2022-04-13
Spiegate agli italiani quali sono i veri rischi
Volodymyr Zelensky (Getty images)
Mentre la Russia non fallisce, a dispetto delle profezie, in Germania scatta l’allarme: scorte solo fino all’estate. Qui si parla di condizionatori per nascondere il pericolo.Volodymyr Zelensky insiste e spiega che, se si vuole interrompere il fiume di denaro con cui Vladimir Putin finanzia la guerra, non bastano le sanzioni alla vodka e al caviale: serve che l’Europa rinunci al gas di Mosca. Il presidente ucraino l’aveva già detto e a quanto pare non lo ha rassicurato la visita in Algeria di Mario Draghi, che l’altro ieri ha concluso un accordo in base al quale il prossimo inverno avremo un decimo del metano che importiamo dalla Russia. No, per l’ex comico trasformato in politico, e ora instancabile propagandista della causa di Kiev, l’unica soluzione per fermare l’armata russa consiste nel togliere allo zar del Cremlino la «benzina» con cui alimenta il conflitto, ovvero il miliardo di euro che ogni giorno noi e gli altri Paesi della Ue versiamo nelle sue casse. Difficile dargli torto, soprattutto avendo presente la quasi inutilità delle sanzioni adottate finora. Certo, a causa del blocco delle transazioni finanziarie, l’altro ieri le ferrovie russe non sono state in grado di rimborsare gli interessi su un prestito in franchi svizzeri, e il comitato sui derivati del credito le ha dichiarate insolventi. Ma si tratta più di un aspetto tecnico che di sostanza, perché il fallimento della Russia, che era stato ventilato fin dalle prime settimane di guerra come conseguenza delle misure adottate, al momento non c’è. Il rublo, di cui era previsto un completo deprezzamento, è ritornato ai valori di prima dell’invasione e il surplus commerciale di Mosca non è mai andato così a gonfie vele, tanto da far registrare nel primo trimestre dell’anno un aumento del 150 per cento rispetto al 2021. A gonfiare il volume degli affari, ha sicuramente contribuito la crescita dei prezzi del gas, conseguenza immediata della guerra, ma così, paradossalmente, più il conflitto si protrae e più Putin guadagna.Dunque, tornando a Zelensky, urge chiudere il rubinetto a cui, a dire il vero, continua ad approvvigionarsi anche la stessa Ucraina, perché senza il gas di Mosca resterebbe al buio e anche quelle poche infrastrutture che non sono state distrutte dai missili di Putin sarebbero inutilizzabili. Sì, il dilemma è questo: il metano non serve per riscaldare i termosifoni o, come ha detto il presidente del Consiglio, per far funzionare i condizionatori, ma è indispensabile per tenere acceso un Paese. Il nostro in particolare. Non avendo a disposizione altre fonti energetiche, in quanto non abbiamo centrali nucleari come la Francia o fonti rinnovabili come certi Stati del Nord Europa, la nostra industria e la nostra rete di servizi si reggono essenzialmente sul gas. Oltre il 40 per cento della fornitura di metano, vale a dire 33 miliardi di metri cubi l’anno, come è noto arriva da Mosca, e interrompere le importazioni, come auspica Zelensky, è più facile a dirsi che a farsi. Se fosse semplice, infatti, il primo a farlo sarebbe stato proprio lui, il presidente-attore. Ma a quanto pare rinunciare comporta parecchi sacrifici, che non si risolvono certo in abitazioni con qualche grado in meno durante l’inverno e qualche grado in più d’estate. Per capirlo è sufficiente leggere ciò che ha dichiarato il presidente dell’autorità per l’energia della Germania, Paese che, come noi, dipende dal metano di Putin. Intervistato da Die Zeit, testata di Amburgo tra le più autorevoli, Klaus Mueller ha spiegato che se si interrompesse il flusso di gas, le scorte di metano potrebbero finire entro l’estate e questo provocherebbe una situazione di emergenza per le imprese e le famiglie tedesche, di cui nessuno a Berlino sembra rendersi realmente conto.A essere sinceri, neppure in casa nostra paiono aver capito quanto sia complessa la situazione. Nel 2014, dopo che la Russia invase la Crimea, per evitare di dipendere dall’Algeria, i governi di sinistra si gettarono tra le braccia di Putin e la mossa fu applaudita perché i compagni spuntarono un prezzo migliore. Ora, per non dipendere da Mosca, ci rimettiamo in mano all’Algeria e al momento nessuno sa dire se sia un affare. Una cosa è certa: la fornitura sarà ridotta a un decimo di quella russa. E con i restanti nove decimi, che si fa? Altri 6 miliardi di metri cubi pare che ci verranno concessi il prossimo anno, ma anche così siamo sempre a un terzo di ciò che ci serve. Mettiamo pure che dal Qatar e dall’Azerbaijan, ma anche dagli Stati Uniti (sotto forma di gas liquido), arrivi un altro terzo: al conto finale mancherebbero sempre una decina di miliardi di metri cubi. E qui si torna a ciò che ha spiegato il presidente dell’autorità tedesca per l’energia: sarebbe un’emergenza vera. Tralasciamo l’aumento della bolletta, che diverrebbe inevitabile e superiore a quello di quest’anno: il problema consisterebbe nei distacchi, ovvero dovremmo fare i conti con ore del giorno o della notte senza energia elettrica. Avete presente l’Austerity, cioè le domeniche senza auto? Beh, quelle furono una passeggiata. Ciò che ci aspetta, se davvero rinunceremo al gas, è ben altro, ossia una crisi economica da paura. Altro che shock petrolifero.
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