
Nel centrodestra c'è chi pensa che l'irruenza di Matteo Salvini sia l'anticamera della dittatura. La realtà è che, per primo, ha spezzato la catena dell'immigrazione clandestina, fermando i taxisti del mare e svegliando l'Europa. Un risultato che altri si sognano.Ci sono alcuni, anche nel centrodestra, a cui non piacciono i toni usati da Matteo Salvini. Lo giudicano brutale, qualche volta addirittura volgare, e gli rimproverano atteggiamenti duceschi, paragonandolo a Mussolini e ad altri dittatori che nel passato si sono fatti avanti con piglio decisionista. Sarà, ma al momento a noi non pare che l'Italia corra il pericolo di un ritorno dell'uomo forte, semmai ci sembra che che abbiamo corso il rischio di avere tanti uomini deboli, mezzecalzette che di fronte ai problemi del Paese non sapevano letteralmente che fare se non parlare. Per anni abbiamo assistito al fenomeno dell'immigrazione clandestina senza che nessuno avesse idea di come affrontare la questione. Di fronte a sbarchi di decine, quando non centinaia di migliaia di stranieri, chiaramente non in fuga dalla guerra, i governi del passato hanno subito passivamente senza riuscire a reagire. Tutti sapevano che una parte di queste persone non avrebbe mai potuto ottenere asilo politico, e altrettanto chiaro era che, in assenza di un permesso che ne legalizzasse la presenza in Italia, sarebbero finiti per entrare in clandestinità e di qui a ingrossare presto le fila della malavita. Tuttavia, nonostante le conseguenze nello spaccio di droga e nel mondo della prostituzione, i politici eleganti, quelli che non sono come Matteo Salvini, sono rimasti con le mani in mano, lasciando prosperare le mafie in nome del sacro mantra dell'accoglienza.Risultato: alle elezioni gli italiani hanno deciso di pensionare i vecchi partiti e di scommettere su quelli nuovi, nella speranza che almeno questi prendessero l'iniziativa, sul fronte dell'immigrazione ma non solo. A un mese e mezzo di distanza dall'insediamento del nuovo governo, un ircocervo nato da una fusione fredda fra i 5 stelle e la Lega, possiamo dire che sul tema dell'immigrazione l'esecutivo sta cercando una nuova via, percorrendo una strada mai esplorata prima. Non sappiamo dire se alla fine si arriverà a bloccare i flussi migratori in arrivo dall'Africa, riportando a casa tutti i clandestini che nel nostro Paese in questi anni hanno trovato il Bengodi, ma essere riuscito a far cambiare rotta alle navi delle Ong, facendo passare il principio della distribuzione dei profughi in Europa e non solo in Italia è già un successo, soprattutto se raffrontato agli inesistenti risultati dei governi precedenti.Salvini, il leader barbuto e con la panza che non piace al popolo delle magliette rosse, batte i pugni e suda mentre vieta gli sbarchi. E però, dopo meno di due mesi, ha ottenuto una serie di risultati. Il fermo delle operazioni delle cosiddette Ong è merito suo. Le navi di associazioni autoproclamatesi senza fini di lucro ormai erano diventate traghetti in servizio permanente fra Libia e Italia, garantendo ai trafficanti di profughi un rapido salvataggio in mare, in modo da consentire loro un alto profitto. Tanti immigrati pronti a partire a fronte di pochi soldi da investire nei gommoni: un business della malavita paradossalmente incoraggiato dai paladini della legalità. Sì, le Ong erano diventate un incentivo alla traversata. Anzi, quasi una garanzia per chi partiva. Ma chiudendo i porti e tagliando i viveri alle imbarcazioni specializzate in recupero di immigrati, il ministro dell'Interno ha bloccato il traffico, spezzando una catena. Non a caso sono rispuntati i barconi, carrette del mare la cui provenienza è però più facile da tracciare, perché navi di quelle dimensioni non possono sfuggire ai satelliti.Ma il numero uno del Viminale non ha ottenuto solo questo successo: è anche riuscito ad alzare il velo sull'ipocrisia dell'Europa e sul doppiogiochismo di alcuni Paesi. Non alludiamo solo alla Francia, che con Emmanuel Macron predica bene, ma razzola male, respingendo e perfino picchiando gli immigrati, ma pensiamo a Malta, un'isola che fino a ieri ha accolto le navi quando dovevano fare rifornimento ma mai quando dovevano scaricare profughi, e oggi è costretta a cedere sulla ripartizione dei migranti. Fermare le imbarcazioni in mezzo al mare, perché i naufraghi siano riportati là dove erano partiti o nel porto più vicino, non significa fare il bullo, ma solo governare, proprio ciò che è mancato negli ultimi anni. Salvini si oppone allo sbarco, Salvini vuole che i clandestini siano riportati in Libia o trasferiti a Malta. Salvini schiera le navi militari o quelle della Guardia di finanza. Salvini si oppone al buonismo di Sergio Mattarella e impone il tema dei profughi in Europa. Tutto questo in un mese e mezzo. Risultato: gli immigrati cambiano sponda e alla nostra preferiscono quelle spagnole. E qualcuno non vorrebbe che dicessimo «Forza Salvini»? Oppure, siccome non ama la deriva leghista, preferisce quella dell'Italia?
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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