L’Efsa, agenzia per la sicurezza alimentare, vara le nuove linee guida che facilitano la messa in commercio del cibo creato in laboratorio, compreso il latte. Una possibile mazzata per agricoltori e allevatori, qui tutelati dalla legge di Francesco Lollobrigida.
L’Efsa, agenzia per la sicurezza alimentare, vara le nuove linee guida che facilitano la messa in commercio del cibo creato in laboratorio, compreso il latte. Una possibile mazzata per agricoltori e allevatori, qui tutelati dalla legge di Francesco Lollobrigida.La democrazia in Europa può finire alla griglia come un qualsiasi hamburger stampato in 3D. Usare Essere e tempo di Martin Heidegger, che pure era tedesco come Ursula von der Leyen, per spiegare come ormai i funzionari di Bruxelles si sentono i padroni in forza del loro pensiero calcolante e dell’egemonia della tecnoscienza è un po’ troppo. Diciamo che tra pressioni ideologiche derivanti dal green deal che mirano a distruggere la zootecnia per evitare che i peti delle vacche distruggano il pianeta e convenienze delle lobby delle multinazionali della nutrizione che si sono fatte una botta di conti, stimando in circa 3.000 miliardi la torta da spartirsi eliminando quel fastidio che sono i contadini, il fatto che 17 governi europei, che il Consiglio europeo, che il Parlamento europeo abbiano detto «i cibi creati in laboratorio non ci convincono» non conta nulla. Perché il calcolante, o il contante, fa sempre premio sul meditante o il votante che sarebbe il cittadino, salute compresa. Così capita che l’Efsa - che dovrebbe occuparsi di vigilare sulla salubrità di ciò che mangiamo e per paradosso sta a Parma, culla della salumeria e dei formaggi più appetiti al mondo, - scriva il suo nuovo regolamento per autorizzare la messa in commercio di nuovi alimenti e dia, di fatto, il via libera a carne, pesce, pollo, uova e soprattutto latte creati in laboratorio attraverso replicazione cellulare. C’è già la richiesta di mettere in commercio il foie gras sintetico avanzata da un laboratorio francese. La faccenda è serissima e gravissima al tempo stesso. Contro l’Efsa si è schierata mezza Europa. Ieri è stata spedita una lettera durissima da 13 organizzazioni agricole e dell’agroalimentare europeo sia al direttore esecutivo dell’Efsa, Bernhard Url, sia alla direttrice generale della sicurezza alimentare e salute, Sandra Gallina. Scrivono: «L’Efsa ha aggiornato le linee guida per l’autorizzazione per un nuovo alimento, ma tale aggiornamento non risponde alle aspettative espresse nella riunione del Consiglio Agrifish di gennaio e sostenuta da 17 ministri (Austria, Bulgaria, Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Spagna, Repubblica Ceca, Malta e Romania. Non si tiene conto dalla relazione adottata dal Parlamento europeo sulla Strategia per le proteine che evidenzia come «gli alimenti a base cellulare, prodotti mediante coltivazione di cellule isolate da piante e animali, pongano sfide etiche, sociali, ambientali ed economiche» e sottolinea che il regolamento sui nuovi alimenti non è adeguato per affrontare tali sfide. La richiesta specifica dei ministri di allineare alcuni aspetti della valutazione degli alimenti prodotti in laboratorio alle procedure di valutazione dei medicinali è stata completamente ignorata nelle nuove linee guida. In particolare, è stata trascurata la richiesta di utilizzare studi preclinici e clinici come criteri per valutare la sicurezza di questi prodotti.» Ciò detto, delle due l’una: o l’Efsa ci ripensa, oppure: «Ci sarà una mobilitazione per opporci alla posizione attualmente adottata dall’Agenzia». Si chiede il blocco di tutte le autorizzazioni di prodotti coltivati in laboratorio e l’adozione del principio di precauzione, «un pilastro essenziale delle politiche alimentari perseguite dall’Unione europea». In Italia hanno firmato la lettera la Coldiretti, col presidente Ettore Prandini, Filiera Italia con l’ad Luigi Scordamaglia, ma anche da Cesare Baldrighi, presidente di Origin, l’associazione che riunisce le Dop italiane, oltreché dai presidenti del Parmigiano Reggiano, Nicola Bertinelli, e del Grana Padano, Renato Zaghini. Il comparto lattiero caseario vale per noi 19 miliardi di cui 13 da formaggi; quello delle carni, salumi compresi, sui 10 miliardi. Sono i pilastri della nostra agricoltura così come lo sono per spagnoli, francesi, cechi, portoghesi, che firmano la lettera. Tuttavia è solo l’inizio. Ieri la Commissione ha rispedito al mittente una legge dell’Ungheria contro la carne sintetica. Rispondono a Viktor Orban che «siccome non c’è alcuna autorizzazione in corso per carne creata in laboratorio» la sua legge è pleonastica. In realtà sul foie gras siamo molto avanti e quindi la Commissione dice una mezza bugia. Ma è lo stesso trattamento che si cercò di riservare alla legge voluta dal ministro per l’Agricoltura, Francesco Lollobrigida e da quello della Salute Orazio Schillaci che in Italia vieta produzione e commercializzazione di cibi prodotti in laboratorio. Si disse allora che era una legge oscurantista. Appare oggi come una giusta precauzione, visto come vanno le cose a Bruxelles. Che intanto si preoccupa dell’aloe vera e del rabarbaro, che vuole sottoporre a esame, come si fa con i farmaci. Per gli antibiotici, gli ormoni delle finte bistecche, però, basta la procedura semplificata. Dicono Prandini e Scordamaglia: «Siamo di fronte a un preoccupante caso di strabismo normativo». Oppure è la sfida tra pensiero meditante, le piante, e cibi Frankenstein, il pensiero calcolante. O sarà contante?
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