2025-07-01
Ursula adesso trema. Domani arrivano i nuovi obiettivi verdi
Dario Nardella, europarlamentare del gruppo Socialisti e democratici ed ex sindaco di Firenze (Ansa)
Ursula von der Leyen stretta fra il ricatto socialista e il no di Emmanuel Macron agli ulteriori tagli delle emissioni che vuole imporre Teresa Ribera.È solo una sigla, ma potrebbe essere tritolo: Ets2. È la «bomba» piazzata sotto la Commissione europea che non è mai stata fragile come adesso con Ursula von der Leyen sottoposta a un continuo «ricatto» dai socialisti sulle norme verdi usate come pretesto e con il Pd che cerca di riguadagnare la scena visto che il centrodestra e in particolare Fratelli d’Italia oggi godono di ampio credito a Palazzo Berlaymont. Lo stesso fanno gli spagnoli; il socialista Pedro Sánchez che traballa in patria inseguito dalle inchieste per corruzione alza la voce nell’Ue. Insomma tutti europeisti a parole e sovranisti nei fatti: la partita si gioca a Bruxelles, ma la posta in gioco almeno per la segretaria dem Elly Schlein è a Roma e per Sánchez a Madrid. Gli Ets2 sono un argomento che potrebbe spuntare nella plenaria dell’Eurocamera convocata a Strasburgo dal 7 al 10 luglio in cui si cercano delicatissimi equilibri su come andare avanti sull’incerta e costosissima strada del Green deal. Sono i certificati che danno il permesso d’inquinare e che - tanto per dirne una - hanno sin qui impinguato i bilanci di Elon Musk. Le aziende li pagano cari per compensare le loro emissioni. Ora c’è la seconda formulazione che spaventa 17 dei 27 Paesi dell’Ue a partire dalla Germania e che è uno dei pilastri del pacchetto legislativo che il vicepresidente dell’Ue con delega all’ambiente, la socialista spagnola «verde» Teresa Ribera, si appresta a comunicare domani. Niente sconti sulla riduzione del 90% delle emissioni al 2040, fatta 100 la quota del 1990. Su questo punto c’è un dibattito accesissimo con Emmanuel Macron, presidente francese, che ha chiesto un profondo ripensamento nei modi, negli obbiettivi, nei costi introducendo la neutralità tecnologica che vuol dire abbandonare, nei trasporti, l’opzione tutto elettrico e incrementare il nucleare. Con Macron stanno l’Italia e la Germania: due terzi dell’economia europea. La Ribera però tiene il punto per impedire al Ppe - la maggior forza europea - di fare accordi a geometria variabile con gruppi della destra e concede solo una «flessibilità mirata» agli Stati che al 90% di riduzione possono arrivarci per varie strade. Una di queste è la possibilità di contabilizzare fino al 3% di riduzione con progetti di diminuzione delle emissioni attuati fuori dai confini europei. Nella sessione plenaria dell’Europarlamento che si apre lunedì ci sarà un possibile primo scontro. È evidente che la Commissione di Ursula von der Leyen è appesa a un filo e che i socialisti sono decisi a costringere il Ppe a rispettare l’accordo di maggioranza, ma i margini sono strettissimi. I popolari - soprattutto spinti dai tedeschi della Cdu che hanno sconfitto la Spd, mandato a casa i Verdi e che non intendono sostenere ulteriormente il Green deal - si appoggiano molto all’Ecr, la formazione di cui è cardine Giorgia Meloni, col sostegno dei patrioti (dove sta anche la Lega). I socialisti vedono questa prospettiva come il fumo negli occhi e oggi il Pd, nell’ambito del Pse, condiziona le scelte. La Schlein - d’intesa con gli spagnoli che nel governo hanno gli estremisti di sinistra e i separatisti catalani - ha annunciato al presidente della Commissione: «I nostri voti non sono scontati, siamo profondamente insoddisfatti». La portavoce del Pse Iratxe García Pérez (spagnola basca) ha ribadito che il Ppe non può continuare nella politica dei due forni. Obbedienti alla Schlein due eurodeputati di fila come Dario Nardella (qualcosa conta essendo capo delegazione socialista in commissione Agricoltura) e Matteo Ricci , che hanno asserito: «Non siamo disponibili a votare le proposte della Commissione». Nardella ha però precisato che per ora non c’è intenzione di «sparare» sulla Von der Leyen. Anche Sandro Gozzi - ex renziano, eurodeputato transfrontaliero: è eletto in Francia - da Renew, il gruppo macroniano che pure sta nella maggioranza Ursula, sostiene che «ci vuole un chiarimento politico con i popolari e con la stessa Von der Leyen; il Ppe fa scelte non condivisibili; al momento una maggioranza politica pro Ursula von der Leyen non c’è». In questo clima le prossime scadenze - a settembre si parla del bilancio con l’idea di unire Pac e Fondi di coesione, si ridiscute della deforestazione e soprattutto dei motori endotermici - sono tutte possibili mine sul cammino della Commissione. Una l’ha parzialmente disinnescata Roberta Metsola - presidente Ppe dell’Eurocamera - che ha fatto partire la denuncia non contro la Commissione ma verso il Consiglio europeo per la procedura accelerata sul Rearm che ha tagliato fuori l’Eurocamera. Ma se si vota anche questo è un ostacolo per la Von der Leyen e ci sono altri capitoli: la trattativa con Donald Trump sui dazi, la sburocratizzazione del commercio, le misure di sostegno alle Pmi che stanno a cuore più alla destra che non al Pse pronto a boicottarle e che farà invece quadrato sulla proposta Ribera: applicazione delle regole verdi con revisione nel 2032 e la possibilità di ampliare la quota di assorbimento di CO2 con l’agricoltura. Teresa Ribera ha insistito: «La credibilità climatica dell’Ue è in gioco e non possiamo permetterci scorciatoie». Con lei sta il commissario per l’Energia Dan Jorgensen, socialista (la Danimarca da oggi ha la presidenza semestrale dell’Ue). Che i socialisti, e in particolare gli spagnoli, siano all’attacco lo conferma Carlos Cuerpo. Si candida a presidente dell’Eurogruppo - il consiglio dei ministri economici - con l’irlandese Paschal Donohoe del Ppe che era già certo della conferma. Davvero un’unione, forse non europea.
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo