A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Dario Nardella, europarlamentare del gruppo Socialisti e democratici ed ex sindaco di Firenze (Ansa)
Ursula von der Leyen stretta fra il ricatto socialista e il no di Emmanuel Macron agli ulteriori tagli delle emissioni che vuole imporre Teresa Ribera.
Pedro Sánchez (Ansa)
Con la sua maggioranza appesa al voto degli estremisti, il premier spagnolo è costretto ad alzare la voce di continuo. Anche a costo di riportare l’Ue sulla strada del green più talebano e dell’odio per Israele.







