2024-12-05
«Subito i biocarburanti per salvare l’indotto»
Roberto Vavassori (Imagoeconomica)
Per Roberto Vavassori, presidente Anfia, sull’Italia pesano il caro energia e l’assenza di piattaforme globali.L’unico modo per non perdere le competenze che l’Italia ha accumulato nel mondo dell’auto è quello di incrementare la produttività degli stabilimenti Stellantis nel nostro Paese. Del resto, il colosso franco italiano è l’unico produttore di massa che abbiamo sul nostro territorio e va salvaguardato. È il pensiero di Roberto Vavassori, presidente di Anfia, l’associazione italiana della filiera dell’industria automobilistica. «Noi da tempo chiediamo una maggiore considerazione per la filiera italiana della componentistica, un maggiore uso dell’intelligenza presente sul nostro territorio e delle fabbriche che abbiamo a disposizione, oltre che un utilizzo più elevato della componentistica italiana a tutto campo», spiega l’esperto. In effetti, il problema è che in Italia produciamo molto poco rispetto al numero di veicoli che vengono immatricolati. «Oggi esiste una distanza enorme tra il poco che produciamo e quello che consumiamo in termini di matricolato. Siamo l’unico Paese europeo in una condizione così sbilanciata; quindi, la richiesta è produrre più veicoli in Italia per il mercato italiano e utilizzare un maggior numero di componenti italiane».C’è, poi, da dire che produrre in Italia presenta dei problemi oggettivi, spiega ancora Vavassori. «Oggi il costo dell'energia in Italia è superiore a quello della Spagna, ad esempio, ed è il doppio rispetto alla Francia. Senza considerare che l’energia non è tanto solo quella incorporata nel processo di assemblaggio dei veicoli e di verniciatura, ma si riverbera poi su tutti i componenti che questo acquista». Non solo. «Nel nostro Paese», continua, «non abbiamo una piattaforma globale. Ai tempi di Marchionne siamo andati avanti grazie a Giulia e Stelvio, sviluppate in un capannone a Modena con pochissimi soldi. Sono vetture brillantissime, per carità, però non hanno incontrato tanto mercato. Abbiamo, poi, Maserati sul quale l’investimento è andato a singhiozzo e quindi anche in questo caso abbiamo avuto problemi con un rilancio interrotto, la cosa peggiore che può capitare a un marchio».A tutto questo si deve, poi, aggiungere il tema della transizione energetica, una vera e propria rivoluzione che, inevitabilmente, produrrà una emorragia a livello di posti di lavoro. «In primis, stiamo assistendo a un calo della domanda, un problema che si interseca con il tema della sovraccapacità che c’è in Europa. Ci sono almeno una dozzina di stabilimenti che andrebbero chiusi, probabilmente, anche perché se prima esportavamo un certo numero di veicoli, oggi il gigante cinese ci sta chiudendo un sacco di strade», spiega il numero uno di Anfia. «Il centro della decarbonizzazione non è solo l’uccisione del motore endotermico, vanno prima di tutto uccise le fonti fossili che alimentano questi motori e dobbiamo anche consentire l'uso di biocarburanti da subito», spiega. Inoltre, bisogna, «investire fortemente in ricerca e sviluppo per svincolarci dall'attuale chimica delle batterie. Sono convinto che tra dieci anni ci dimenticheremo del nickel, del cobalto, probabilmente anche del litio. È importante trovare la via europea all’immagazzinamento dell’energia, che non ci servirà solo per la mobilità. Quindi, bisogna aiutare le aziende che possono e vogliono anche a cercare eventualmente diversificazioni in settori quali il medicale o l’aerospaziale, settori contigui dove le nostre competenze possono essere utilizzate. Certo è che questa transizione non sarà esente da vittime», dice l’esperto.Sulla politica di internazionalizzazione di Stellantis, Vavassori ha anche spiegato che «Stellantis è un animale di recente ibridazione e non dobbiamo dimenticare che, per questo, si è trovata stabilimenti presente in diverse regioni del mondo. Quindi, questa situazione ha richiesto una gestione certamente non facile degli stabilimenti. Io ricordo sempre che in questi ultimi anni Tavares ha ridotto la capacità produttiva in Francia del gruppo Stellantis in maniera più che proporzionale rispetto a quanto ha fatto con l’Italia. Così, oggi in Italia si produce quasi lo stesso volume di veicoli della Francia. Il problema è che prima la nostra capacità produttiva sfiorava il milione di auto». Il mondo delle quattro ruote sta insomma vivendo il periodo più difficile dalla sua nascita e l’indotto ne sta risentendo enormemente. Con un forte impatto sui posti di lavoro. «Un cambiamento così importante in Europa non l’avevamo mai fatto. L’intelligenza ci suggerisce di tornare sui nostri passi dove è utile e ridisegnare un percorso di transizione cercando di limitare i danni. Se non lo facciamo, dall’altra parte abbiamo un gigante cinese che ha un obiettivo chiaro e dichiarato. Quello di conquistare il mondo, di asfaltare la nostra industria». Per questo serve l’aiuto della cosa pubblica. «Ci vuole la volontà politica di fare tutto questo. Qualunque tecnologia senza politica è zero e qualunque politica senza tecnologia, allo stesso modo, non va da nessuna parte».
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