2022-04-12
Borrell stila l’elenco dei missili per Kiev. Ma con quale potere?
Mr Pesc dà ordini ai Paesi Ue per «vincere sul campo». E lancia l’addestramento degli invasi. La sua carica però non è operativa.A furia di esportare democrazia, può capitare di esaurirne le scorte: è quello che sta succedendo in Europa relativamente al sostegno militare all’Ucraina. Per quel che riguarda l’Italia, l’ok all’invio di armi a Kiev, una decisione di importanza storica e politica senza precedenti, è stata presa all’unanimità dal cdm lo scorso 28 febbraio, e solo tre settimane dopo, il 17 marzo, a le spedizioni già in corso, approvato dalla Camera, mentre l’ok del Senato, dove il governo ha chiesto la fiducia, è arrivato il 31 marzo. La parte del decreto contenente l’elenco delle armi che abbiamo spedito in Ucraina è rimasto secretato: il popolo italiano, evidentemente, va tenuto all’oscuro di tutto. Se da Roma passiamo a Bruxelles, la situazione se possibile è ancora più inquietante. Da qualche giorno, infatti, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera, il socialista spagnolo Josep Borrell i Fontelles, vicepresidente della Commissione, ha praticamente dichiarato guerra alla Russia, non si sa a che titolo e per conto di chi. Tornato da Kiev, dove venerdì scorso ha incontrato Volodymyr Zelensky insieme alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e dopo essere stato a Bucha, Borrell ha iniziato a rilasciare una serie di dichiarazioni roventi: «Torno con una chiara lista di cose da fare», ha twittato Borrell, che è stato anche presidente del Parlamento europeo e ministro degli Esteri spagnolo, «questa guerra sarà vinta sul campo di battaglia. Le consegne di armi saranno adattate alle esigenze ucraine». Dunque, niente sanzioni, niente diplomazia, niente sforzi per un cessate il fuoco: per Borrell l’Europa deve vincere «sul campo di battaglia», quindi è in guerra all’insaputa dei popoli e dei Parlamenti dei 27 Stati dell’Unione. Il ruolo di Alto rappresentante per la politica estera della Ue, ricordiamolo, è una carica che non ha praticamente nessuna funzione operativa, una poltrona che viene assegnata ogni volta che si nomina una nuova Commissione, secondo le classiche modalità di spartizione: un commissario a te, uno a me. Prima di Borrell, il ruolo di Alto rappresentante per la politica estera della Ue è stato nelle mani della italiana Federica Mogherini, piazzata lì da Matteo Renzi nel 2014 al termine di una estenuante trattativa. Lo stesso Renzi ha poi spiegato nel suo libro, Un’altra strada, che l’effetto della Mogherini in quel ruolo è stato «prossimo allo zero in quasi tutti i dossier importanti». Far rimpiangere la Mogherini è impresa ardua, ma Borrell ci sta riuscendo alla grande: la dichiarazione sulla guerra da vincere «sul campo di battaglia», inevitabilmente, non è passata inosservata al Cremlino: «Devo dire», ha commentato il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, «che ciò che Borrell ha detto in questo contesto aggressivo e senza precedenti, cambia significativamente le regole del gioco. Le ultime dichiarazioni di Borrell indicano che l’Ue vede Kiev come una testa di ponte per sopprimere la Federazione russa. Mai prima d’ora», ha aggiunto Lavrov, «l’Ue ha parlato o agito come un’organizzazione militare». Borrell ha continuato in questa sua personale escalation, e domenica scorsa, al Corriere della Sera, ha rilasciato altre dichiarazioni infuocate: «Torno con una lista di armi di cui gli ucraini hanno bisogno. E noi la seguiremo», ha affermato Borrell, ma «come Ue non abbiamo armi. Dobbiamo bussare alla porta degli Stati membri e dire cosa serve». Quindi, Zelensky ha consegnato a Borrell l’elenco delle armi di cui ha bisogno, e ora si aspetta che tutti i 27 Paesi della Ue, senza fiatare e men che meno consultare i rispettivi parlamenti, eseguano i suoi ordini. « Zelensky», ha aggiunto Borrell, «è consapevole che la vera battaglia sarà in Donbass. E anche per questo dobbiamo accelerare la consegna. Sarà possibile farlo in pochi giorni? Non è così semplice e poi bisogna anche addestrare gli ucraini a usarle. Convocherò il Comitato militare dell’Ue per le forniture. All’inizio gli Stati membri andavano in ordine sparso», ha proseguito Borrell, «ora abbiamo creato un’unità con anche ufficiali ucraini e personale del Servizio esterno per far coincidere la domanda con la capacità di fornitura. Servono o armi di fabbricazione sovietica o facili da usare». Domanda della giornalista: «I soldati ucraini potranno essere addestrati nell’Ue visto che gli Stati membri non possono inviare i propri militari in territorio ucraino? Risposta di Borrell: «Non preoccupatevi, sarà fatto in un modo o nell’altro». Siamo di fronte a dichiarazioni gravissime: Borrell non esclude di mandare militari europei in Ucraina e lo confessa candidamente ai media, senza che nessuno gli chieda chi lo ha mai autorizzato a assumere queste decisioni dalle conseguenze imprevedibili e potenzialmente catastrofiche. Ieri, in conferenza stampa, Borrell ha di nuovo sorpreso tutti spazzando via con un colpo di spugna (o di cannone) tutto il dibattito sulle sanzioni: «Le battaglie che vedremo nell’Est dell’Ucraina», ha dichiarato, «avverrebbero anche con l’embargo al gas e al petrolio russo: ciò che fa la differenza in questo momento sono gli aiuti militari», che lui stesso ha quantificato, fino a ora, in 1,5 miliardi di euro. Avete letto bene: le sanzioni europee non servono a niente, dice chi ha deciso le sanzioni europee.