2019-01-30
«Bisogna distinguere tra soccorso in mare e ingressi illimitati. E tocca all’Europa»
Il sostituto procuratore generale di Corte d'appello a Bologna Valter Giovannini: «L'immigrazione non si affronta con le vecchie leggi nazionali».Non tutti i magistrati in Italia sono a favore dell'accoglienza cieca e sorda. C'è anche chi non fa del buonismo una bandiera. Come il sostituto procuratore generale della Corte di appello di Bologna, Valter Giovannini, per esempio, noto per aver istruito la pratica che a suo tempo portò alla condanna dei fratelli Savi e Marino Occhipinti nell'indagine della banda della Uno bianca, che alle trovate pro migranti di Magistratura democratica ha detto no e sotto la poesia straziante dedicata a un piccolo (ipotetico) naufrago, non ha posto la sua firma. Ma facciamo un passo indietro, per capire cosa è successo. Tre giorni fa, con una iniziativa piuttosto lontana dalla pretesa neutralità, una sessantina di togati della corrente di Magistratura democratica dell'Emilia Romagna hanno pubblicamente sottoscritto un documento pro migranti. Dichiarandosi apertamente a favore degli sbarchi, e contrari alle decisioni del governo e, in particolare del ministero dell'Interno, Matteo Salvini, in materia di immigrazione. Perché della loro posizione rimanesse traccia indelebile i sessanta togati, riuniti a Bologna per l'inaugurazione dell'anno giudiziario, hanno vergato un foglio su cui, accompagnata da una poesia dedicata ad un ipotetico bimbo morto durante un naufragio, era riportata una frase pronunciata qualche giorno prima da don Luigi Ciotti, presidente del Gruppo Abele e di Libera: «Dobbiamo insorgere quando vengono violati i più elementari diritti umani. Dobbiamo assumerci la nostra responsabilità come cittadini e come cristiani», aveva detto don Ciotti a proposito della questione Sea Watch III e dei porti chiusi.Giovannini, perché non ha sottoscritto il documento?«Si tratta di una iniziativa umanamente comprensibile, ma ho deciso di non firmare perché di fronte a un problema così complesso occorre una riflessione di portata più ampia e, prima di tutto, bisogna distinguere tra il soccorso in mare, che continua ad essere, come sempre, effettuato, e l'ingresso indiscriminato di persone in un Paese europeo». Ma chi è a favore degli sbarchi si rifà a principi universali, lei non è d'accordo?«Il tema immigrazione oggi non può essere affrontato richiamando solo le normative nazionali risalenti a periodi in cui, sia le richieste di asilo sia l'accoglienza temporanea di chi veniva tratto in salvo da situazioni di pericolo, riguardavano eventi eccezionali».I tempi sono cambiati insomma…«È evidente. Oggi sono un numero enorme le persone che, per lo più, per pur comprensibili motivazioni economiche e cioè di ricerca di un futuro migliore, sono pronte a tentare la strada dell'ingresso in Europa al di fuori di qualsiasi forma di regolamentazione. E non si può pensare che un solo Paese possa farsi carico di una simile insostenibile responsabilità».Eppure nel documento si parla proprio di responsabilità…«È l'Europa nella sua totalità che dovrebbe trovare una voce unica per stabilire, una volta per sempre, regole chiare, condivise e rispettate da tutti. Del resto, i milioni di europei che nel secolo scorso sono andati in giro per il mondo alla ricerca di un futuro migliore lo hanno fatto rispettando le norme di ingresso stabilite dai grandi Paesi ospitanti in particolare Stati Uniti, Canada, Australia, Argentina. E lo stesso si dica per chi, come tanti italiani, si sono recati, in Germania, Francia, Svizzera…».E al manifesto della sinistra «restiamo umani» come risponde?«Rimane, ovviamente, il profondo dolore verso chi trova la morte in mare ma, purtroppo, tali eventi ci sono sempre stati in questi anni a causa dell'altissimo rischio di imbarcarsi su carrette messe a disposizione dai trafficanti di esseri umani che si arricchiscono sfruttando la disperazione delle persone».Durante la sua carriera lei si è occupato a lungo del fenomeno immigrazione e quando venne chiuso il Cie di Bologna lei denunciò un calo delle espulsioni da parte delle forze dell'ordine e venne criticato dal sindaco, Virginio Merola, per questa sua considerazione. Ha cambiato idea?«No, non ho cambiato idea. Senza una struttura di permanenza le pratiche di identificazione dei soggetti controllati risultano molto più complesse».I dati più recenti sui reati associano in percentuali consistenti la presenza di immigrati sul territorio a fenomeni di illegalità, soprattutto allo spaccio. Esiste il fenomeno?«Il fenomeno ovviamente esiste anche se non so in quale percentuale. Non dimentichiamo che sono ancora moltissimi gli spacciatori stranieri presenti da tempo irregolarmente in Italia. A causa del sovraffolamento carcerario, qualche anno fa, l'Europa arrivò a minacciare di infliggere al nostro Paese pesanti sanzioni economiche se non si fosse, almeno in parte, risolto il problema. Venne cosi approvata la legge svuotacarceri che oltre ad ampliare le misure alternative alla detenzione ha anche reso più rigida la possibilità di applicare le misure detentive per ridurre gli ingressi in carcere».Con quali effetti?«In particolare per quel che riguarda lo spaccio su strada la misura massima oggi applicabile sono gli arresti domiciliari, ma poiché la stragrande maggioranza degli spacciatori non ha un domicilio, nei loro confronti i giudici non possono che disporre blande misure come il divieto o obbligo di dimora e l'obbligo di firma presso un ufficio di polizia. Con un effetto deterrente praticamente nullo».