2023-09-27
La sinistra dimentica le sanatorie di Bersani
Pier Luigi Bersani (Imagoeconomica)
A fare le barricate contro possibili condoni e liberalizzazioni sono i nipotini progressisti delle «lenzuolate» del fu ministro dell’Industria. Una deregulation che ha modificato non solo l’assetto delle nostre città ma che ha pure snaturato il commercio.Sanatorie edilizie, sanatorie fiscali e condoni di varia natura. Dal 1861 a oggi gli italiani ne hanno sperimentate più di 80. Quasi una ogni due anni. La prima già nel 1861, mentre i condoni sul mattone (veri e propri quindi tombali) sono frutto di un governo Craxi e di due governi Berlusconi. Ma se scendiamo di livello e intensità, vediamo che sulla strada delle sanatorie fiscali è scivolato anche Mario Draghi, quando con il decreto Sostegni bis ha cancellato le cartelle risalenti al periodo precedente al 2010. Ha fatto bene, tanto i termini erano così diluiti nel tempo da renderle irrecuperabili. Nel 2015 e nel 2017 - certo l’Italia non era governata dal centro destra - abbiamo avuto due edizioni di voluntary disclosure, eppure ogni qual volta che Lega, Fratelli d’Italia o Forza Italia imboccano il medesimo sentiero la sinistra sbrocca. Ora se prendiamo le sanatorie o i condoni, compresi quelli edilizi, dal 1980 al 2018 lo Stato ha incassato circa 70 miliardi di euro. Non proprio un successo. Il che inviterebbe a spingere il piede sull’acceleratore della riforma fiscale. Ciò che questo governo ha messo in piedi, ma che dovrà rallentare perché non ci sono sufficienti fondi per la manovra, e i vincoli esterni e interni di bilancio drenano troppe risorse. È comprensibile che anche nella stagione 2023-2024 qualche politico tiri fuori dal cassetto la tradizionale idea di sanare le irregolarità. Il che non significa legittimare l’evasione, ma soltanto scontare o limare costi extra, sanzioni e interessi. Il paradosso è che, trascorsi cinque lustri, a criticare sanatorie e liberalizzazioni sono i nipoti di quella sinistra che nel 1998 ha stravolto i centri città lungo la nostra penisola. Il termine «lenzuolate» a firma Pier Luigi Bersani (al tempo era ministro dell’Industria) è noto a tutti. Vari settori quali assicurazioni, distributori e tlc. Ma un intervento ha riguardato gli esercizio commerciali. Bersani ha di fatto consentito a chiunque di aprire negozi (con la semplice distinzione tra alimentari e non) senza autorizzazioni o licenze, purché lo spazio espositivo fosse inferiore ai 250 metri quadri.«Col decreto Bersani sembra prevalere la seguente ipotesi», si legge in un testo di aspra critica pubblicato dalla fondazione Astrid con tanto di appello a Francesco Rutelli per fare un passo indietro. «Negozi ed esercizi nuovi potranno aprire a tempi brevi e senza troppi controlli. Essi saranno oggetto di una sola distinzione: quella fra alimentari e non alimentari. Troppo poco. Soprattutto in città dove si vuole far crescere un turismo qualificato, non mordi e fuggi, ma stabilmente attratto invece dalla qualità elevata della ristorazione e dell’accoglienza, dall’armonia fra la bellezza tutelata della città e le vendite di prodotti tipici del suo territorio, l’eleganza di boutique e di negozi posti all’interno di ampie pedonalizzazioni», si legge nel documento che successivamente si dilunga a spiegare come tale politica fosse più praticabile coi vincoli architettonici delle leggi del 1939 poi a loro volta modificare dal nuovo Codice Urbani. Eppure era la sola in grado di «compenetrare e integrare l’arte, il turismo e la residenza permanente», si legge ancora, «col suo utilissimo tessuto vitale, col suo controllo sociale». Certo, a distanza di anni, sebbene sia improprio definire l’intervento di Bersani un condono è chiaro che quelle liberalizzazioni hanno portato a un impoverimento dei centri storici e pure a notevoli richieste di sanatorie negli anni a seguire. È buffo che il Pd e i sindaci dem scoprano ora che ci sono città che sono afflitte da un turismo troppo povero, senza adeguata offerta commerciale e con strutture di intrattenimento non proprio all’altezza del racconto che ci facciamo quando celebriamo il turismo tricolore. Eppure, invece di porre sul tavolo le questioni, un pezzo di sinistra e un pezzo di centro destra hanno deciso di attaccare la proprietà privata. Più comodo portare avanti un disegno di legge che punisce gli affitti brevi (richieste insostenibili e aumento di tassazione) con l’intento di eliminare dal mercato i piccoli proprietari. L’idea è quella di favorire gli albergatori e al tempo stesso alzare l’asticella della crisi immobiliare e favorire la transizione delle case green buttando fuori dal mercato chi non avrà sufficiente liquidità per ristrutturare e mettere a norma. Per quanto riguarda gli hotel le associazioni di categoria come Federalberghi o Confturismo sono già uscite allo scoperto. Mentre sulla strategia green di impoverimento delle città ne abbiamo scritto numerose volte su queste colonne. A questo punto andrebbe dato a Bersani ciò che è di Bersani e agli altri governi le rispettive sanatorie o i rispettivi condoni. Purtroppo la sinistra critica le mosse delle destra sebbene su questi temi siano speculari, ma soprattutto non riesce a fare l’esame di coscienza su interventi che sono ben peggiori delle sanatorie. Ben peggiori perché trasformano la società in cui viviamo e le nostre città.
Beatrice Venezi (Imagoeconomica)