2024-04-13
«In Brasile un’industria della censura. Ma Musk ha i mezzi per combattere»
Lula da Silva, Ansa. (Ana Paula Henkel in foto piccola)
La giornalista di «Oeste Sem Filtro» Ana Paula Henkel: «I giudici sono al servizio di Lula, è illegale pure dire che il presidente ha legami con i dittatori. Ora se la prendono anche con il patron di X perché i suoi social sono troppo liberi».«Ci è stato chiesto di fare qualcosa di illegale: sospendere gli account di deputati e giornalisti. E a chiedercelo è stato un giudice». Elon Musk ha affidato a X il suo sfogo sul caso di censura di Stato esploso in Brasile dopo che il miliardario si è rifiutato di obbedire all’ordine del giudice della Corte suprema Alexandre de Moraes che gli imponeva di rimuovere account sgraditi. Ora Musk è finito sotto indagine e il social rischia la chiusura su tutto il territorio nazionale.Questo episodio di prepotenza da parte delle stesse autorità non è purtroppo una novità: l’attacco alla libertà di espressione quale strumento di lotta politica era partito ai tempi - e ai danni - dell’ex presidente Jair Bolsonaro, il quale durante il suo mandato fu oggetto di una campagna di sistematico silenziamento e di diffamazione orchestrata sempre da de Moraes, potente protegé dell’attuale presidente, il democratico Lula da Silva. Accusato di fare disinformazione e di mettere a repentaglio le istituzioni e la democrazia, Bolsonaro subì da parte dei media e del sistema una character assassination molto simile a quella patita da Donald Trump negli Stati Uniti, a tutto beneficio del suo concorrente da Silva. A ripercorrere con La Verità una escalation di abusi e corruzione degna di una dittatura è Ana Paula Henkel, giornalista d’inchiesta per Oeste Sem Filtro, il sito d’informazione più popolare del Brasile, che ogni giorno racconta «l’altra storia» sulla deriva in atto. Ne emerge un quadro inquietante di abusi istituzionali che dovrebbe servire da monito ai Paesi dell’Occidente democraticoCome si è arrivati a questa situazione?«Da anni ormai in Brasile imperversa un’industria della censura: è cominciato tutto nel 2018, quando l’establishment si mosse contro con l’allora neoeletto Bolsonaro perché denunciava un sistema marcio fondato su una commistione tra potere giuridico ed esecutivo che lavorava contro gli interessi del Paese e a spese dei contribuenti. Per quattro anni i giudici della Corte Suprema gli hanno letteralmente dato la caccia rendendogli impossibile portare avanti il suo piano di riforme socio-economiche: le hanno provate tutte, usando anche mezzi incostituzionali, per ridurre il suo potere. Lo hanno accusato di essere il leader del golpe e di incarnare il nuovo fascismo mentre Bolsonaro ha sempre rispettato la Costituzione. In occasione delle elezioni del 2022 poi è successo qualcosa di ancora più grave: il Tribunale superiore elettorale (Tse), presieduto proprio da de Moraes, ha applicato leggi inesistenti pur di censurare, fosse sui social o per strada, la voce dei supporters di Bolsonaro, che si ricandidava contro Lula. A noi giornalisti, ad esempio, un ordine esplicito del Tse vietava di dire che Lula era amico di dittatori, un fatto che è stranoto e documentato da numerose foto che lo vedono al fianco di Castro, Maduro, Ortega. Ma dovevamo tacere».Con quale motivazione viene imposto il silenzio, perfino dagli organi di giustizia?«Ieri come oggi si richiamano alla lotta all’hate speech, in nome della quale ogni discorso del presidente Bolsonaro veniva continuamente tagliato dai mezzi di informazione. Qualsiasi cosa dicesse veniva estrapolata dal contesto e bollata come discorso d’odio. Finché, con un salto di qualità in senso negativo, presero a definirlo un “pericolo per le istituzioni e la democrazia”. Esattamente la stessa cosa che è accaduta a Trump: sembrava applicassero il medesimo copione. Poi il pericolo diventammo noi pochi giornalisti che ponevamo domande scomode su Lula, sui suoi amici dittatori e sulle sue relazioni con il Partito comunista cinese. Ma ci sono state altre interferenze nel processo democratico».Quali?«Consideri che in Brasile esiste solo il voto elettronico e non è possibile fare nessuna verifica a posteriori, nemmeno se si dovesse rendere necessaria una riconta. Prima delle ultime elezioni per venire incontro alla richiesta di trasparenza in un momento tanto cruciale della vita democratica, il Congresso voleva introdurre un sistema di controllo, con schede cartacee collegate alle macchine elettroniche, ma il giorno dell’approvazione un giudice della Corte Suprema si è presentato in aula, ufficialmente per “parlare con i legislatori”. Guarda caso dopo alcune ore il provvedimento veniva ritirato e non è più riapparso. Le elezioni 2022 si sono svolte solo per via telematica con conteggio dei voti avvenuto a porte chiuse in presenza di poche persone. Ciò, in aperta violazione della nostra Costituzione, che impone che ogni elezione e atto amministrativo avvenga sotto controllo pubblico. Quanti lo hanno fatto notare sono stati tacciati di minacciare la democrazia e fare disinformazione sul voto elettronico; ogni richiesta di riconteggio finiva nella categoria degli attacchi alle istituzioni e molti tra parlamentari e giornalisti che si mostravano perplessi sono stati banditi dai socialmedia. Il tutto con l’approvazione di de Moraes che in quanto presidente del Tse orchestrava questo processo censorio e punitivo con tanto di multe, ritiro dei passaporti, congelamento dei conti. Diversi colleghi sono tuttora senza passaporto, senza account social e non possono lasciare il Paese».Sono le elezioni dalle quali è emerso vincitore Lula.«Anche grazie a una campagna mediatica che dipingeva Bolsonaro come un mostro da abbattere ma che in realtà nasceva dal risentimento nei suoi confronti per il taglio dei fondi all’editoria operato dall’ex presidente e dalla speranza che Lula avrebbe riaperto i cordoni della borsa. Cosa che è puntualmente accaduta. Oggi tra le spese del governo la voce “stampa” figura tra le prime. I giornalisti si sono fatti mettere una benda sugli occhi».Come finirà lo scontro tra la magistratura brasiliana e Musk?«Non lo so. Musk è molto coraggioso e ha i mezzi per non temere l’establishment ma quello che ha denunciato noi lo viviamo da cinque anni: un regime che sulla base dei capricci di un giudice arriva ad incarcerare le persone senza processo né condanna. E minaccia indagini, come fatto con Musk. Fondamentale è che il resto della Corte Suprema capisca che de Moraes va fermato e che il mondo sia consapevole di ciò che sta accadendo; che questo serva da monito su quanto è facile scivolare nella dittatura di un solo uomo protetto dalle istituzioni».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.