2021-07-26
Luca Bernardo: «Per Sala Milano è sicura? Mi chiedo se ci viva davvero»
Il candidato del centrodestra: «In certe zone la sera spariscono i residenti e restano solo gli spacciatori. Il sindaco non lo sa perché non è tra le gente. E campa di successi altrui».«La prossima volta arriverò direttamente con il carrarmato». La prende con il sorriso Luca Bernardo, primario di pediatria all'ospedale Fatebenefratelli, sposato con una figlia, oggi candidato sindaco per il centrodestra a Milano. L'ultima polemica che infiamma il testa a testa con Beppe Sala per la corsa a Palazzo Marino è esplosa qualche giorno fa. Un consigliere regionale accusa Bernardo di girare armato per le corsie d'ospedale. Preoccupato?«Ma no. Continuo a dormire benissimo. E non ho la pistola sotto il materasso, ma chiusa in cassaforte».Questa accusa di girare per l'ospedale con il colpo in canna?«Semplicemente una calunnia, e mi troverò costretto a querelare. Figuriamoci se vado in ospedale con la pistola. Proprio io, che davanti ai bambini non metto neanche il camice, per non spaventarli». Insomma un colpo basso?«Ho regolare porto d'armi da dieci anni, nel rispetto delle leggi. Ma immagino dove gli avversari vogliano andare a parare, viste le polemiche di questi giorni. Non mi scompongo più di tanto, anche perché con certe bassezze da cortina di ferro mi stanno regalando la vittoria». Sarà una lotta all'ultimo voto a Milano, un testa a testa avvincente. La sua, più che una maratona, dev'essere uno scatto per i 100 metri. «Lo so. Il tempo a disposizione è poco. Ma nel mio lavoro sono abituato all'emergenza: so che conta il tempo, ma anche come lo si usa. E finora, numeri alla mano, abbiamo costruito una rimonta straordinaria». Ma chi gliel'ha fatto fare?«Fino a un mese fa non avrei mai pensato di fare politica. Il lavoro di medico è la mia passione: oltre a permettermi di pagare il mutuo, è ciò che mi fa stare bene». Quindi com'è andata?«Il 23 giugno mentre salgo sulla scaletta di un aereo diretto in Puglia, mi squilla il telefono. È l'avvocato Maria Bernardini De Pace. Mi fa: “Perché non corri da sindaco?"».E lei?«Io ero già a bordo, e l'hostess mi invitava a spegnere il telefono, perché stavamo per decollare. Faccio in tempo a dire “fammici pensare un attimo". E riattacco». E poi?«Atterro, e mi chiama Licia Ronzulli: “Ho saputo che vuoi fare il sindaco". A quanto pare, mentre ero in volo, era partito un vero tam tam: amici, associazioni, ordini di categoria, persone che avevo conosciuto durante il lockdown, quando facevo il medico in corsia senza galloni e dormivo in ufficio. Insomma, tifavano tutti per me». E alla fine?«Alla fine sono decollato privato cittadino, e sono atterrato praticamente candidato sindaco».Beppe Sala dice che Milano non si può permettere di perdere tempo per il suo apprendistato in Comune. «In realtà, oltre che medico, sono anche manager nella sanità pubblica in ambito nazionale e internazionale. So bene cosa vuol dire gestire denaro con efficienza, per assicurare salute e benessere dei cittadini». Il suo avversario evidentemente punta sulla sua inesperienza politica…«Anche Sala non credo sia nato imparato. E mi spiace che con quella frase abbia mancato di rispetto alla gente che lavora. Per me il lavoro è sempre nobile, anche per chi, magari a 50 anni, resta disoccupato ed è costretto a ricominciare con un apprendistato». Però il suo avversario è ben più noto di lei.«Certo, io devo correre il doppio per farmi conoscere. Ma la notorietà non può certo essere l'unico criterio con cui si giudica un sindaco. E poi, cos'è la popolarità? A Milano ci sono case “popolari" che di popolare in realtà non hanno nulla. Abbandonate, degradate, abitate da persone ormai rassegnate». Davvero pensa che Milano sia «malata» di scarsa sicurezza?«In molti quartieri dopo una certa ora non si esce di casa. Sono stato a Rogoredo, al Gallaratese, a Lambrate, a San Siro: i residenti sono spariti, restano gli spacciatori. Se esci all'ora sbagliata per portare a spasso il cane, rischi l'aggressione. Una città moderna e internazionale non può che partire dalla sicurezza: prevenzione e presidio di controllo». Sala ha già detto che questa «malattia» milanese, non la vede. «Non sono sicuro che Sala abiti davvero a Milano. Probabilmente non si accorge di nulla perché non è abituato ad ascoltare le persone. Del resto vive dei successi altrui: Citylife, piazza Gae Aulenti, il rifacimento della Scala, depuratori, tutte conquiste delle amministrazioni di centrodestra, di Gabriele Albertini e Letizia Moratti». E il centro storico? «È impossibile non accorgersi della desertificazione degli immobili, conseguenza dello smart working. Il valore immobiliare si abbassa, i negozianti e le botteghe vanno a gambe all'aria. Federalberghi parla del 50% di strutture chiuse. Confcommercio dice che i commercianti milanesi nel 2020 hanno perso 40 miliardi di euro. In questa situazione, il rischio che il racket prenda il sopravvento è dietro l'angolo». La accusano di voler demolire le piste ciclabili. «No, quelle non vanno cancellate. Vanno ridisegnate, ascoltando per una volta i residenti. E finalmente regolamentando i famosi monopattini». Quelle che Vittorio Feltri chiama «le zanzare con le ruote»?«In un anno, su 650 incidenti in città, 119 coinvolgono monopattini. Non dico di vietarli, ma chi guida deve avere casco, targa e assicurazione. E un minimo di codice della strada devono studiarselo, prima di salire a bordo». Il primo provvedimento da sindaco?«Liberare la città dalle le barriere architettoniche. Ci hanno promesso di rimuoverle nel 2026: un'eternità. Penso alle persone con patologie e disabilità: bambini e anziani che faticano a muoversi per la città. È anzitutto a loro che voglio restituire Milano». Favorevole al green pass?«Sì, e in particolare credo che non possa esserci medico o infermiere non vaccinato».E nei ristoranti?«Le norme vanno sempre rispettate. Ma non credo che debbano essere i ristoratori a controllare il green pass dei clienti, anche per una questione di privacy. Forse sarebbe meglio affidare i controlli alla polizia locale. I ristoratori sono già prostrati dal lockdown: non carichiamogli sulle spalle anche il peso del green pass». Favorevole al vaccino ai minorenni? «La Società italiana di pediatria, di cui mi onoro di far parte, consiglia sempre le vaccinazioni. Dunque, fatta salva la libertà dei genitori, posso consigliarlo sopra i 12 anni. Sotto quell'età, non ci sono studi attendibili». Mario Draghi ha detto che l'appello a non vaccinarsi è un appello a morire. «Ecco, io quella frase non l'avrei detta. Draghi sta facendo il massimo e lo rispetto, ma quando si collega la morte alla vita, non va bene. Rispetto il premier e il suo sforzo quotidiano, ma i dubbiosi si convincono con la giusta e corretta informazione». Il rischio è quello di minacciare e terrorizzare, anziché informare? «Sì, e infatti quando ho cominciato a spiegare serenamente ai giovani che cos'è il vaccino e perché conviene farlo, molti si sono messi in coda per farlo, anche di notte. La grande confusione sulla comunicazione relativa ai vaccini ha fatto crescere la paura, soprattutto negli anziani. Servono personalità riconosciute, esperti che si prendono la responsabilità di comunicare le informazioni. E che sappiano ascoltare la gente e i suoi legittimi dubbi». Che effetto le fa l'iperpresenzialismo dei colleghi virologi?«Un medico deve parlare in pubblico di quello sa, e soprattutto di ciò che ha vissuto personalmente, sul campo». Molti virologi sono tutta teoria e niente pratica?«Sì, e poi è strano che si parli solo di virologi e mai dei pneumologi, gli esperti del polmone. Forse bisognerebbe ascoltare un po' di più anche loro». Burioni dice ai non vaccinati: «Dal 5 agosto chiusi in casa come sorci». Che ne pensa di questo lessico non esattamente scientifico?«Riprovevole. Un uomo di scienza non paragona le persone agli animali». In che quartiere è nato? «San Siro. Mio papà era fiscalista, mia mamma architetto d'interni. Infanzia bellissima, con genitori sempre presenti e affettuosi. Il castigo arrivava di rado, ma quando arrivava non si poteva sgarrare». Faceva sport?«Lo faccio ancora oggi: sono appassionato di sport di combattimento. Pugilato, muay thai».Combattimento? Possiamo dire che vuole mettere al tappeto Beppe Sala?«Diciamo che qualche mossa segreta nel mio repertorio ce l'ho. Ma la cosa più bella del combattimento sportivo è sfidarsi con delle regole: non ho nemici, solo avversari». Cosa le ha insegnato la sua famiglia? «Il rispetto degli altri, e l'amore per il lavoro. Da quando ho 2 anni e mezzo sogno di fare il medico. E a 4 anni avevo già scelto la specializzazione. Insomma, già da bambino volevo aiutare i bambini. Per questo oggi, più che medico di famiglia, vorrei essere una sorta di “sindaco di famiglia" per tutti i milanesi. Con la porta dell'ufficio sempre aperta».