2021-02-23
Biden passa le consegne alla Difesa italiana
Lorenzo Guerini (A.Masiello/Getty Images)
La ministeriale Nato ci «affida» l'Iraq: sarà una missione dell'Alleanza atlantica, ma con il disimpegno a stelle e strisce. Mario Draghi nomina nuovo Capo di Stato maggiore dell'Esercito il generale Pietro Serino: un altro tassello per rafforzare l'atlantismo.I dettagli fanno sempre la differenza. Quelli emersi, la scorsa settimana, dalla due giorni di ministeriale Nato sono macroscopici. Al termine dei lavori il segretario generale Jens Stoltenberg ha elogiato il ruolo dei militari italiani sia in Iraq che in Afghanistan. «La Nato», ha detto, «è estremamente grata per il contributo di diversi anni dell'Italia alle nostre missioni e all'attività di contro terrorismo». L'uscita pubblica non è solo un riconoscimento al nostro Paese, nasconde anche un nuovo ruolo di maggior rilievo frutto in parte del lavoro precedente e in parte del riavvicinamento alla Casa Bianca di Joe Biden. Come ha rivelato ieri Repubblica, la missione a guida americana in Iraq si appresta al cambio di testimone. La vecchia «Inherent Resolve» ha raggiunto l'obiettivo dell'eliminazione di Qasem Suleimani, così cede il passo a una nuova missione. Sarà Nato, ma con il disimpegno a stelle e strisce. Se le indiscrezioni saranno confermate la guida toccherà agli italiani e indirettamente al ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Il segnale, d'altronde, è arrivato chiaramente anche dalla scaletta dei lavori. Il titolare della Difesa ha preso la parola subito dopo il capo del Pentagono Lloyd Austin. Dettagli non trascurabili nel mondo delle stellette e dei politici che le rappresentano.Il compito della nuova missione sarà quello di presidiare il territorio, accompagnare le locali forze armate nel tentativo di stoppare una eventuale ripartenza dello Stato islamico e quindi fare da cuscinetto protettivo rispetto alle manovre dell'Iran. Un incarico molto delicato che non potrebbe mai avvenire senza la fiducia e la benedizione americana. «Se Barack Obama ha sbagliato, Biden oggi sente l'esigenza di limitare i danni fatti dal suo principale sponsor dopo la guerra sbagliata di George Bush jr», spiega su Formiche il generale Mario Arpino, «e fa molto bene a diminuire la percezione della presenza. Ovviamente, l'aspettativa era che la Nato del fedele Stoltenberg gli desse una mano robusta. Lo sta facendo, e questo potrebbe dare anche all'Italia l'occasione di rimediare a un vecchio errore», prosegue. «Infatti, anche noi a suo tempo abbiamo sbagliato, lasciando troppo velocemente l'Iraq dopo i fatti di Nassiriya». Salvo poi fornire grandi occasioni di natura geopolitica. In questo caso, l'occasione sta nel porsi come Paese interlocutore degli Usa nel Mediterraneo e considerarne l'Iraq il confine estremo. La presenza di Guerini alla Difesa e la sua conferma da parte di Mario Draghi sembra mirare a dare un messaggio internazionale forte: rimettere tutti e due i piedi nella Nato. Non solo. Gli Usa si sono segnati alcuni appunti datati 2020. Le tensioni dentro i giallorossi sul tema del 5G, culminate in un cdm ferragostano assai bollente, hanno portato a un cambio di passo da settembre in avanti. Giuseppe Conte ha smesso di sfornare dpcm pro Huawei e ha introdotto nuove varianti e almeno una postura diversa sulla tecnologia cinese. È avvenuto - diremmo - «spintaneamente» e in vista del viaggio di Mike Pompeo in Vaticano e comunque sottotraccia. Però è avvenuto. Gli unici a intervenire in occasione di quel Consiglio dei ministri sono stati Guerini e il collega pd Enzo Amendola. Aver almeno posto il tema della partita del 5G e della necessità di riportarla sotto l'alveo europeo e ancor più atlantico potrebbe essere oggi un elemento in più che Draghi potrà spendere per il proprio governo. Per di più perfettamente in linea con i passaggi finali del discorso con cui ha chiesto la fiducia alle Camere. «Ruolo atlantico», ha detto. Con attenzione ai Paesi del Mediterraneo. Maggiore apertura alla Russia e freddezza verso la Cina. Un obiettivo non da poco e non certo facile da raggiungere. Vedremo che succederà nei prossimi mesi ma quello in Iraq, prendendola alla larga, potrebbe essere il primo passo per immaginare l'Italia come un Paese federatore delle nazioni bagnate dal Mediterraneo. Soprattutto se questo nuovo compito sarà assegnato ai militari, più che alla Farnesina, molti partner esteri saranno più tranquilli. A partire da Washington. Non certo per colpe specifiche delle nostre feluche. Pagano la presenza di Luigi Di Maio agli Esteri considerato, alla pari del Movimento, politicamente non affidabile. Con questa chiave di lettura è interessante notare che il consiglio dei ministeri di ieri mattina ha nominato il nuovo Capo di Stato maggiore dell'Esercito. È Pietro Serino attuale capo di gabinetto di Guerini. Non è certo un caso. Anzi. Un altro tassello per crescere nella Nato e far crescere la diplomazia delle stellette e degli stivali in teatro di guerra. Certo la filiera di Guerini e del Pd ieri ha ottenuto anche la conferma di Nicola Latorre a capo dell'Agenzia industrie difesa. Basti ricordare che l'ex senatore è stato ai tempi capogruppo dell'Ulivo. Ciò che conta è seguire le prossime decisioni sul fronte del Sahel e su quello libico. Meno di tre settimane fa è partita la task force Takuba. Ha il compito di addestrare i militari del Mali, Niger e Burkina Faso. A marzo dovrebbero imbarcarsi anche i soldati italiani. Reparti d'élite simili a quelli che hanno formato la task force 45 in Afghanistan. Nonostante a comandare siano i francesi, questa potrebbe essere l'occasione per l'Italia di tornare in Libia dal Sud e soprattutto non lasciare il Sahel totalmente in mano a Parigi. Se fino allo scorso anno eravamo scettici sulla missione di per sé, la contingenza astrale che ci vede di nuovo interlocutori degli Usa cambia le prospettive. C'è da far crescere i rapporti oltre Atlantico. I nostri militari sanno farlo.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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