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2025-07-12
Beffa pugliese sugli ovuli congelati: dopo un anno se li pagano le donne
Michele Emiliano (Ansa)
Lo fanno passare come intervento a «tutela riproduttiva» delle donne, il contributo una tantum fino a 3.000 euro concesso dalla Regione Puglia alle giovani di età compresa tra 27 e 37 anni che si iscrivono al bando Social freezing. Significa congelare gli ovociti «a scopo precauzionale per preservare la fertilità in futuro e programmare una gravidanza in età più avanzata». Quindi, metti da parte gli ovociti migliori in attesa di volere, o potere, diventare mamma.
Per questa iniziativa, la Regione amministrata dal dem Michele Emiliano ha stanziato 900.000 euro da utilizzarsi nel triennio 2025-2027. Il bando è aperto fino al 4 agosto, possono presentare domanda le donne residenti in Puglia da almeno dodici mesi e con Isee pari o inferiore a 30.000 euro. Una volta inserite in graduatoria, potranno presentarsi «presso centri di Procreazione medicalmente assistita (Pma) sia pubblici sia privati», per accedere alla procedura medica di crioconservazione.
«Sostenere il social freezing significa riconoscere che oggi la fertilità ha una dimensione sociale e che lo Stato ha il dovere di accompagnare le donne nelle loro scelte, senza giudizi e senza condizionamenti. Abbiamo costruito una misura chiara, accessibile, trasparente, che parla alle esigenze concrete delle giovani donne pugliesi, coordinando le iniziative delle singole Asl», ha dichiarato Valentina Romano, direttrice del dipartimento Welfare della Regione Puglia.
Così, una donna si sottopone a cicli di stimolazione ormonale per la produzione di più follicoli che, non appena avranno raggiunto un diametro sufficiente di «maturazione» verranno prelevati dalle ovaie, selezionati e dopo un rapidissimo congelamento (vetrificazione) finiranno in azoto liquido. Dove potranno restare per un tempo indefinito.
Già, ma le spese rimborsate con i soldi dei contribuenti pugliesi sono quelle «relative al canone di crioconservazione degli ovociti riferite esclusivamente ai primi 12 mesi di conservazione», si legge nella modulistica. Concetto ribadito poche righe più in basso: «Sono espressamente esclusi i costi legati alla conservazione degli ovociti successivi ai primi 12 mesi». Ma come, l’aiutino a procrastinare la maternità scade dopo un anno?
Una donna dovrebbe accettare un pesante trattamento ormonale a un intervento chirurgico, per poi decidere di diventare madre alla scadenza del dodicesimo mese altrimenti dovrà pagare di tasca propria il canone per la conservazione, che oscilla dai 250 ai 500 euro l’anno? Non è che sia una grande trovata a sostegno della maternità.
Senza dimenticare che la procedura ha un senso quando ci si deve sottoporre a chemioterapia o radioterapia, a interventi di chirurgia ovarica demolitiva o in presenza di altre patologie che mettono a rischio la funzionalità ovarica. Altrimenti si dovrebbe tentare la maternità in via naturale. «C’è una idea malsana nella società attuale di non fermarsi a vedere tutto il male della procreazione artificiale», commenta il professore Giuseppe Noia, direttore dell’Hospice Perinatale al Policlinico Gemelli di Roma. «Parlo di male sociale perché il dato etico si giudica da sé: aumento di malformazioni, aumenti di prematurità, aumento di alterazioni genetiche e, più recentemente dai dati di letteratura, problematiche endocrine e vascolari nella prima adolescenza». Aggiunge l’esperto neonatologo: «Credo che dovremmo riflettere bene se tre centri di Pma che fanno fecondazione artificiale da più di 30 anni - Aberdeen, Adelaide e Amsterdam - hanno pubblicato sul British Medical Journal ormai da più di dieci anni un lavoro dal titolo “Stiamo usando troppo la fecondazione artificiale?”. Grande onestà intellettuale ma anche grande stimolo a riflettere su queste scelte di medicina “sociale”».
Barbara Quacquarelli, pugliese di Andria, professoressa associata di Organizzazione aziendale all’Università di Milano-Bicocca, al Corriere della Sera ha detto di essere «orgogliosa che la mia Regione abbia avuto il coraggio di rompere il tabù. Il social freezing è ancora visto in Italia come una forma di manipolazione delle donne, mentre in realtà è uno strumento di libertà». Libertà con timer, secondo Emiliano. E se una donna non potrà sostenere la spesa di 500 euro l’anno, che fine faranno i suoi ovuli prelevati in «condizioni biologiche ottimali»?
Nel Pd si scatena la faida per il dopo Emiliano
Regola numero uno: se vuoi far carriera nel Pd devi testardamente allontanare dal partito chiunque abbia i voti, altrimenti il tuo potere potrebbe essere scalfito. Si adegua al primo comandamento del Nazareno (nel senso laico) anche l’europarlamentare Antonio Decaro, mister 500.000 preferenze, candidato in pectore alla presidenza della Regione Puglia, che da qualche giorno sta facendo i capricci: non vuole candidati nelle liste del centrosinistra i suoi (eventuali) predecessori Michele Emiliano e Nichi Vendola. Non li vuole in lista perché, godendo entrambi di consensi, molto probabilmente verrebbero eletti in Consiglio regionale, mentre lui, Decaro, ne teme l’influenza e la personalità, e sarebbe addirittura pronto a rinunciare alla candidatura se il suo veto non dovesse essere rispettato. Lo ha detto ieri, a precisa domanda del Corriere della Sera, utilizzando un giro di parole in politichese stretto: «Oggi la Puglia ha bisogno di guardare avanti. E non è una questione di nomi, di persone, ma di un tempo che cambia, di una nuova stagione, con priorità diverse che hanno bisogno di metodi e linguaggi diversi. La sfida oggi è quella di proseguire il percorso straordinario di questi anni riuscendo ad aprire una pagina nuova. Il candidato alla Regione deve saper interpretare questa sfida. Se lo chiederanno a me vorrei essere libero di deciderlo con i cittadini e farlo in autonomia. Detto questo», avverte Decaro, «nessuno è indispensabile a cominciare da me che sono impegnato in un altro lavoro in Europa per la mia comunità».
La pagina nuova, riguardo a Decaro, è stata stampata in realtà la bellezza di 21 anni fa: il nostro, infatti, nel 2004 ha iniziato la sua carriera politica ed è diventato assessore nella giunta comunale di Bari guidata da Michele Emiliano. Proprio con Emiliano, lo ricorderanno i lettori della Verità, i rapporti sono stati assai alterni. Nel marzo 2024 esplose un caso clamoroso, quando il presidente della Regione raccontò un aneddoto risalente proprio ai tempi in cui lui era sindaco di Bari e Decaro assessore: «Un giorno, dal palco di una manifestazione, sento bussare alla porta, Decaro entra, bianco come un cencio, e mi dice che era stato a piazza San Pietro e uno gli aveva messo una pistola dietro la schiena perché stava facendo i sopralluoghi per la ztl di Bari vecchia. Lo presi, in due andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e andai a dirle: “Questo ingegnere è assessore mio e deve lavorare, perché c’è il pericolo che qui i bambini possano essere investiti dalle macchine. Quindi, se ha bisogno di assistenza, te lo affido”». Apriti cielo: Decaro negò, Emiliano confermò, il centrodestra andò all’attacco. Poi le acque si sono calmate, ma adesso la polemica è di nuovo esplosa: l’ex delfino ha messo il veto sulla candidatura a consigliere dell’ex mentore, ed Emiliano, come raccontato dal Corriere del Mezzogiorno, è sbottato: «Il comportamento di Antonio Decaro è disumano nei miei confronti», ha detto Emiliano, «avere paura di due uomini di 66 e 67 anni è assurdo», ha poi aggiunto riferendosi a sé stesso e Vendola.
Dalle parti del Nazareno, invece di preoccuparsi, perché se traballa la Puglia vuol dire che il centrosinistra è veramente alla frutta, quasi quasi sono contenti di questa diatriba: Decaro, così come Emiliano, alle primarie aveva sostenuto Stefano Bonaccini, e per il cerchietto tragico di Elly Schlein peggio dei militanti della destra radicale ci sono solo i sostenitori di Bonaccini, pure se lo stesso Bonaccini, dopo aver perso le primarie, li ha immediatamente scaricati per fare un accordo personale con la segretaria. Quindi, gli scienziati del quartier generale dem stanno assaporando il gusto di un candidato o una candidata a presidente di provata fede schleiniana, «tanto vinciamo lo stesso». Sarà effettivamente così? Difficile dirlo, così come è difficile prevedere se alla fine Decaro non scelga di sfidare la stessa Elly all’ipotetico congresso dem: l’unica cosa certa è che le acque del centrosinistra si stanno increspando pure in Puglia, che sembrava blindata.
Qualcuno dovrebbe spiegare al paladino della democrazia Decaro che se Emiliano e Vendola dovessero essere eletti sarebbe per libera scelta dei cittadini pugliesi, e che iniziare una campagna elettorale dando la sensazione di essere terrorizzato da due ex presidenti non è l’ideale. Così come qualcuno dovrebbe spiegare a Schlein che se fa scappare dal Pd e dalla coalizione tutti quelli che hanno i voti ma non sono graditi a corte, alle prossime politiche il centrosinistra non avrà la minima chance di vittoria. A meno che a lei non interessi più essere la sfidante perdente di Giorgia Meloni che avere possibilità di vincere. A pensar male si fa peccato, ma col Pd spesso ci si azzecca.
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Riduci
Il fondo da 900.000 euro copre solo le spese per i primi 12 mesi di crioconservazione.Antonio Decaro, eurodeputato, già sindaco di Bari e delfino del governatore, è pronto a candidarsi alle regionali purché in lista non ci siano né l’ex magistrato né Nichi Vendola, dei quali teme l’influenza. Al Nazareno gongolano: più che vincere, a Elly Schlein preme liquidare i nemici.Lo speciale contiene due articoliLo fanno passare come intervento a «tutela riproduttiva» delle donne, il contributo una tantum fino a 3.000 euro concesso dalla Regione Puglia alle giovani di età compresa tra 27 e 37 anni che si iscrivono al bando Social freezing. Significa congelare gli ovociti «a scopo precauzionale per preservare la fertilità in futuro e programmare una gravidanza in età più avanzata». Quindi, metti da parte gli ovociti migliori in attesa di volere, o potere, diventare mamma. Per questa iniziativa, la Regione amministrata dal dem Michele Emiliano ha stanziato 900.000 euro da utilizzarsi nel triennio 2025-2027. Il bando è aperto fino al 4 agosto, possono presentare domanda le donne residenti in Puglia da almeno dodici mesi e con Isee pari o inferiore a 30.000 euro. Una volta inserite in graduatoria, potranno presentarsi «presso centri di Procreazione medicalmente assistita (Pma) sia pubblici sia privati», per accedere alla procedura medica di crioconservazione. «Sostenere il social freezing significa riconoscere che oggi la fertilità ha una dimensione sociale e che lo Stato ha il dovere di accompagnare le donne nelle loro scelte, senza giudizi e senza condizionamenti. Abbiamo costruito una misura chiara, accessibile, trasparente, che parla alle esigenze concrete delle giovani donne pugliesi, coordinando le iniziative delle singole Asl», ha dichiarato Valentina Romano, direttrice del dipartimento Welfare della Regione Puglia. Così, una donna si sottopone a cicli di stimolazione ormonale per la produzione di più follicoli che, non appena avranno raggiunto un diametro sufficiente di «maturazione» verranno prelevati dalle ovaie, selezionati e dopo un rapidissimo congelamento (vetrificazione) finiranno in azoto liquido. Dove potranno restare per un tempo indefinito. Già, ma le spese rimborsate con i soldi dei contribuenti pugliesi sono quelle «relative al canone di crioconservazione degli ovociti riferite esclusivamente ai primi 12 mesi di conservazione», si legge nella modulistica. Concetto ribadito poche righe più in basso: «Sono espressamente esclusi i costi legati alla conservazione degli ovociti successivi ai primi 12 mesi». Ma come, l’aiutino a procrastinare la maternità scade dopo un anno? Una donna dovrebbe accettare un pesante trattamento ormonale a un intervento chirurgico, per poi decidere di diventare madre alla scadenza del dodicesimo mese altrimenti dovrà pagare di tasca propria il canone per la conservazione, che oscilla dai 250 ai 500 euro l’anno? Non è che sia una grande trovata a sostegno della maternità. Senza dimenticare che la procedura ha un senso quando ci si deve sottoporre a chemioterapia o radioterapia, a interventi di chirurgia ovarica demolitiva o in presenza di altre patologie che mettono a rischio la funzionalità ovarica. Altrimenti si dovrebbe tentare la maternità in via naturale. «C’è una idea malsana nella società attuale di non fermarsi a vedere tutto il male della procreazione artificiale», commenta il professore Giuseppe Noia, direttore dell’Hospice Perinatale al Policlinico Gemelli di Roma. «Parlo di male sociale perché il dato etico si giudica da sé: aumento di malformazioni, aumenti di prematurità, aumento di alterazioni genetiche e, più recentemente dai dati di letteratura, problematiche endocrine e vascolari nella prima adolescenza». Aggiunge l’esperto neonatologo: «Credo che dovremmo riflettere bene se tre centri di Pma che fanno fecondazione artificiale da più di 30 anni - Aberdeen, Adelaide e Amsterdam - hanno pubblicato sul British Medical Journal ormai da più di dieci anni un lavoro dal titolo “Stiamo usando troppo la fecondazione artificiale?”. Grande onestà intellettuale ma anche grande stimolo a riflettere su queste scelte di medicina “sociale”».Barbara Quacquarelli, pugliese di Andria, professoressa associata di Organizzazione aziendale all’Università di Milano-Bicocca, al Corriere della Sera ha detto di essere «orgogliosa che la mia Regione abbia avuto il coraggio di rompere il tabù. Il social freezing è ancora visto in Italia come una forma di manipolazione delle donne, mentre in realtà è uno strumento di libertà». Libertà con timer, secondo Emiliano. E se una donna non potrà sostenere la spesa di 500 euro l’anno, che fine faranno i suoi ovuli prelevati in «condizioni biologiche ottimali»?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/beffa-puglia-ovuli-congelati-emiliano-2673143274.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nel-pd-si-scatena-la-faida-per-il-dopo-emiliano" data-post-id="2673143274" data-published-at="1752301561" data-use-pagination="False"> Nel Pd si scatena la faida per il dopo Emiliano Regola numero uno: se vuoi far carriera nel Pd devi testardamente allontanare dal partito chiunque abbia i voti, altrimenti il tuo potere potrebbe essere scalfito. Si adegua al primo comandamento del Nazareno (nel senso laico) anche l’europarlamentare Antonio Decaro, mister 500.000 preferenze, candidato in pectore alla presidenza della Regione Puglia, che da qualche giorno sta facendo i capricci: non vuole candidati nelle liste del centrosinistra i suoi (eventuali) predecessori Michele Emiliano e Nichi Vendola. Non li vuole in lista perché, godendo entrambi di consensi, molto probabilmente verrebbero eletti in Consiglio regionale, mentre lui, Decaro, ne teme l’influenza e la personalità, e sarebbe addirittura pronto a rinunciare alla candidatura se il suo veto non dovesse essere rispettato. Lo ha detto ieri, a precisa domanda del Corriere della Sera, utilizzando un giro di parole in politichese stretto: «Oggi la Puglia ha bisogno di guardare avanti. E non è una questione di nomi, di persone, ma di un tempo che cambia, di una nuova stagione, con priorità diverse che hanno bisogno di metodi e linguaggi diversi. La sfida oggi è quella di proseguire il percorso straordinario di questi anni riuscendo ad aprire una pagina nuova. Il candidato alla Regione deve saper interpretare questa sfida. Se lo chiederanno a me vorrei essere libero di deciderlo con i cittadini e farlo in autonomia. Detto questo», avverte Decaro, «nessuno è indispensabile a cominciare da me che sono impegnato in un altro lavoro in Europa per la mia comunità».La pagina nuova, riguardo a Decaro, è stata stampata in realtà la bellezza di 21 anni fa: il nostro, infatti, nel 2004 ha iniziato la sua carriera politica ed è diventato assessore nella giunta comunale di Bari guidata da Michele Emiliano. Proprio con Emiliano, lo ricorderanno i lettori della Verità, i rapporti sono stati assai alterni. Nel marzo 2024 esplose un caso clamoroso, quando il presidente della Regione raccontò un aneddoto risalente proprio ai tempi in cui lui era sindaco di Bari e Decaro assessore: «Un giorno, dal palco di una manifestazione, sento bussare alla porta, Decaro entra, bianco come un cencio, e mi dice che era stato a piazza San Pietro e uno gli aveva messo una pistola dietro la schiena perché stava facendo i sopralluoghi per la ztl di Bari vecchia. Lo presi, in due andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e andai a dirle: “Questo ingegnere è assessore mio e deve lavorare, perché c’è il pericolo che qui i bambini possano essere investiti dalle macchine. Quindi, se ha bisogno di assistenza, te lo affido”». Apriti cielo: Decaro negò, Emiliano confermò, il centrodestra andò all’attacco. Poi le acque si sono calmate, ma adesso la polemica è di nuovo esplosa: l’ex delfino ha messo il veto sulla candidatura a consigliere dell’ex mentore, ed Emiliano, come raccontato dal Corriere del Mezzogiorno, è sbottato: «Il comportamento di Antonio Decaro è disumano nei miei confronti», ha detto Emiliano, «avere paura di due uomini di 66 e 67 anni è assurdo», ha poi aggiunto riferendosi a sé stesso e Vendola.Dalle parti del Nazareno, invece di preoccuparsi, perché se traballa la Puglia vuol dire che il centrosinistra è veramente alla frutta, quasi quasi sono contenti di questa diatriba: Decaro, così come Emiliano, alle primarie aveva sostenuto Stefano Bonaccini, e per il cerchietto tragico di Elly Schlein peggio dei militanti della destra radicale ci sono solo i sostenitori di Bonaccini, pure se lo stesso Bonaccini, dopo aver perso le primarie, li ha immediatamente scaricati per fare un accordo personale con la segretaria. Quindi, gli scienziati del quartier generale dem stanno assaporando il gusto di un candidato o una candidata a presidente di provata fede schleiniana, «tanto vinciamo lo stesso». Sarà effettivamente così? Difficile dirlo, così come è difficile prevedere se alla fine Decaro non scelga di sfidare la stessa Elly all’ipotetico congresso dem: l’unica cosa certa è che le acque del centrosinistra si stanno increspando pure in Puglia, che sembrava blindata.Qualcuno dovrebbe spiegare al paladino della democrazia Decaro che se Emiliano e Vendola dovessero essere eletti sarebbe per libera scelta dei cittadini pugliesi, e che iniziare una campagna elettorale dando la sensazione di essere terrorizzato da due ex presidenti non è l’ideale. Così come qualcuno dovrebbe spiegare a Schlein che se fa scappare dal Pd e dalla coalizione tutti quelli che hanno i voti ma non sono graditi a corte, alle prossime politiche il centrosinistra non avrà la minima chance di vittoria. A meno che a lei non interessi più essere la sfidante perdente di Giorgia Meloni che avere possibilità di vincere. A pensar male si fa peccato, ma col Pd spesso ci si azzecca.
Il Castello Mackenzie di Genova. A destra, il dettaglio della torre (Ansa)
Ewan Mackenzie, di padre scozzese, era toscano fin nel midollo. Da Firenze, la città che lo vide nascere nel 1852, assorbì la passione per l’arte e la letteratura del Rinascimento e dell’opera di Dante di cui fu collezionista delle edizioni più rare della Commedia.
Mackenzie si trasferì a Genova come agente dei Lloyds di Londra. Qui alla fine del secolo XIX fonderà un impero in campo assicurativo, l’Alleanza Assicurazioni. Il grande successo imprenditoriale gli permise di coronare il sogno di una vita: quello di dare nuova forma al Rinascimento toscano nella città della Lanterna con la costruzione di una dimora unica nella zona degli antichi bastioni di san Bartolomeo al Castelletto che dominano Genova ed il porto antico. Trovò nell’esordiente architetto fiorentino Gino Coppedè la professionalità giusta per realizzare la sua nuova dimora. Quest’ultimo era figlio d’arte di uno degli ebanisti più quotati dell’epoca, Mariano Coppedé. I lavori di costruzione del capolavoro dell’eclettismo tipico degli anni a cavallo tra i secoli XIX e XX iniziarono nel 1897 per concludersi 9 anni più tardi, nel 1906. Il castello, che cambiò la prospettiva dalla vicina piazza Manin, era un capolavoro di arte ispirata al Medioevo ed al Rinascimento. La torre principale ricordava quella di Palazzo Vecchio a Firenze, mentre mura, nicchie torrette e merletti, compresi i fossati e i ponti, facevano pensare ai manieri medievali. All’interno dominava la boiserie della bottega Coppedé, nelle oltre 80 stanze della dimora. Non mancava un tocco di modernità nell’impianto di riscaldamento centralizzato e nell’acqua calda disponibile in tutta la casa. Il palazzo ospitava anche una piscina riscaldata ed un ascensore di grande capienza. Nei sotterranei erano state ricavate grotte scenografiche, ispirate alla Grotta Azzurra di Capri, con statue mitologiche e giochi d’acqua, e non mancava un luogo dedicato alla preghiera, una cappella in stile neogotico con vetrate artistiche, ed una immensa biblioteca dove erano conservate le edizioni più preziose della Commedia dantesca. Il castello fu abitato dalla famiglia fino alla morte del proprietario avvenuta nel 1935. La figlia di Ewan, Isa Mackenzie, la cedette poco dopo ad una società immobiliare. Dopo l’8 settembre 1943 fu requisito dai tedeschi e scampò per miracolo ai pesantissimi bombardamenti sulla città. Nel dopoguerra fu brevemente occupato dagli Alleati prima di essere destinato a diventare una stazione dei Carabinieri, che rimasero fino al 1956 quando il castello fu dichiarato monumento nazionale. In seguito fu adibito a sede di una società sportiva, la Società Ginnastica Rubattino, e dagli anni Sessanta andò incontro ad un declino durato per tutto il decennio successivo. Solo negli anni seguenti la dimora da sogno di Mackenzie poté essere recuperata al suo splendore originario. Nel 1986 il magnate e collezionista d’arte americano Mitchell Wolfson Jr. rilevò il castello ed iniziò un complesso restauro a partire dal 1991 prima di cederlo a sua volta a Marcello Cambi, famoso restauratore toscano e patron dell’omonima casa d’aste della quale il castello divenne la sede, dopo un’ulteriore restauro da parte del grande architetto genovese Gianfranco Franchini, tra i progettisti assieme a Renzo Piano e Richard Rogers del Centro Georges Pompidou di Parigi.
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