2022-11-15
Filippo Giusto: «Senza gli oneri di sistema in bolletta potremmo risparmiare 15 miliardi»
Nel riquadro, Filippo Giusto (Imagoeconomica)
L’ingegnere ex responsabile di Enel ed Edf: «Questi costi fissi gravano sui cittadini e sono incompatibili con le direttive Ue. Serve più trasparenza sui prezzi dell’elettricità, il sistema del “marginal price” va cambiato».Filippo Giusto è un ingegnere veterano del settore energia. Mezzo secolo fa progettava reti elettriche per l’elettrificazione rurale e montana. Poi si è occupato di sicurezza degli impianti e della transizione del sistema elettrico che includesse sia le nuove tecnologie, sia il contributo dei privati, fino alla promozione di strutture sovranazionali di distribuzione elettrica. Dopo esser diventato responsabile Enel per la Lombardia, vent’anni fa decise che l’Enel gli stava stretta e divenne responsabile per l’Italia della francese Edf (Electricité de France) e, in quella veste, convinse il governo italiano ad assimilare il concetto di interrompibilità, circostanza che permise il salvataggio di molte aziende italiane oppresse dai costi elettrici molto elevati. Finché, stufo di tutti, si mise in proprio e costituì una società, ma dovette vedersela coi colossi, che più sono colossi meno gradiscono la concorrenza. Oggi l’ingegnere è pensionato, nonno di quattro nipoti, ma ha la sufficiente esperienza per rivelarci dettagli che meglio ci fan comprendere l’origine delle elevate bollette di cui siamo tutti vittime. Ingegner Giusto, vogliamo cominciare spiegando come funziona l’interrompibilità?«Il nostro Paese è collegato elettricamente con gli altri sistemi europei, ma c’è una potenza limite di importazione che non si può superare per evitare pericolosi sovraccarichi nelle linee di interconnessione. Fu l’ingegner Giuseppe Castellano, già responsabile della rete di interconnessione internazionale di allora, a dimostrare che questo limite si poteva superare con una quota da dare agli energivori, proponendo a questi di accettare di essere staccati dalla rete per 300 millisecondi, in caso di emergenza, in modo di ritornare subito in sicurezza ai valori di import nominali. Ciò permetteva di aumentare senza danni la quota di energia importata, e gli energivori, accettando istantanee interruzioni, avevano costi dimezzati. Oggi questo non è più possibile: si preferisce assegnare la quota di import agli operatori privati (legittimati a speculare), e per abbassare i costi degli energivori si carica l’onere ai consumatori attraverso l’ennesima componente nella voce «oneri di sistema». Si tratta di circa 2 miliardi di euro all’anno, evitabili se si ritornasse al regime di proficua collaborazione fra pubblico e privato del passato».Mi chiedo se nazionalizzare le reti di distribuzione e lasciare allo Stato l’accollo dei relativi costi, in modo che al cittadino siano addebitati solo i consumi effettivi, possa essere d’aiuto a cacciarci fuori dal pantano in cui ci siamo infilati. «Le reti elettriche sono di fatto un monopolio pubblico già adesso, solo che sono affidate ad Enel per la parte di media e bassa tensione e a Terna per l’alta tensione. Tutte e due, comprensibilmente, fanno innanzitutto l’interesse proprio. L’autorità che dovrebbe controllare le tariffe del trasporto non dà l’impressione di controllare molto. Basterebbe che chi gestisce le reti fosse una società autonoma, senza conflitti di interesse. Allora lei avrebbe ragione e si otterrebbe un risparmio per il consumatore finale. Ma bisogna esser consapevoli che si tratta di meno di 2 miliardi l’anno, apprezzabile ma non sufficiente per salvare l’Italia da quel pantano cui lei allude».Quale scelta cambierebbe per ottenere il maggiore risultato economico in bolletta? «Non ho che da ricordare quanto ebbi già modo di dire nel marzo 2009 a Milena Gabanelli che m’intervistava per una puntata sul nucleare del suo programma: se fosse continuata una Borsa pubblica elettrica così poco giusta per il consumatore che compra e troppo favorevole al produttore che vende, non ci si sarebbe accorti della riduzione di costo della produzione elettrica che avrebbe apportato il nucleare». Chiarisca meglio come funziona la Borsa elettrica...«La Borsa elettrica italiana (che si chiama Ipex, Italian power exchange) è, di fatto, la principale causa di danno per le famiglie e le aziende che consumano energia elettrica. Per un opportunistico sistema (detto marginal price), tutta l’energia offerta dai produttori, anche quella a più buon prezzo, viene incredibilmente venduta dalla Borsa Ipex al cittadino, senza che nessuno protesti, al prezzo dell’energia più cara accettata in quel giorno di trattativa fra domanda ed offerta». E questo accade ancora oggi, nonostante l’attuale gravissima crisi del gas? «Certo! Per esempio, ad agosto il prezzo di vendita in Borsa elettrica è balzato da 60 fino a più di 500 euro per MWh, a causa del costo della produzione di energia elettrica con centrali alimentate a gas, il cui prezzo è esploso a causa della speculazione praticata sul Ttf di Amsterdam già ben prima della nota crisi ucraina. Ma solo il 55% dell’elettricità consumata in Italia è sostenuto dalle forniture di gas, restando invariato il costo di produzione delle altre centrali. Per correttezza e trasparenza, avrebbe dovuto essere rendicontata al consumatore che acquista elettricità dalla Borsa Ipex, una produzione che comprendeva solo il 55% prodotta con gas, mentre il restante 45% continuava ad avere gli stessi costi di prima delle crisi, che potremmo valutare per non sbagliare, pur essendo di sicuro esagerato, proprio al prezzo massimo di vendita in Borsa prima della crisi fra Russia e Ue». Ma se ci fosse stata la trasparenza che lei invoca, cosa avrebbe dovuto comunicare la Borsa al cittadino? «Non è solo problema di trasparenza, ma anche di rispetto della legge da parte della Borsa. Innanzitutto nel Codice civile più di un articolo difende la necessità di chiarezza nel definire un prezzo in un contratto di compravendita, ma anche la legislazione europea di settore cerca di difendere il consumatore elettrico, compresa l’ultima direttiva, la n. 944 del 2019, che esplicitamente parla di necessità di trasparenza dei prezzi che devono essere effettivi, di mercato e di tutela dei diritti del consumatore su un bene essenziale come l’elettricità». Tutta colpa della Borsa? «Non solo la Borsa Ipex, ma anche l’Autorità per l’energia ed il governo non hanno svolto al meglio il proprio dovere di tutela del cittadino. Queste Autorità avrebbero dovuto informare il cittadino dei valori effettivi. Finora lei ha tirato in ballo il cittadino, che però è pressoché inerme.«Certo. Quando dico cittadino intendo il responsabile politico che lo rappresenta e dovrebbe curarne gli interessi».Allora cosa suggerirebbe a Giorgia Meloni di fare in proposito?«Non è facile cambiare decisioni che si sono incancrenite nel tempo. Ma forse di fronte alla gravissima crisi che investe le famiglie e fa fallire le imprese occorre avere coraggio. Intanto, distribuire di nuovo, come si faceva anni fa, l’energia nucleare importata equamente ai cittadini comporterebbe un risparmio facilmente valutabile in 10 miliardi di euro. Infine, togliendo definitivamente dalla bolletta gli oneri di sistema che sono incompatibili con le direttive Ue otterremmo altri 15 miliardi di euro di risparmio in bolletta. Come ho già detto, senza ledere alcun diritto dei produttori e dei gestori pubblici del sistema elettrico ma finalmente riconoscendo i diritti delle famiglie e delle imprese».
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Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco