2022-09-20
Le promesse tradite del governo sul gas
Ursula von der Leyen e Christine Lagarde (Ansa)
Altro che sostegno alla liquidità, Christine Lagarde diffonde dettagli sul «punteggio climatico» dei bond: acquisti tra chi inquina meno. In Italia le aziende aspettano ancora, per un decreto da riscrivere, i 2 miliardi di metri cubi di gas a basso prezzo promessi a marzo.Su energia ed economia, viene da chiedersi in che situazione saremmo senza la burocrazia che ingolfa le scelte giuste e senza l’ottusità ideologica dell’autocrazia Ue che si accorge della realtà solo quando è crollata sotto i piedi. La domanda è purtroppo retorica. Staremmo meglio. Eppure vale la pena farsi del male ed entrare nei dettagli per cercare di comprendere quanto l’inflazione e i costi dell’energia possano risentire in negativo delle prossime scelte. Ad esempio quelle della Bce. Ieri la banca centrale, guidata da Christine Lagarde, ha pubblicato alcuni dettagli relativi al punteggio da assegnare ai bond societari per decarbonizzare gradualmente gli asset che detiene in portafoglio per effetto degli acquisti di politica monetaria (sia il residuale Quantitative easing sia il Pepp). Un percorso che si «propone di attuare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e di neutralità climatica dell’Ue e ridurre l’esposizione dell’eurosistema al rischio finanziario legato al clima. Il via all’operazione di decarbonizzazione del portafoglio era stato dato a luglio dal Consiglio direttivo, che aveva deciso di riorientare gli acquisti di obbligazioni verso emittenti con una migliore performance climatica». Per capirsi meglio, il punteggio climatico complessivo che verrà utilizzato per le partecipazioni obbligazionarie combina tre elementi: un punteggio per le emissioni passate degli emittenti (retrospettivo) che esamina le prestazioni rispetto ai competitor e a tutti gli emittenti idonei; un punteggio per l’obiettivo previsionale, che assegna un punteggio più alto agli obiettivi più ambiziosi; un punteggio per l’informativa sul clima che consente di dare una votazione migliore agli emittenti che danno un’informativa di alta qualità. In base ai voti la Bce deciderà il peso delle obbligazioni in portafoglio. Inutile dire che le società che inquinano meno saranno in cima alla lista.Inoltre, l’eurosistema utilizzerà il punteggio climatico anche per adeguare le proprie offerte sul mercato primario, favorendo gli emittenti con un migliore score. Esattamente il contrario di quanto sta avvenendo negli Stati, il cui comparto finanzario ha compreso che la crisi inflattiva, la guerra e le battaglie attorno alle materie prime impongono un ritorno al sano equilibrio e un addio all’ecologismo spinto. Il nuovo governo della Gran Bretagna ha fatto lo stesso. Suona, dunque, lugubre la decisione della Bce di insistere sulla medesima strada. Non fosse altro che le direttive che l’Ue dovrebbe approvare il mese prossimo inseriranno nuove tasse pure sulle rinnovabili e soprattutto un ritorno forzoso al carbone. Indispensabile per tappare i buchi del gas.Quindi, che dovranno fare le aziende europee? Contribuire alla bilancia energetica e al tempo stesso pagare più tasse delle concorrenti extra Ue ritrovandosi, infine, penalizzate pure sul fronte finanziario. Eppure il rischio di una ondata di insolvenze nel comparto dei trader e delle utility è assai elevato. L’abbiamo scritto decine di volte e ieri sul tema è intervenuto pure Andrea Enria. Il supervisore della Bce ha ricordato: «Stiamo spingendo le banche a concentrarsi molto sulla concentrazione delle esposizioni verso settori particolarmente dipendenti dall’energia e fragili agli choc energetici. Chiediamo alle banche di rivedere le loro proiezioni patrimoniali in scenari gravi e avversi». Saranno sole a sostenere la tempesta? Temiamo di sì anche perché sul fronte italiano, al di là dei crediti d’imposta e degli incentivi, le aziende continuano a rimanere nel limbo della burocrazia e nell’indecisione di un governo che spera a sua volta di avere risposte da Bruxelles. Così l’opportunità di fornire gas a prezzo scontato direttamente dalla produzione tricolore è ferma addirittura dallo scorso marzo. A darne la notizia è il Mattino di Napoli che ieri ha riportato in un articolo la denuncia di Assorisorse. Il decreto energia partorito a marzo prevede la possibilità di assegnare a prezzi calmierati due miliardi di metri cubi. Le aste in primavera sono andate deserte. Nei giorni scorsi il Gse si è rimesso in movimento e il ministro Roberto Cingolani si è spinto addirittura a promettere un aumento della portata. Da due a sei miliardi metri cubi. La provenienza sarebbe l’Adriatico e il Canale di Sicilia.Risolto il tema del Gse, a bloccare la vendita a prezzi calmierati è un decreto fermo nel cassetto, per metà da riscrivere in modo da allinearlo ai precedenti decreti sul Pitesai. Ritardi che si sommano agli interventi contenuti nell’Aiuti ter e al decreto sul gas realese ancora da produrre. Stando alla denuncia, quest’ultimo sarebbe in ritardo perché il governo italiano ha deciso di attendere la scelta di Bruxelles di fissare il tetto al gas. La riunione non sarà prima del 9 ottobre e soprattutto è molto difficile che si concluda qualcosa, vista l’impossibilità di convincere produttori di mezzo mondo a tagliarsi i compensi.Ne risulta, in breve, che la promessa di approvvigionamenti a prezzi accessibili resti ancora sulla carta e l’allarme dei posti di lavoro persi si concretizzi giorno dopo giorno. Il quotidiano di Confindustria ha lanciato l’alert di viale dell’Astronomia: «Nel 2023 a rischio più di 580.000 posti di lavoro». A quel punto il gas a prezzo basso non servirà più, tanto le aziende costrette a licenziare o usare la cassintegrazione avranno macchinari o forni spenti.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)