
Il presidente, che ha partecipato al G7 urgente convocato da Giorgia Meloni, frena Bibi: «Coordineremo una risposta a Teheran, incluse nuove sanzioni. Ne parlerò a breve con Netanyahu». Il premier italiano: «Una soluzione diplomatica è ancora possibile».La crisi in Medio Oriente stravolge l’agenda politica mondiale: dopo che una pioggia di centinaia di missili provenienti dall’Iran ha colpito Israele, provocando danni anche in basi militari, la tensione internazionale è alle stelle, anche perché ora si attende la contro-risposta di Tel Aviv. Ieri pomeriggio Giorgia Meloni, informa Palazzo Chigi, «a seguito dell’aggravarsi della crisi in Medio Oriente», ha convocato «d’urgenza e presieduto questo pomeriggio una conferenza telefonica dei leader del G7. Nel corso della conversazione è stata reiterata la ferma condanna all’attacco iraniano contro Israele». È toccato alla Meloni convocare il summit, in quanto l’Italia è presidente di turno del G7: «In uno scenario in costante evoluzione», aggiunge la nota della presidenza del Consiglio, «è stato convenuto di lavorare congiuntamente per favorire una riduzione delle tensioni a livello regionale, a partire dall’applicazione della risoluzione 2735 a Gaza e della risoluzione 1701 per la stabilizzazione del confine israelo-libanese. Nell’esprimere forte preoccupazione per l’escalation di queste ultime ore, è stato ribadito che un conflitto su scala regionale non è nell’interesse di nessuno e che una soluzione diplomatica risulta ancora possibile. I leader hanno concordato di mantenersi in stretto contatto».La Risoluzione 2765 del Consiglio di sicurezza dell’Onu su Gaza è stata adottata lo scorso 16 giugno e delinea un percorso che parte dal cessate il fuoco e dal rilascio degli ostaggi nelle mani di Hamas e si snoda attraverso un percorso che prevede lo «scambio di prigionieri palestinesi, il ritiro delle forze israeliane dalle aree popolate di Gaza, il ritorno dei civili palestinesi nelle loro case e nei loro quartieri in tutte le aree di Gaza, compreso il Nord, nonché la distribuzione sicura ed efficace di assistenza umanitaria su larga scala in tutta la Striscia di Gaza per tutti i civili palestinesi che ne hanno bisogno, comprese le unità abitative fornite dalla comunità internazionale», come si legge nel testo. La risoluzione 1701 sul Libano risale invece al 2006 e prevedeva la costituzione di un’area tra il fiume Litani e la Blue line, ovvero il confine tra Israele e Libano, di una zona dove le uniche formazioni armate fossero la missione Unifil e le forze armate regolari libanesi.Come appare evidente, si tratta in entrambi i casi di parole al vento. La Meloni già in mattinata, in Consiglio dei ministri, aveva annunciato la convocazione del G7: «Alla luce dell’aggravarsi della crisi in Medio Oriente», ha detto la premier, «ho convocato d’urgenza un vertice a Palazzo Chigi per discutere la situazione e valutare le misure necessarie. Nel condannare l’attacco iraniano a Israele, abbiamo condiviso la profonda preoccupazione per gli sviluppi in corso e lanciato un appello alla responsabilità di tutti gli attori regionali, chiedendo di evitare ulteriori escalation. L’Italia continuerà a impegnarsi per una soluzione diplomatica, anche in qualità di presidente di turno del G7. Ho convocato una riunione a livello dei leader. L’obiettivo è la stabilizzazione del confine israelo-libanese attraverso la piena applicazione della risoluzione 1701. È urgente giungere a un accordo per un cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi in linea con la risoluzione 2735. Nella riunione di ieri (l’altro ieri, ndr) abbiamo anche discusso della messa in sicurezza dei cittadini italiani e dei militari del contingente Unifil». Al termine della riunione, la Casa Bianca ha sottolineato che «il presidente Joe Biden e il G7 hanno inequivocabilmente condannato l’attacco dell’Iran contro Israele». Biden ha parlato di «una risposta a questo attacco, incluse nuove sanzioni» ma anche aggiunto che non sosterrebbe «un attacco ai siti nucleari iraniani». Secondo l’agenzia Bloomberg, Biden ne parlerà a breve con il premier israeliano Benjamin Netanyahu.Parole chiare e senza artifici demagogici quelle del ministro della Difesa, Guido Crosetto, durante l’audizione di ieri davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato: «Quella in atto», ha riferito Crosetto, «è una pericolosa e tragica escalation, caratterizzata dal superamento progressivo di diverse linee rosse, nonostante gli appelli della comunità internazionale, non ultima l’Italia che ha cercato in ogni possibile modo il dialogo e lavorato per la tregua. La scintilla è stata l’uccisione del leader di Hamas che stava presenziando alla cerimonia di giuramento del nuovo presidente iraniano. Israele ed Hezbollah, il cui legame con Iran è evidente, si muovono su un filo sottilissimo e mai come ora il rischio di un conflitto sul campo è reale. Un ulteriore aggravamento, peraltro già in atto», ha aggiunto Crosetto, «sarebbe foriero di gravi conseguenze. Lavoriamo per una soluzione diplomatica, unica via possibile. Negli ultimi mesi il conflitto aperto tra Israele ed Hezbollah è stato evitato grazie agli sforzi di tutti. In questo scenario estremamente fluido e instabile», ha avvertito Crosetto, «è complesso fare previsioni attendibili. Le scelte di Israele sono una incognita non solo per noi ma per l’intera comunità internazionale. L’intervento di Netanyahu all’Onu non lascia presagire ampi spazi per un dialogo e alle condizioni per un rapido cessate il fuoco. Le dichiarazioni di Teheran fanno ritenere conclusa la ritorsione per la morte di Isma’il Haniyeh, il capo dell’ufficio politico di Hamas, e di Hassan Nasrallah, il segretario generale di Hezbollah, mentre si ritiene probabile che Israele possa attuare a sua volta una risposta a quanto avvenuto».
Imagoeconomica
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(Guardia di Finanza)
Sequestrate dalla Guardia di Finanza e dai Carabinieri oltre 250 tonnellate di tabacchi e 538 milioni di pezzi contraffatti.
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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