True
2021-11-01
Un italiano compì il primo bombardamento aereo della storia
True
In primo piano il tenente Gavotti in Libia con il suo Etrich Taube (Getty Images)
Siamo ancora agli albori dell'età pionieristica dell'aviazione, quando il tenente italiano Giulio Gavotti compì il primo bombardamento aereo della storia. Era il 1 novembre 1911 e l'Italia era in guerra contro l'Impero Ottomano per il possesso della Libia, in quella guerra lontana nel tempo che prese il nome di Italo-Turca. L'arma aeronautica, che praticamente non esisteva, fu per la prima volta utilizzata con funzioni di osservazione per il tiro di artiglieria e per la fanteria. I piloti con brevetto si contavano sulle dita di una mano, la maggior parte provenienti da ricche famiglie nobili o alto-borghesi ed avevano compiuto studi di ingegneria prima di arruolarsi nell'arma del Genio come ufficiali. A tutto il 1910 gli ufficiali che avevano ottenuto il brevetto di volo erano appena 30. Tra di essi figurava Giulio Gavotti, classe 1882, che proveniva da una famiglia genovese di nobile casato, i marchesi Gavotti. Dopo aver compiuto gli studi di ingegneria a Bologna nel 1906 si arruola a Torino come ufficiale di complemento nel Genio, per poi prestare servizio a Roma nella stessa specialità. Si avvicinò al volo prima ottenendo l'abilitazione ai velivoli sferici (aerostati e dirigibili) per passare appena dopo al volo su aeroplano. All'aeroporto di Centocelle (dove nel 1909 insegnò Wilbur Wright, uno dei fratelli che inventarono l'aeroplano appena sei anni prima) fu abilitato al volo su biplano Farman nel dicembre 1910. Poco dopo il conseguimento, Gavotti partecipò ad uno dei primi raid aerei della storia dell'aviazione, da Bologna a Venezia e ritorno. Qui conobbe i primi "assi" dell'aviazione che saranno suoi compagni nella campagna di Libia: Carlo Maria Piazza (vincitore della competizione) e Riccardo Moizo.
Il 29 settembre 1911 scoppiava la guerra Italo-Turca. Quegli stessi pionieri del volo che avevano tenuto gli spettatori col naso all'insù nei cieli di Bologna e Venezia furono inviati nel teatro di guerra inquadrati nella specialità del Genio, dal quale provenivano. Si trattava della prima volta in assoluto in cui l'aeroplano veniva utilizzato per scopi bellici. Gli aerei inviati in Libia erano nove in tutto, di differenti modelli. C'erano i monoplani Blériot XI (quello della trasvolata della Manica nel 1909), il Farman biplano, i Nieuport e gli Etrich Taube (in italiano colomba), dalla caratteristica forma che ricordava molto quella di un volatile. Il primo bombardamento aereo fu portato a termine proprio da questo monoplano in legno e tela, ispirato nel progetto dai semi di una pianta tropicale, la alsomitra macrocarpa, caratterizzati dalla capacità di sostentarsi e di planare a lungo nel vento. Il motore che lo spingeva in volo era un Mercedes-Benz da 100 Cv in grado di fargli raggiungere la velocità di circa 100 Km/h ad una quota massima di 2.000 metri per un'autonomia di volo di circa 150 Km.
Al trentatreesimo giorno di guerra, quel Taube affidato al tenente Gavotti cambiò la storia dell'aviazione e in generale della guerra, dando il via alla pratica del bombardamento aereo.
L'idea messa in pratica dall'aviatore genovese, ispirò le teorie sul bombardamento aereo del generale Giulio Douhet, il quale scrisse più tardi un trattato strategico-militare sull'uso dell'aeroplano in funzione offensiva, essendo stato in Libia a fianco di Gavotti in qualità di osservatore del Servizio aeronautico italiano. Era il 1° novembre 1911 quando il nobile pilota genovese preparò il suo Taube per un volo di ricognizione sulle postazioni nemiche. La partenza avvenne da una pista di aviazione nei pressi di Tripoli, la destinazione l'oasi di Ain Zara distante pochi chilometri a Sud della capitale libica. Gavotti fece tutto da solo. Da qualche tempo aveva in mente di portare con sé in volo alcune bombe a mano per tentare l'offensiva dal cielo e nelle prime ore del mattino di quel giorno l'occasione gli parve propizia. Prese così con sé tre bombe a mano "Cipelli" per riporne due in una cassetta appesa alla fusoliera e prudentemente imbottita per evitare sussulti durante il volo. La terza la tenne con sé nella giacca da aviatore e decollò alle prime luci dell'alba compiendo un primo tratto sopra il mare per prendere la quota di 700 metri e stabilizzarsi puntando all'entroterra. L'oasi di Ain Zara aveva circa 2.000 effettivi a sua difesa, totalmente ignari di quella improvvisa visita dal cielo. Gavotti, giunto a circa un chilometro dall'obiettivo, iniziò ad armare le bombe tenendo la miccia di innesco tra i denti non potendo mollare i comandi del Taube e pochi minuti dopo, giunto sopra l'accampamento nemico dopo aver compiuto un'ampia virata, mirò all'edificio più grande. Con la mano destra prese la bomba sferica del peso di circa 2 chilogrammi e sempre con la bocca tolse la sicura. Scagliò l'ordigno fuori dalla carlinga, stando bene attento a non colpire l'ala di tela che frusciava nel vento. Per pochi istanti la vide precipitare, e poco dopo fu in grado di scorgere una nuvola bianca emergere dal centro dell'oasi, e si accorse che aveva colpito un edificio più piccolo vicino a quello che precedentemente aveva cercato (ad occhio) di puntare. Poi scagliò la seconda bomba prima di mettere nuovamente la prua verso Tripoli, dove scaglierà la terza sugli avamposti ottomani nei pressi della capitale libica. Non si conobbe mai l'entità dei danni provocati dalle prime bombe piovute dal cielo, ma probabilmente nessun nemico fu ucciso in quell'occasione. Tuttavia la notizia fece una grande impressione sin dal momento in cui, planato sulla pista d'atterraggio, il marchese Gavotti diede la notizia ai suoi superiori. Pochi giorni dopo la notizia arrivò alla stampa italiana, che diede risalto all'impresa con articoli e copertine, come quella della Domenica del Corriere. L'eco del primo bombardamento aereo al mondo portato a termine da un aviatore italiano non sfuggì certo alla penna di Gabriele d'Annunzio, che celebrò le gesta dell'Icaro armato di bombe con un componimento poetico dedicato all'impresa libica dal titolo La canzone della Diana. Alla diciannovesima terzina del poema dedicato alle gesta italiane, il pioniere del volo è citato per nome.
S'ode nel cielo un sibilo di frombe/
Passa nel cielo un pallido avvoltoio/
Giulio Gavotti porta le sue bombe.
E poi, più avanti nel componimento, il marchese dell'aria viene nuovamente menzionato.
E tu Gavotti, dal tuo lieve spalto/
chinato nel pericolo dei vènti/
sul nemico che ignora il novo assalto!
Il sigillo del Vate coronò l'impresa, che fu suggellata dal conferimento nel 1912 della Medaglia d'Argento al Valor Militare per l'azione del 1°novembre 1911 e per la seconda incursione su Gargaresch.
Congedato alla fine del conflitto, Giulio Gavotti rimarrà attivo nel Genio Aeronautico e poco più tardi nella neonata Regia Aeronautica. Terminerà la sua carriere come consigliere di amministrazione delle linee aeree italiane del ventennio, L'Ala Littoria. Si spense a Roma il 6 ottobre 1939. Non visse abbastanza a lungo per sapere delle bombe atomiche gettate sulle città di Hiroshima e Nagasaki appena sei anni più tardi. Erano passati solo 34 anni da quelle prime granate scagliate a mano da un aereo in tela dalle caratteristiche ali di uccello.
Continua a leggereRiduci
Il 1° novembre 1911 il tenente Giulio Gavotti scagliò due bombe su un accampamento nemico dal suo monoplano Taube durante la guerra in Libia. Cominciava così la lunga storia della guerra aerea.Siamo ancora agli albori dell'età pionieristica dell'aviazione, quando il tenente italiano Giulio Gavotti compì il primo bombardamento aereo della storia. Era il 1 novembre 1911 e l'Italia era in guerra contro l'Impero Ottomano per il possesso della Libia, in quella guerra lontana nel tempo che prese il nome di Italo-Turca. L'arma aeronautica, che praticamente non esisteva, fu per la prima volta utilizzata con funzioni di osservazione per il tiro di artiglieria e per la fanteria. I piloti con brevetto si contavano sulle dita di una mano, la maggior parte provenienti da ricche famiglie nobili o alto-borghesi ed avevano compiuto studi di ingegneria prima di arruolarsi nell'arma del Genio come ufficiali. A tutto il 1910 gli ufficiali che avevano ottenuto il brevetto di volo erano appena 30. Tra di essi figurava Giulio Gavotti, classe 1882, che proveniva da una famiglia genovese di nobile casato, i marchesi Gavotti. Dopo aver compiuto gli studi di ingegneria a Bologna nel 1906 si arruola a Torino come ufficiale di complemento nel Genio, per poi prestare servizio a Roma nella stessa specialità. Si avvicinò al volo prima ottenendo l'abilitazione ai velivoli sferici (aerostati e dirigibili) per passare appena dopo al volo su aeroplano. All'aeroporto di Centocelle (dove nel 1909 insegnò Wilbur Wright, uno dei fratelli che inventarono l'aeroplano appena sei anni prima) fu abilitato al volo su biplano Farman nel dicembre 1910. Poco dopo il conseguimento, Gavotti partecipò ad uno dei primi raid aerei della storia dell'aviazione, da Bologna a Venezia e ritorno. Qui conobbe i primi "assi" dell'aviazione che saranno suoi compagni nella campagna di Libia: Carlo Maria Piazza (vincitore della competizione) e Riccardo Moizo. Il 29 settembre 1911 scoppiava la guerra Italo-Turca. Quegli stessi pionieri del volo che avevano tenuto gli spettatori col naso all'insù nei cieli di Bologna e Venezia furono inviati nel teatro di guerra inquadrati nella specialità del Genio, dal quale provenivano. Si trattava della prima volta in assoluto in cui l'aeroplano veniva utilizzato per scopi bellici. Gli aerei inviati in Libia erano nove in tutto, di differenti modelli. C'erano i monoplani Blériot XI (quello della trasvolata della Manica nel 1909), il Farman biplano, i Nieuport e gli Etrich Taube (in italiano colomba), dalla caratteristica forma che ricordava molto quella di un volatile. Il primo bombardamento aereo fu portato a termine proprio da questo monoplano in legno e tela, ispirato nel progetto dai semi di una pianta tropicale, la alsomitra macrocarpa, caratterizzati dalla capacità di sostentarsi e di planare a lungo nel vento. Il motore che lo spingeva in volo era un Mercedes-Benz da 100 Cv in grado di fargli raggiungere la velocità di circa 100 Km/h ad una quota massima di 2.000 metri per un'autonomia di volo di circa 150 Km.Al trentatreesimo giorno di guerra, quel Taube affidato al tenente Gavotti cambiò la storia dell'aviazione e in generale della guerra, dando il via alla pratica del bombardamento aereo. L'idea messa in pratica dall'aviatore genovese, ispirò le teorie sul bombardamento aereo del generale Giulio Douhet, il quale scrisse più tardi un trattato strategico-militare sull'uso dell'aeroplano in funzione offensiva, essendo stato in Libia a fianco di Gavotti in qualità di osservatore del Servizio aeronautico italiano. Era il 1° novembre 1911 quando il nobile pilota genovese preparò il suo Taube per un volo di ricognizione sulle postazioni nemiche. La partenza avvenne da una pista di aviazione nei pressi di Tripoli, la destinazione l'oasi di Ain Zara distante pochi chilometri a Sud della capitale libica. Gavotti fece tutto da solo. Da qualche tempo aveva in mente di portare con sé in volo alcune bombe a mano per tentare l'offensiva dal cielo e nelle prime ore del mattino di quel giorno l'occasione gli parve propizia. Prese così con sé tre bombe a mano "Cipelli" per riporne due in una cassetta appesa alla fusoliera e prudentemente imbottita per evitare sussulti durante il volo. La terza la tenne con sé nella giacca da aviatore e decollò alle prime luci dell'alba compiendo un primo tratto sopra il mare per prendere la quota di 700 metri e stabilizzarsi puntando all'entroterra. L'oasi di Ain Zara aveva circa 2.000 effettivi a sua difesa, totalmente ignari di quella improvvisa visita dal cielo. Gavotti, giunto a circa un chilometro dall'obiettivo, iniziò ad armare le bombe tenendo la miccia di innesco tra i denti non potendo mollare i comandi del Taube e pochi minuti dopo, giunto sopra l'accampamento nemico dopo aver compiuto un'ampia virata, mirò all'edificio più grande. Con la mano destra prese la bomba sferica del peso di circa 2 chilogrammi e sempre con la bocca tolse la sicura. Scagliò l'ordigno fuori dalla carlinga, stando bene attento a non colpire l'ala di tela che frusciava nel vento. Per pochi istanti la vide precipitare, e poco dopo fu in grado di scorgere una nuvola bianca emergere dal centro dell'oasi, e si accorse che aveva colpito un edificio più piccolo vicino a quello che precedentemente aveva cercato (ad occhio) di puntare. Poi scagliò la seconda bomba prima di mettere nuovamente la prua verso Tripoli, dove scaglierà la terza sugli avamposti ottomani nei pressi della capitale libica. Non si conobbe mai l'entità dei danni provocati dalle prime bombe piovute dal cielo, ma probabilmente nessun nemico fu ucciso in quell'occasione. Tuttavia la notizia fece una grande impressione sin dal momento in cui, planato sulla pista d'atterraggio, il marchese Gavotti diede la notizia ai suoi superiori. Pochi giorni dopo la notizia arrivò alla stampa italiana, che diede risalto all'impresa con articoli e copertine, come quella della Domenica del Corriere. L'eco del primo bombardamento aereo al mondo portato a termine da un aviatore italiano non sfuggì certo alla penna di Gabriele d'Annunzio, che celebrò le gesta dell'Icaro armato di bombe con un componimento poetico dedicato all'impresa libica dal titolo La canzone della Diana. Alla diciannovesima terzina del poema dedicato alle gesta italiane, il pioniere del volo è citato per nome. S'ode nel cielo un sibilo di frombe/Passa nel cielo un pallido avvoltoio/Giulio Gavotti porta le sue bombe.E poi, più avanti nel componimento, il marchese dell'aria viene nuovamente menzionato.E tu Gavotti, dal tuo lieve spalto/chinato nel pericolo dei vènti/sul nemico che ignora il novo assalto!Il sigillo del Vate coronò l'impresa, che fu suggellata dal conferimento nel 1912 della Medaglia d'Argento al Valor Militare per l'azione del 1°novembre 1911 e per la seconda incursione su Gargaresch. Congedato alla fine del conflitto, Giulio Gavotti rimarrà attivo nel Genio Aeronautico e poco più tardi nella neonata Regia Aeronautica. Terminerà la sua carriere come consigliere di amministrazione delle linee aeree italiane del ventennio, L'Ala Littoria. Si spense a Roma il 6 ottobre 1939. Non visse abbastanza a lungo per sapere delle bombe atomiche gettate sulle città di Hiroshima e Nagasaki appena sei anni più tardi. Erano passati solo 34 anni da quelle prime granate scagliate a mano da un aereo in tela dalle caratteristiche ali di uccello.
Getty Images
Nuove accuse tra Cambogia e Thailandia lungo il confine conteso. Phnom Penh denuncia bombardamenti con caccia F-16, Bangkok parla di attacchi notturni cambogiani. Oltre mezzo milione di sfollati mentre proseguono i negoziati.
La crisi tra Cambogia e Thailandia torna ad aggravarsi lungo il confine conteso. Phnom Penh accusa Bangkok di aver intensificato i bombardamenti con caccia F-16, mentre le autorità thailandesi parlano di attacchi cambogiani durante la notte. Le accuse incrociate arrivano mentre sono in corso negoziati per un cessate il fuoco e il numero degli sfollati supera il mezzo milione.
Secondo il ministero della Difesa cambogiano, l’aeronautica thailandese avrebbe impiegato caccia F-16, sganciando almeno quaranta bombe nell’area del villaggio di Chok Chey. L’episodio viene descritto come un’ulteriore escalation militare in una zona già colpita da ripetuti raid. La versione di Bangkok è opposta. I media thailandesi riferiscono che, durante la notte, le forze cambogiane avrebbero condotto attacchi massicci lungo il confine nella provincia sud-orientale di Sa Kaeo, provocando danni a diverse abitazioni civili.
Nel frattempo, le due parti hanno avviato un nuovo ciclo di colloqui, iniziato mercoledì e destinato a durare quattro giorni, con l’obiettivo dichiarato di porre fine ai combattimenti. L’incontro si svolge in territorio thailandese, presso un valico di frontiera nella provincia di Chanthaburi, secondo quanto riferito da funzionari di Phnom Penh. Sul piano diplomatico si registra anche un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti. Il primo ministro cambogiano Hun Manet ha reso noto di aver avuto un colloquio telefonico con il segretario di Stato americano Marco Rubio, durante il quale si è discusso di «come garantire un cessate il fuoco lungo il confine tra Cambogia e Thailandia».
Alla base delle tensioni c’è una disputa storica sulla delimitazione di circa 800 chilometri di confine, che affonda le radici nell’epoca coloniale. Il confronto armato si è riacceso con forza nel corso dell’anno. A luglio, cinque giorni di scontri avevano provocato circa 40 morti e costretto 300.000 persone ad abbandonare le proprie abitazioni, prima di una tregua che successivamente è fallita.
L’impatto umanitario resta pesante. Secondo le autorità cambogiane, oltre mezzo milione di persone è stato costretto a lasciare case e scuole nelle ultime due settimane di combattimenti. In una nota, il ministero dell’Interno di Phnom Penh ha parlato di 518.611 sfollati, denunciando che «oltre mezzo milione di cambogiani, tra cui donne e bambini, stanno soffrendo gravi difficoltà a causa dello sfollamento forzato dalle loro case e scuole per sfuggire al fuoco di artiglieria, ai razzi e agli attacchi aerei dei caccia F-16 thailandesi». In precedenza, Bangkok aveva indicato in circa 400.000 il numero degli sfollati sul proprio territorio. Il portavoce del ministero della Difesa thailandese, Surasant Kongsiri, ha affermato che il numero di persone accolte nei rifugi è in diminuzione, pur restando superiore alle 200.000 unità. Kongsiri ha inoltre invitato gli abitanti dei villaggi a rientrare con cautela, avvertendo che «potrebbero esserci ancora mine o bombe pericolose». Dal punto di vista militare, Phnom Penh ha sottolineato come le forze thailandesi abbiano continuato le operazioni dall’alba del 21 dicembre, segnalando combattimenti anche nei pressi del tempio khmer di Preah Vihear, risalente a 900 anni fa. La Cambogia ha inoltre ricordato il divario di risorse tra i due eserciti, a vantaggio di Bangkok. Secondo i dati ufficiali, il bilancio complessivo degli scontri è salito ad almeno 41 morti, di cui 22 thailandesi e 19 cambogiani. Le ostilità più recenti sono riprese il 12 dicembre, mentre una precedente ondata di violenze, a luglio, aveva causato 43 vittime in pochi giorni.
La crisi è ora all’attenzione dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico. I ministri degli Esteri dell’Asean, compresi quelli di Thailandia e Cambogia, si riuniscono il 22 dicembre a Kuala Lumpur per discutere del conflitto. Entrambi i governi hanno espresso l’auspicio che l’incontro contribuisca a ridurre le tensioni. La portavoce del ministero degli Esteri thailandese, Maratee Nalita Andamo, ha definito il vertice «un’importante opportunità per entrambe le parti». Bangkok ha tuttavia ribadito alcune condizioni preliminari, chiedendo a Phnom Penh di annunciare per prima un cessate il fuoco e di cooperare nelle operazioni di sminamento lungo il confine. In un comunicato, il governo thailandese ha precisato che un accordo potrà essere raggiunto «solo se basato principalmente su una valutazione della situazione sul campo da parte dell’esercito thailandese».
Continua a leggereRiduci
L’obiettivo è evitare la delocalizzazione della produzione e contrastare l’effetto dei costi energetici elevati sulla competitività europea. La misura riguarda principalmente i settori dell’acciaio, della chimica e dell’automotive, fortemente influenzati dalle bollette elettriche, che in Germania risultano quasi tre volte superiori rispetto agli Stati Uniti. Le autorità tedesche hanno già avviato le trattative con la Commissione Europea per ottenere la compatibilità con le norme sugli aiuti di Stato. Per la Slovacchia, strettamente integrata nelle filiere tedesche, la mossa può rappresentare una sfida competitiva: se le imprese tedesche recuperano tranquillità sui costi dell’energia, le aziende slovacche del comparto manifatturiero esportatrici potrebbero trovarsi a dover far fronte a maggiori pressioni sui costi. Lo stesso potrebbe accadere in Italia.
Prima della Germania il Regno Unito, dove un “price cap” è stato stabilito nel 2019 dall’allora governo May. Dal gennaio 2019 l’Ofgem (l’equivalente della nostra Arera) applica un tetto alla spesa massima dei consumatori di trimestre in trimestre. Ma attenzione: non a tutti i clienti, bensì solo ai sottoscrittori delle “standard variable tariffs”, cioè delle tariffe a prezzo variabile molto basilari, dedicate ai clienti meno abituati a cercare tariffe sul mercato libero, e per questo da anni con lo stesso operatore che a volte approfitta di questo immobilismo applicando prezzi piuttosto elevati.
Continua a leggereRiduci
Donald Trump con il Segretario alla Guerra degli Stati Uniti Pete Hegseth (Getty Images)
«Stasera, su mia indicazione in qualità di Comandante in Capo, gli Stati Uniti hanno sferrato un attacco potente e letale contro la feccia terroristica dell’Isis nel nord-ovest della Nigeria, che ha preso di mira e ucciso brutalmente, principalmente cristiani innocenti, a livelli che non si vedevano da molti anni, persino da secoli», ha scritto il presidente.
L’intervento militare arriva dopo settimane di tensioni tra Washington e Abuja. Trump aveva più volte accusato il governo nigeriano di non riuscire a fermare le violenze contro le comunità cristiane, annunciando già il mese scorso di aver ordinato al Pentagono di predisporre una possibile azione armata. In parallelo, il Dipartimento di Stato aveva comunicato restrizioni sui visti per cittadini nigeriani e familiari coinvolti in uccisioni di massa e persecuzioni religiose. Gli Stati Uniti hanno inoltre inserito la Nigeria tra i «Paesi di particolare preoccupazione» ai sensi dell’International Religious Freedom Act.
Nel suo messaggio, Trump ha rivendicato la continuità tra gli avvertimenti lanciati in precedenza e l’azione militare appena condotta: «Avevo già avvertito questi terroristi che se non avessero smesso di massacrare i cristiani, avrebbero pagato un prezzo altissimo, e stasera è successo». Il presidente ha quindi elogiato l’operato delle forze armate: «Il Dipartimento della Guerra ha eseguito numerosi attacchi perfetti, come solo gli Stati Uniti sono in grado di fare. Sotto la mia guida, il nostro Paese non permetterà al terrorismo islamico radicale di prosperare. Che Dio benedica le nostre forze armate e Buon Natale a tutti, compresi i terroristi morti, che saranno molti di più se continueranno a massacrare i cristiani».
La conferma dell’operazione è arrivata anche dal Comando militare statunitense per l’Africa (Africom), che ha spiegato come l’attacco sia stato condotto su richiesta delle autorità nigeriane e abbia portato all’uccisione di diversi terroristi dell’Isis. «Gli attacchi letali contro l’Isis dimostrano la forza del nostro esercito e il nostro impegno nell’eliminare le minacce terroristiche contro gli americani, in patria e all’estero», ha comunicato Africom. Sulla stessa linea il capo del Pentagono, Pete Hegseth, che ha ricordato come la posizione del presidente fosse stata chiarita già nelle settimane precedenti: «Il presidente era stato chiaro il mese scorso: l’uccisione di cristiani innocenti in Nigeria (e altrove) deve finire. Il Dipartimento della Guerra è sempre pronto, come ha scoperto l’Isis stasera, a Natale. Seguiranno altre notizie», aggiungendo di essere «grato per il sostegno e la cooperazione del governo nigeriano».
Da Abuja è arrivata una conferma ufficiale dei raid. In una nota, il ministero degli Affari Esteri della Repubblica Federale della Nigeria ha dichiarato che «le autorità nigeriane continuano a collaborare in modo strutturato con i partner internazionali, compresi gli Stati Uniti, nella lotta contro la minaccia persistente del terrorismo e dell’estremismo violento». La cooperazione, prosegue il comunicato, ha portato «a attacchi mirati contro obiettivi terroristici in Nigeria mediante raid aerei nel nord-ovest del Paese». Il ministero ha inoltre precisato che, «in linea con la prassi internazionale consolidata e gli accordi bilaterali, tale cooperazione comprende lo scambio di informazioni, il coordinamento strategico e altre forme di sostegno conformi al diritto internazionale, il reciproco rispetto della sovranità e gli impegni condivisi in materia di sicurezza regionale e globale».
Continua a leggereRiduci