
Dopo aver lanciato strali contro il governo perché non ha dato in mano a lui i soldi della ricostruzione, il dem se la prende col nostro giornale che ha raccontato il caso di una strada in attesa di riparazioni da 90 giorni.«Quando non si sa di cosa si parla si scrivono stupidaggini». È la dialettica muscolare di Stefano Bonaccini, messo all’angolo dal video virale degli abitanti di Fontanelice sulla strada malridotta, e dalle critiche di immobilismo mossegli dal nostro giornale. È normale che dopo tre mesi il governatore non riesca a far riparare il tratto di Provinciale 33 Renana a due corsie (non un viadotto, una tangenziale o un ponte sospeso)? È scontato che si sieda su un paracarro come un tifoso di Gino Bartali ad attendere i fondi del governo? Lui che è presidente della Regione Emilia Romagna, vice commissario alla ricostruzione dopo l’alluvione, dovrebbe essere in prima linea ad aiutare i concittadini ancora in difficoltà. Invece, in preda a crisi da deresponsabilizzazione, lo pseudo-campione del fare osserva e lancia strali contro palazzo Chigi come se il dramma della sua Regione riguardasse solo altri. Il Bruce Willis di Campogalliano (felice definizione di Matteo Renzi) si chiama fuori, da governatore immobile. Il governo ha stanziato 4,5 miliardi, lui ne aspettava nove sull’unghia e soprattutto si era illuso di gestire in prima persona il malloppo. La nomina del generale Francesco Figliuolo è stata una mazzata (peraltro doverosa, in attesa di capire le cause pregresse del dissesto ambientale), ma questo non giustifica accidiosi passi indietro rispetto alle responsabilità istituzionali che il ruolo impone. Aggiunge indispettito: «Se i miliardi di danni sono 9 e il governo ne ha messi 4,5 (compresi quelli che vanno a Toscana e Marche) nei prossimi tre anni, secondo lei chi mente? Basta avere fatto le elementari per fare il calcolo». Bonaccini non è riuscito in 90 giorni a riparare una strada sotto casa sua ma battezza ignorante chi gliene chiede conto. Un comportamento da politico avvezzo alle logiche da talk show - quelli che solitamente gli stendono tappeti rossi -, un po’ meno da esemplare di quel «gran pezzo dell’Emilia» che storicamente è capace di rimboccarsi le maniche e di ripartire senza pianti greci. Anche perché è del tutto legittimo che il governo abbia deciso di mettere eventualmente a disposizione gli altri 4,5 miliardi (da inserire nella prossima legge di bilancio) quando i lavori saranno effettivamente appaltati e da saldare. La polemica è aspra e dimostra in modo lampante l’ostruzionismo della sinistra, da mezzo secolo al potere in uno dei territori più vitali del Paese, nel momento in cui non ha fra le mani i cordoni della borsa.Palazzo Chigi non si fida e fa bene. Non si fida di chi per anni non ha ascoltato il grido d’allarme di una terra paralizzata dall’ecologismo d’assalto. Non si fida di chi deve ancora spiegare perché ha realizzato la metà delle vasche di laminazione necessarie per contenere la forza dei corsi d’acqua in piena. Non si fida di chi ha impedito che si mettessero in sicurezza gli argini e ha varato leggi restrittive per evitare la pulizia dei boschi. I fiumi esondati nel 2023 erano già usciti nel 2019, indisturbati, senza interventi sostanziali. Non si fida di chi ha restituito i fondi dell’Europa (55,2 milioni) per la manutenzione e la messa in sicurezza dei corsi d’acqua per non essere stato capace di spenderli nei tempi previsti. La Regione obietta che riguardavano il sistema viario su acqua e ha spiegato di averli riottenuti da Matteo Salvini. Non si fida di chi (come Elly Schlein), pur avendo a suo tempo la delega regionale per la transizione ecologica, dovrebbe salire sul banco degli imputati e invece impunemente glissa sulle responsabilità.Ieri a chiarire la situazione è arrivato il viceministro alle Infrastrutture, Galeazzo Bignami (Fratelli d’Italia), che in un’intervista alla Verità ha dimostrato di essere addentro alle problematiche territoriali - metaforicamente con gli stivali nel fango - più del governatore social. «Bonaccini mente sapendo di mentire, come spesso capita con le sinistre. I soldi ci sono, come ha detto in tutte le lingue il commissario Figliuolo. Alle famiglie stanno arrivando gli aiuti, ai Comuni da settembre verranno erogati i fondi. La verità è che non li gestiscono loro, e questo per loro è inaccettabile». Il sottosegretario ha anche spiegato il caso specifico di Fontanelice, sottolineando che sotto la strada c’è una frana ancora attiva, come sanno gli stessi enti locali a guida Pd. Ma il governatore si guarda bene dallo specificarlo.Lui s’indigna, distribuisce sberle e si difende mostrando la patente del ricostruttore esemplare. «Sono talmente immobile che da commissario alla ricostruzione dopo il terribile terremoto che colpì l’Emilia ho gestito in prima persona una ricostruzione da oltre 12 miliardi di danni. Lo sapeva o parla a caso?». Bignami ha un’altra verità. «L’emergenza sisma è ancora in corso dopo 11 anni e non se ne vede la fine. Chiedete a chi abita nel cratere». L’aulica narrazione progressista si scontra con la realtà, ma per Bonaccini e la sua clacque tutto questo non esiste. Ci sono solo giornalisti ignoranti ed eroi indignati (come lui), seduti su un paracarro a vedere l’effetto che fa.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.





