2022-07-16
Biden si umilia con i reali sauditi
Joe Biden a Jeddah. A destra, Mohammed bin Salman (Ansa)
Il presidente americano ha incontrato il principe bin Salman e cercato soluzioni per fronteggiare la crisi energetica americana. Promise di trasformare l’Arabia in nazione «paria», invece ne ha bisogno. Si è tenuta ieri la spinosa tappa saudita del tour mediorientale di Joe Biden. Il presidente americano è atterrato a Gedda nel pomeriggio, per recarsi poi al Palazzo reale al Salam, dove è stato accolto all’entrata dal principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman. I due si sono salutati scambiandosi il pugno. Nello stesso modo, Biden aveva salutato i leader israeliani appena atterrato a Tel Aviv mercoledì: una modalità ufficialmente adottata come precauzione per il Covid ma che, secondo i beninformati, nasce per evitare che i fotografi possano immortalare una stretta di mano tra Biden e il controverso principe, coinvolto nell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi. L’imbarazzo per il presidente americano d’altronde è notevole.Era novembre 2019 quando Biden, allora candidato presidenziale, promise che avrebbe reso l’Arabia Saudita un «paria». Appena un mese dopo, il comitato elettorale dello stesso Biden emise un comunicato in cui accusava Donald Trump di aver concesso a Riad «un assegno in bianco per agire impunemente in tutto il mondo». Era invece novembre dell’anno dopo, quando il futuro presidente affermò: «Due anni fa, agenti sauditi, secondo quanto riferito, operando sotto la direzione del principe ereditario saudita Mohammad bin Salman, hanno ucciso e smembrato il giornalista saudita dissidente Jamal Khashoggi. La sua colpa è stata quella di criticare le politiche del suo governo. Oggi», aggiunse, «mi unisco a molte coraggiose donne e uomini, attivisti, giornalisti sauditi e alla comunità internazionale nel piangere la morte di Khashoggi e faccio eco al suo appello, affinché le persone di tutto il mondo esercitino i loro diritti universali in libertà». A febbraio dell’anno scorso, poco dopo essere entrato in carica, Biden pubblicò un rapporto d’intelligence in cui si evidenziava il coinvolgimento di bin Salman nell’assassinio dello stesso Kahshoggi. Non solo: nel medesimo mese, l’allora portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, annunciò che le relazioni tra Washington e Riad sarebbero state «ricalibrate», dichiarando inoltre: «La controparte del presidente è re Salman». Una precisazione che suonava come un’implicita stoccata a Trump, il quale aveva sempre avuto uno stretto rapporto col principe ereditario. Alcune settimane dopo, la Casa Bianca avviava un processo di distensione con un acerrimo nemico dei sauditi, come l’Iran, per cercare di rilanciare il controverso accordo sul nucleare del 2015 (e sorvolando sul fatto che, in materia di rispetto dei diritti umani, non sembra che il regime khomeinista sia esattamente all’avanguardia). Adesso invece, pressato dalla crisi energetica e dalle sue stesse politiche green fallimentari, Biden si è trovato costretto ad andare in ginocchio da bin Salman. Certo: lui ha detto che non si tratta di incoerenza, rivendicando di aver sempre parlato di diritti umani e di aver effettuato la tappa saudita per «promuovere gli interessi degli Stati Uniti». Resta però il fatto che le relazioni non sono state «ricalibrate» come aveva promesso né Riad è stata resa «paria»: negli ultimi mesi l’Arabia saudita ha rafforzato la propria centralità internazionale, rinsaldando i legami con Russia e Cina. Attenzione: il problema è politico, più che morale. Mentre Trump con trasparenza aveva sin da subito detto che avrebbe tenuto una linea improntata alla realpolitik, Biden - come abbiamo visto - aveva promesso un’inversione di tendenza, volta a promuovere i diritti umani e la lotta contro le autocrazie. Un’inversione che il viaggio odierno ha definitivamente sconfessato, indebolendo ulteriormente la credibilità internazionale del presidente americano. Un fatto, questo, che mina alla base la deterrenza della sua amministrazione verso gli avversari dell’Occidente (dalla Russia alla Cina). Una contraddittorietà, tra l’altro, già emersa dalle recenti distensioni, promosse dalla Casa Bianca con dittature come Venezuela e Cuba.Anche guardandola da una prospettiva realista, la tappa saudita di Biden sembra non aver dato i risultati sperati. Se l’apertura dello spazio aereo saudita ai voli israeliani rappresenta effettivamente una svolta storica, va anche detto che, nella tarda mattinata di ieri, Reuters ha riferito che, secondo funzionari americani, Riad probabilmente non annuncerà un aumento della produzione di petrolio (almeno non prima del vertice Opec del 3 agosto): non esattamente una buona notizia per Biden, vista la crisi energetica che deve affrontare. Tra l’altro, la linea del presidente con l’Iran -che Israele ha giudicato troppo morbida- non deve essere granché gradita a Riad. Tutto questo senza trascurare i nodi di politica interna. Il presidente è infatti stato criticato per l’incontro con bin Salman non solo da alcuni esponenti dello stesso Partito democratico, ma anche dagli attivisti per i diritti umani e dalla fidanzata di Khashoggi, Hatice Cengiz.Biden ieri ha avuto un incontro di mezz’ora con re Salman e poi uno di un’ora con il principe ereditario, insieme ai principali ministri del regno. Un incontro, quest’ultimo, che rappresenta una legittimazione in piena regola della leadership di bin Salman da parte dell’attuale amministrazione americana. Nel momento in cui La Verità è andata in stampa, non era chiaro se il presidente avesse sottoposto al principe la questione Khashoggi: l’altro ieri, l’inquilino della Casa Bianca aveva tuttavia rifiutato di impegnarsi a parlarne, al di là di un generico richiamo ai diritti umani. Insomma, la facile retorica della campagna elettorale ha condotto Biden in un vicolo cieco.
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