettivamente così?Il bridge è un gioco che si può praticare a tutte le età, dagli 8 ai 90 anni e oltre. Abbiamo giocatori di 99 e 101 anni che riescono a giocare a bridge in maniera soddisfacente. Obiettivamente la maggior parte dei nostri tesserati sono di una certa età, mediamente dai 50-60 anni in su. Ma c'è una spiegazione».Quale?«Il bridge richiede un certo impegno di tempo tra studio e applicazione, quindi noi riusciamo a intercettare i ragazzi fino a quando frequentano le scuole superiori, poi, però, con l'università, il lavoro e la famiglia, è difficile potersi dedicare alla pratica del bridge sportivo. Diciamo che noi seminiamo talenti in gioventù e stiamo ottenendo degli ottimi risultati fino ai 18-20 anni, poi nella fascia tra i 20 e i 50 anni c'è una naturale diminuzione di giocatori, per poi risalire dai 50-60 in su, quando si ha più tempo libero».Siete molto attivi nelle scuole, quali sono le iniziative a riguardo e come il bridge può aiutare gli studenti nello studio?«Da diversi decenni la Federazione ha avviato dei progetti nelle scuole che però non sono mai decollati. Quattro anni fa c'è stata una piccola rivoluzione in ambito federale dal punto di vista amministrativo e abbiamo incrementato l'azione nelle scuole con corsi in circa 150 scuole con 1500 ragazzini che si appassionano in una maniera incredibile al gioco del bridge. Abbiamo cercato di coinvolgere i ragazzi delle scuole non solo nella fase dell'insegnamento, ma anche nelle competizioni e nei raduni regionali e nazionali».Quali capacità può sviluppare il bridge in un giovane ragazzo che si avvicina a questo sport?«Ci sono molto studi anglosassoni e americani sugli effetti benefici del bridge nell'età evolutiva e scolare dei ragazzini. Contribuisce in maniera importante allo sviluppo delle capacità cognitive e il loro rendimento scolastico è mediamente superiore a quello degli altri. E poi va benissimo per lo sviluppo della personalità perché si impara a rispettare le regole e fare i conti con il prossimo».E per i più anziani invece?«È molto importante per le persone anziane dal punto di vista mentale perché è un esercizio per la mente eccezionale. Il bridge è il massimo per mantenere il cervello in esercizio. Ci sono studi che dimostrano che il bridge contrasta fortemente il decadimento cerebrale delle persone anziane».Nel 2015 la World Bridge Federation ha chiesto al Cio di ammettere il bridge alle Olimpiadi di Tokyo. La richiesta è stata bocciata, ma in futuro ci si può riprovare?«Per Tokyo era stato fatto un tentativo ma c'è ancora una resistenza in merito perché è un gioco che è conosciuto molto poco tra le dirigenze che devono decidere. Ora, però, direi che una breccia e una speranza un po' più consistente ce l'abbiamo per il 2024 perché dovrebbero entrare a far parte dei Giochi gli eGames e quindi mi chiedo, se entrano i giochi elettronici, perché non può entrare anche il bridge visto che è una competizione, pacifica e fine a se stessa e come tutti gli altri sport richiede tecnica e capacità psicofisiche?».A livello internazionale com'è messa l'Italia?«Diciamo che dagli anni Cinquanta del Novecento siamo tra i Paesi con maggiore tradizione in questo sport e nelle competizioni internazionali giochiamo quasi sempre per i primi posti. Negli ultimi anni sta emergendo come potenza mondiale la Cina. E sa perché?»Perché?«Perché, tornando all'importanza dell'insegnamento del bridge nelle scuole, in Cina hanno cominciato a proporre corsi curriculari di bridge a partire dalle scuole elementari. E così si sta sviluppando in maniera incredibile e cominciano a insediare il dominio che a inizio Novecento fu degli americani e che da settanta anni a questa parte è nostro. Poi ci sono anche Inghilterra e Francia che hanno tradizioni molto importanti, e negli ultimi anni anche la Polonia e l'Olanda. Dovremo fare i conti con la Cina anche in questo campo, ma ci stiamo attrezzando e siamo ancora ai vertici».E a proposito di Cina, l'anno scorso avete partecipato agli ultimi campionati del mondo proprio a Wuhan, vero?«Esattamente, a settembre del 2019. Abbiamo fatto giusto in tempo a partecipare prima che scoppiasse l'epidemia di coronavirus».Anche voi avete avuto molti problemi causati dal Covid?«Abbiamo dovuto chiudere a marzo i circoli, e potuto riprendere l'attività gradualmente dal 18 giugno. Al momento siamo a meno della metà delle nostre potenzialità e le nostre associazioni hanno riavviato le attività in maniera ridotta per rispettare le misure di distanziamento. Quindi abbiamo avuto un danno importante».Può quantificarlo?«Abbiamo avuto una contrazione dei tesseramenti e di qualche società che ha dovuto chiudere. Diciamo che per il 2020 abbiamo stimato una perdita generale di 3 milioni di euro per quanto riguarda i circoli e le associazioni, con il relativo personale e gli affitti da pagare. La speranza è che il Coni venga finanziato con delle risorse adeguate, perché il 2021 è carico di incognite, e potremo valutare ulteriori danni solo a gennaio, quando si riapriranno le iscrizioni e i tesseramenti».Dal governo avete ricevuto aiuti?«Di aiuti dal punto di vista governativo ne abbiamo avuti poco e niente, alcuni dei lavoratori del settore sono riusciti ad avere qualche piccolo aiuto di 600/800 euro per alcuni mesi, però neanche il Coni ha avuto finora sostegno economico governativo tale che possa aiutare gli sport. Attendiamo gli aiuti dall'Europa, pare che un miliardo sia destinato agli sport. Abbiamo dovuto superare anche i problemi della poca conoscenza di questo sport da parte del governo e delle regioni perché subito si è detto che i giochi di carte erano proibiti, poi con un po' di pazienza siamo riusciti a far capire cos'è il bridge e come viene praticato, abbiamo creato un protocollo di prevenzione molto restrittivo e applicato in maniera seria e sicura».Però almeno c'è stato un significativo aumento delle partite online, vero?«Proprio così. Nel momento del lockdown di marzo si è sviluppata in maniera notevole la pratica del bridge online perché ci sono molte piattaforme dove si può giocare anche in maniera soddisfacente, ma solo a livello ludico, non competitivo. Nel momento in cui l'attività è potuta ripartire, però, il fenomeno si è subito sgonfiato notevolmente perché uno dei piaceri di chi gioca a bridge è quello di ritrovarsi insieme».Un auspicio per il futuro?«Speriamo di poter svolgere gli appuntamenti che abbiamo in programma nel 2021 e che si possa tornare presto a una normalità. E di avvicinare più persone al bridge perché è un gioco e uno sport che bisogna conoscere. E chi ci si avvicina si appassiona e non lo lascia per tutta la vita». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/bridge-sport-2648604309.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="memoria-e-riflessi-il-karuta-giapponese-conquista-anche-l-italia" data-post-id="2648604309" data-published-at="1604420041" data-use-pagination="False"> Memoria e riflessi: il karuta giapponese conquista anche l'Italia Hyakunin Isshu Si chiama karuta il gioco di carte didattico giapponese bastato sulla memoria e sulla velocità dei movimenti che, negli ultimi anni, grazie al manga e anime Chihayafuru ha conquistato anche l'Italia.Questo gioco, praticato anche a livello agonistico e parte delle attività didattiche collaterali nelle scuole del Sol Levante, ha origini antichissime. La prima comparsa risale all'inizio delXIX secolo prima dell'epoca di Restaurazione Meijin come un gioco di carte cantato in cui le regole variavano a seconda della regione in cui ci trovava. Solo nel XX secolo le regole vennero unificate grazie alla formazione della prima Associazione di karuta a Tokyo. Il primo torneo è datato 1904 e veniva svolto nei templi e tutti i partecipanti indossavano preziosi kimono per celebrare la competizione. In cosa consiste il gioco? Per noi italiani si può far riferimento al nostro memory, in cui per vincere la partita bisogna riconoscere e rubare già carte possibili all'avversario. Il gioco utilizza le poesie dell'antologia dei Cento Poeti (l'Hyakunin Isshu - letteralmente Cento uomini, una poesia, ndr.) che risale al periodo Heian (794-1185 d.C). Nel kyogi karuta, la variazione competitiva del gioco, si sfidano due giocatori, inginocchiati l'uno di fronte all'altro su un tatami (la tradizionale pavimentazione giapponese, ndr.). A gestire la partita c'è un cerimoniere a cui è affidato un mazzo da cento carte, lo yomifuda, ovvero le carte con le poesie intere da leggere. Il secondo mazzo, il torifuda, sempre composto da cento carte, viene invece diviso tra i due giocatori che dispongono sul tatami davanti a loro 50 tessere a testa. L'abilità consiste nel riconoscere il più rapidamente possibile la carta con scritta la seconda parte della poesia che il cerimoniere sta leggendo e rubarla all'avversario. Oltre ai riflessi, alla memoria e alla concentrazione, il karuta si basa sui respiri e sui suoni. L'abilità principale richiesta ai giocatori professionisti è quella di cogliere le sfumature della voce e riconoscere il suono del primo kanji ancor prima che questo venga cantato. Come? Concentrandosi sulla variazione del respiro del cerimoniere.Considerato un vero e proprio sport, si suddivide il classi. La più bassa è indicata dalla lettera E e possono parteciparvi solo i principianti. La classe D è il livello intermedi, mentre la classe A e B sono i livelli più alti e riservati ai professionisti. Per salire di classe non basta l'età o anni di allenamento ma la promozione è determinata solo dal numero di vittorie sulle classi inferiori. Per dimostrare l'importanza di questo sport a livello nazionale, ogni anno a Otsu, nella prefettura di Shiga, all'interno del santuario Omi Jingu viene organizzato il campionato nazionale di karuta che incorona il Meijin (il maestro - uomo) e la Queen (la regina - donna) del karuta a livello nazionale. Chi vince sette volte il torneo viene insignito del titolo di Maestro Eterno di karuta. In Italia, il punto di riferimento degli appassionati di karuta è AKI - Karuta Italia che raccoglie una serie di centri dal Nord al Sud in cui praticare questo sport.