2018-12-10
Boom di negozi di cannabis light. E così ora in Italia è legale drogarsi
Il ministero della Salute continua a snobbare gli allarmi. Prodotti venduti come non stupefacenti, ma lo sono eccome. Secondo la legge 242 del 2016 che ne regola la produzione, la vendita e l'uso, i derivati della cannabis devono provenire da piante di canapa «sativa» in cui il livello di Thc (tetraidrocannabinolo) sia inferiore a 0,2%, con una tolleranza in caso di test sul prodotto pari allo 0,6%. Entro questi limiti, in teoria, non è «drogarsi». Eppure...Droga venduta in negozio. Droga spacciata via internet. Droga coltivata nei giardini, nei campi, sulle terrazze. In Italia l'accesso alle sostanze stupefacenti non è mai stato così facile. Spesso avviene alla luce del sole. E in alcuni casi è addirittura legale. La Verità affronta il tema in due puntate partendo dal caso più eclatante - perché è sotto gli occhi di tutti: la grande diffusione dei negozi di cannabis cosiddetta light, cioè con un coefficiente di Thc (sostanza psicoattiva presente nella cannabis) non sufficiente secondo legge a raggiungere lo sballo (prodotti commercializzati oggi anche da tabaccherie e distributori automatici h 24). Secondo la legge 242 del 2016 che ne regola la produzione, la vendita e l'uso, i derivati della cannabis devono provenire da piante di canapa «sativa» in cui il livello di Thc (tetraidrocannabinolo) sia inferiore a 0,2%, con una tolleranza in caso di test sul prodotto pari allo 0,6%. Entro questi limiti, in teoria, non è «drogarsi». Eppure...In giugno il Consiglio superiore di sanità parlò chiaramente di pericolosità anche per le quantità più basse di Thc, raccomandando misure per «non consentirne la libera vendita». Nette le motivazioni degli esperti: «Thc e altri principi attivi (...) possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso» ben oltre il misurabile. Inoltre, insisteva il Consiglio superiore di sanità, non va bene che siano consumabili da tutti senza valutare rischi legati a età, eventuali patologie e interazioni con farmaci, gravidanze, effetti sullo stato di attenzione e così via. Un parere prezioso che generò non poche fibrillazioni agli addetti del settore, subito tranquillizzati dal ministro della Salute Giulia Grillo in un'intervista rilasciata a La Stampa. «Il Consiglio superiore di Sanità è un organo consultivo, le decisioni le prende il governo», disse lapidaria, insistendo sul fatto che siccome non c'è emergenza o prova di nocività, niente giustifica le chiusure, casomai una regolamentazione del settore. «Agli italiani dico di stare tranquilli» insisteva il ministro, che si produsse in un doppio impegno. 1. Fece sapere che comunque della questione aveva investito l'Avvocatura generale dello Stato per un parere, anche sulla base degli elementi da raccogliere dalle altre amministrazioni competenti («Non appena riceverò tali indicazioni assumerò le decisioni necessarie, d'intesa con gli altri ministri»). 2. Disse che siccome i controlli sono fondamentali, avrebbe potenziato i Nas «per creare una task force dedicata al controllo dei punti vendita». Dagli impegni del ministro Grillo sono passati sei mesi. E la situazione è questa. 1. Fonti dell'Avvocatura generale dicono che il loro dossier è ancora allo studio (dopo sei mesi?). 2. Ai Nas, interpellati dalla Verità, non risultano richieste di organizzare task force in tal senso e continuano a svolgere regolari controlli nell'esercizio delle loro funzioni. Solo in settembre si è mosso qualcosa: una circolare del ministero dell'Interno destinata a questori, forze dell'ordine e prefetti precisava che se la canapa non rispetta il limite dello 0,2 per cento di Thc, oppure non rientra nelle 64 varietà definite «industriali» dal Catalogo europeo, va trattata come una sostanza stupefacente. Se ne deduce che non si dovrebbero più trovare prodotti con lo 0,6 di Thc. Ma così, ancora una volta, non è. Chi scrive ha chiesto informazioni da normale cliente in uno store di cannabis light a Milano, negozi contrassegnati dalla inconfondibile foglia a sette punte in cui talvolta sono esposti biscotti, bibite, lecca lecca, bustine di thè e patatine, ma anche felpe, cappellini, magliette e ogni sorta di merchandising per rendere «simpatico» e pop il concetto di canna. Al cronista hanno spiegato che - data l'inesperienza - è meglio cominciare da un livello di sostanza psicotropa Thc bassa, magari 0,2. «Qual è la più forte che vendete?», chiediamo alla commessa indicando i barattoli esposti. Lei risponde aprendo un cassetto sotto il bancone ed estraendone un vasetto. C'è scritto “100% inflorescenze femminili di Cannabis Sativa L. consentite per gli usi di cui alla Legge 242/16. «Questa», risponde. «Thc 0,6 e Cbd al 20. Ma non gliela consiglio. Io fumo regolarmente cannabis illegale e le assicuro che è troppo forte anche per me». Eppure sui barattoli c'è scritto «Prodotto non stupefacente», commentiamo. Sul volto della commessa spunta un sorriso complice: «È per via della legge». E c'è anche scritto: «Da intendersi per ricerca e sviluppo, uso tecnico o collezionismo. (...) Non ingerire, non inalare». Ufficialmente allora non si può fumare? «No, ma si scrive così per la legge… Per loro dovresti tenere i barattoli sulla mensola, per collezionismo. La combustione sarebbe vietata ma io che li vendo a fare i bong?». Il vuoto legislativo è evidente; l'ipocrisia del sistema, smaccata.Tra i tanti ammennicoli acquistabili soprattutto su internet, non mancano gli estrattori di Thc, l'ultima tendenza. Si usa una bomboletta di gas butano fornita in un kit per estrarre Bho (Butan hash oil), olio di cannabis. In pratica il butano funge da solvente, separando la resina dalla parte vegetale della pianta e distillando un olio essenziale di Thc molto puro. Anche se in questo caso la materia prima tra lo 0,2 e lo 0,6 dovrebbe essere davvero molta per estratte una quantità di olio sufficiente allo sballo, ci si chiede: sicuri che sia sano assumere olio di cannabis ottenuto utilizzando un carburante a sua volta distillato da petrolio e gas naturale (senza considerare i rischi legati all'alta infiammabilità)?Il livello di Thc non è tutto. «Per un adulto che ne limita l'uso, l'effetto allo 0,2 è trascurabile, ma il problema potrebbe essere un altro: bisogna ancora scoprire quali sono gli effetti del Cbd, o cannabidiolo» dice Francesco Paolo Busardò, professore associato di Tossicologia forense all'Università politecnica delle Marche e componente del Sistema nazionale allerta precoce. «Sappiamo che è privo di effetti psicoattivi e che è un miorilassante, ma non se ci sono effetti collaterali. Lo stiamo monitorando attentamente ma ancora un responso non c'è. Il problema è che non è ancora entrato nella tabella degli stupefacenti proprio perché non è psicoattivo». Paradossalmente per chi assume cannabis, il Cbd ha un effetto positivo perché smorza gli effetti collaterali del Thc su frequenza cardiaca, respirazione e temperatura corporea. Si può considerare insomma un ansiolitico, che potrebbe aiutare coloro che soffrono di disturbi come schizofrenia ed epilessia e trattare spasmi muscolari e dolore neuropatico. Ma nei cannabis shop si trovano prodotti venduti legalmente con Thc minimo e Cbd molto alto, fino al 20 per cento. Il che fa sorgere due domande. Perché in caso di farmaci ansiolitici serve la ricetta mentre questo prodotto è venduto con tanta leggerezza? Secondo: se è venduto - e bene - nei cannabis shop, perché non è stato ancora inserito nelle tabelle degli stupefacenti?C'è poi un'ultima significativa riflessione, condivisa da chi conosce bene il mondo dei giovani. «Il messaggio è che quel mondo è accessibile, che si può fare» commenta Ciro Cascone, Procuratore capo presso il Tribunale per i minorenni di Milano. «Si rischia che i ragazzini smarriscano la differenza tra cos'è legale e cosa non lo è, e pensando che vada bene cadano nella tentazione di comprare la cannabis «vera» in piazza. In udienza chiediamo ai minori quando hanno cominciato a drogarsi e capita che ci dicano 12, o 13 anni. Un'età confusa che andrebbe tutelata». «Ho grande paura per gli adolescenti» rincara la dose il dottor Luigi Cervo, responsabile del laboratorio di psicofarmacologia sperimentale all'Istituto Mario Negri di Milano. «Da una parte ci sono diversi studi che dimostrano quanto il consumo di cannabis incida negativamente sulle loro funzioni cerebrali; dall'altra non ci sono certezze scientifiche che la canapa light sia veramente light».Il campanello di allarme finale lo fa suonare il dottor Luca Ferlin, biologo, responsabile del Laboratorio di Tossicologia dell'ospedale Sant'Anna di San Fermo della Battaglia, a Como. Con la sua équipe ha inventato un metodo fondamentale per scoprire in appena 35 minuti molte delle nuove sostanze stupefacenti (più di 200) cui sono esposti oggi i nostri ragazzi. Lui sa quanti giovani e giovanissimi vengono portati al pronto soccorso dai loro genitori, o dal 118, dopo aver assunto droga. «Il punto è che in loro si sta perdendo la percezione del pericolo. Vedendo negozi di cannabis legale pensano che non sia dannosa neanche l'altra. Non sanno e non capiscono la differenza tra percentuali alte o basse di Thc. Tant'è che negli ultimi sei mesi i minorenni soccorsi sono stati in aumento. Non si sa che cosa si siano presi, ma arrivano con sindrome allucinatoria oppure in stato di agitazione psicomotoria» conclude l'esperto. «Noi cerchiamo di capire quali sostanze hanno assunto, e spesso sono di origine chimica». Ma di questo parleremo nella puntata di lunedì prossimo.