
La campionessa di scherma è protagonista dello spot di Sorgenia che racconta la rivoluzione tecnologica e le sue conquiste, dalla gig economy ai diritti. Peccato che, grazie a queste «conquiste», oggi ci ritroviamo più poveri e con un avvenire fosco.Beatrice Maria Vio, al secolo Bebe Vio, è una donna di cui l'Italia fa bene ad andare fiera, e non soltanto per gli innumerevoli successi sportivi che ha collezionato. Matteo Renzi annusò immediatamente il suo potenziale comunicativo, la sua capacità di attrarre l'attenzione anche del più distratto fra gli spettatori, e non perse l'occasione di farsi accompagnare a cena da Barack Obama. Da allora (era il 2016), Renzi si è leggermente appannato, mentre Bebe è rimasta sulla cresta dell'onda, non certo per ragioni politiche. Negli ultimi tempi, appare ogni giorno sugli schermi televisivi grazie allo spot di Sorgenia, di cui sarà testimonial ancora per un paio d'anni. Diciamola come va detta: quella pubblicità è un irritante concentrato di ideologia.Non vende soltanto un prodotto, ma una visione del futuro che, specie in un momento come questo, suona come una presa in giro. I francesi lo chiamano «bougisme», ovvero «il culto del movimento fine a sé stesso. In mancanza di una causa per cui battersi si celebra la novità». Lo spot in questione è una sorta di professione di fede nell'«innovazione».Probabilmente l'avete presente. La fresca voce di Bebe scandisce il testo: «C'era un tempo in cui», inizia, «le energie pulite non esistevano. Non c'erano auto elettriche, auto da condividere». L'elogio del car sharing si tramuta in un peana a favore della gig economy, l'economia dei lavoretti. Nell'orrendo mondo passato, dice Bebe, non c'erano «voli per le tasche di tutti». Certo, che non c'erano, perché non esisteva il modello di business chiamato low cost, ovvero «servizi poco meno che scadenti forniti a clienti impoveriti da dipendenti sottopagati». Nel mondo precedente la rivoluzione digitale mancavano i voli economici, ma non c'erano nemmeno ragazzi costretti a scorrazzare in bici per consegnare pasti a domicilio allo scopo di intascare pochi euro l'ora. Del resto, non c'erano nemmeno così tanti disoccupati. Gli italiani avevano un potere d'acquisto maggiore, e non c'era bisogno che qualcuno spiegasse loro quanto è fico essere poveri parlando di «economia frugale» o «decrescita felice». Sicuro, dice ancora Bebe nello spot, un tempo «non gestivi i tuoi soldi con un clic». Già, però quando andavi in banca c'erano ancora gli sportelli, e non un paio di dipendenti (gli altri sono «esuberi») dietro una scrivania che cercano di venderti viaggi, auto o prodotti finanziari sotto forma di cappio. «Non c'erano persone magiche», prosegue Bebe, e il riferimento è ai robot, cioè quelli che ci stanno mangiando posti di lavoro manco fossero a un banchetto nuziale.Ma che volete, il passato fa comunque schifo. Perché, spiega la nostra campionessa, c'è stato «un tempo in cui chi era diverso non esisteva», e qui compare l'immagine di una coppia gay, come quelle che noleggiano uteri pagando fior di quattrini per mettere al mondo bimbi «figli di due madri» o «due padri». Già, un tempo, «i padri stavano in ufficio e le donne a casa». Ora invece i padri stanno a casa perché perdono il lavoro, le donne vanno a lavorare e nella gran parte dei casi rinunciano a essere madri. Sì, un tempo «le case andavano a carbone», mentre oggi cercano persino di convincerti a non comprarla, una casa: meglio non mettere radici, non si sa mai. Alla fine dello spot, con evitabile giovanilismo, Bebe Vio conclude: «Domani è una figata». Può darsi che domani sia bellissimo. È oggi che fa un po' schifo.
Kaja Kallas (Ansa)
Nella Commissione Ue si deplora il livello «rivoltante» di corruzione in Ucraina. Lo scandalo mazzette rafforza la posizione di Orbán e il veto belga sull’uso degli asset russi. Kallas invece rimane coi paraocchi.
In Europa faticano ad ammetterlo e c’è pure chi - tipo Kaja Kallas, che smania per farci indossare gli elmetti - tiene su i paraocchi. Ma la verità è che lo scandalo delle mazzette in Ucraina ha rotto qualcosa nell’idillio tra Kiev e Bruxelles. Con l’opinione pubblica già stressata dall’ossessiva evocazione di un grande conflitto contro la Russia, messa di fronte alla prospettiva di un riarmo a tappe forzate, anche al prezzo della macelleria sociale, diventa complicato giustificare altre liberali elargizioni a Volodymyr Zelensky, con la storiella degli eroi che si battono anche per i nostri valori.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
S’incrina il favore di cancellerie e media. Che fingevano che il presidente fosse un santo.
Per troppo tempo ci siamo illusi che la retorica bastasse: Putin era il cattivo della storia e quindi il dibattito si chiudeva già sul nascere, prima che a qualcuno saltasse in testa di ricordare che le intenzioni del cattivo di rifare la Grande Russia erano note e noi, quel cattivo, lo avevamo trasformato nel player energetico pressoché unico. Insomma la politica internazionale è un pochino meno lineare delle linee dritte che tiriamo con il righello della morale.
L’Unesco si appresta a conferire alla cucina italiana il riconoscimento di patrimonio immateriale dell’umanità. La cosa particolare è che non vengono premiati i piatti – data l’enorme biodiversità della nostra gastronomia – ma il valore culturale della nostra cucina fatta di tradizioni e rapporto con il rurale e il naturale.
Antonio Tajani (Ansa)
Il ministro degli Esteri annuncia il dodicesimo pacchetto: «Comitato parlamentare informato». Poco dopo l’organo smentisce: «Nessuna comunicazione». Salvini insiste: «Sconcerto per la destinazione delle nostre risorse, la priorità è fermare il conflitto».
Non c’è intesa all’interno della maggioranza sulla fornitura di armi a Kiev. Un tema sul quale i tre partiti di centrodestra non si sono ancora mai spaccati nelle circostanze che contano (quindi al momento del voto), trovando sempre una sintesi. Ma se fin qui la convergenza è sempre finita su un sì agli aiuti militari, da qualche settimana la questione sembrerebbe aver preso un’altra piega. Il vicepremier Matteo Salvini riflette a fondo sull’opportunità di inviare nuove forniture: «Mandare aiuti umanitari, militari ed economici per difendere i civili e per aiutare i bambini e sapere che una parte di questi aiuti finisce in ville all’estero, in conti in Svizzera e in gabinetti d’oro, è preoccupante e sconcertate».






