
A differenza del governatore Mario Draghi il numero due, Vitor Costancio, spiega che i saldi intramonetari del Target 2 non equivalgono a un debito ma solo a un valore contabile. Se un Paese dovesse abbandonare la moneta unica, questo andrebbe in carico alla banca nazionale.Due miliardi in meno. Nel mese di marzo le passività dell'Italia registrate dal cervellone dei pagamenti dell'Eurozona, il cosiddetto Target 2, sono scese a 442,4 miliardi di euro ripiegando dal massimo storico di 444,4 miliardi registrato a febbraio. Come noto, e come più volte spiegato dalla Verità, Target 2 è il termometro delle fughe di capitali dal nostro Paese, che nel periodo della crisi ha visto esplodere il suo passivo così come la Germania ha segnato un aumento esponenziale degli attivi. Proprio Target 2 è stato in passato oggetto di importanti prese di posizione da parte del presidente della Bce, Mario Draghi, che ha paragonato il funzionamento del meccanismo al conto da pagare per uscire dalla moneta unica. La faccenda è stata oggetto di interrogazioni e audizioni all'Europarlamento. Da ultimo, lunedì, il vicepresidente della Bce, Vitor Constâncio, è intervenuto lunedì di fronte alla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo (Econ) in occasione della presentazione dell'Annual report 2017 della Bce.Durante l'audizione sono stati posti due quesiti, uno da parte di Wolf Klinz (Germania, Alde), l'altro da parte di Gerolf Annemans (Belgio, Enl). I due eurodeputati hanno chiesto chiarimenti a Constâncio riguardo alla natura dei saldi Target 2 e alle eventuali conseguenze in caso di uscita di un paese dalla moneta unica. Un dibattito che in Germania ultimamente ha preso molto piede, mostrando che pezzi di establishment economico prendono seriamente in considerazione l'ipotesi di un break up, e ragionano su come limitare danni e costi per Berlino. Secondo gli ultimi dati come detto lo squilibrio non accenna a calare: la Germania vanta un saldo positivo di oltre 900 miliardi di euro, il Lussemburgo di 191 miliardi e i Paesi Bassi di 122 miliardi. I paesi con il maggiore saldo negativo sono Italia, Spagna (398 miliardi), Portogallo (82), Grecia (54).Rispondendo a un'interrogazione presentata dall'europarlamentare italiano Marco Zanni, Mario Draghi nel gennaio 2017 aveva risposto che «se un Paese lasciasse l'Eurosistema, i crediti e le passività della sua Bcn nei confronti della Bce dovrebbero essere regolati integralmente», evitando di precisare le modalità attraverso le quali questo sarebbe dovuto avvenire. Successivamente, rispondendo a Henkel, l'11/04/2018, Draghi scrive che «come ho avuto modo di illustrare durante l'audizione dinanzi all'Econ il 6 febbraio scorso e in diverse occasioni precedenti, l'euro è irrevocabile. Questo principio è sancito dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Di conseguenza, non è appropriato che la Bce conduca una riflessione su ipotesi non previste dal trattato»Rispondendo sempre a Zanni, il 6 giugno 2017, lo stesso Draghi ha ribadito il concetto, dichiarando che «l'euro è irrevocabile e non è opportuno che la Bce intraprenda riflessioni su ipotesi non previste dal Trattato». Il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, nell'ottobre scorso, ha invece precisato che «l'euro è la moneta unica dell'Unione europea, salvo per gli Stati membri che beneficiano di una deroga in conformità dei trattati. Quando l'euro diventa la valuta di uno Stato membro, si tratta di un processo irreversibile. Il presidente Draghi non è in contraddizione con la posizione della Commissione in materia».Ora le risposte di Constâncio pongono un problema non di poco conto. Di fatto il numero due dell'Eurotower è meno tranchant sull'irreversibilità dell'euro. Per il portoghese la decisione, per quanto abbia risvolti potenzialmente drammatici, è contemplabile e spetta al singolo Stato membro. Un'affermazione che sembra contraddire quanto ha affermato Draghi. Rispetto al Target2, Constâncio ha spiegato che si tratta di un meccanismo che fa parte della natura stessa dell'Ue e riflette i flussi di valuta da un paese all'altro. Non rappresentano né debiti o crediti, né una forma di finanziamento. Sono semplicemente movimenti contabili. Qualora un paese dovesse uscire dall'euro, la banca centrale del singolo Paese erediterebbe il saldo Target2. Cosa vuol dire, in concreto? La prima ipotesi potrebbe essere una semplice negoziazione del saldo nella nuova valuta. Un'ipotesi tecnicamente fattibile, come prova il fatto che al sistema Target2 appartengono paesi che non adottano l'euro, cioè Bulgaria, Danimarca, Croazia, Polonia, Romania. L'altra eventualità, citata da Constâncio, riguarda invece il semplice spostamento del saldo sulla contabilità della banca centrale che esce dall'euro. Ovvero: la banca centrale (ad esempio Bankitalia) potrebbe stampare nuova moneta, come nel caso dell'Italia che presenta un debito. Nell'eventualità che un Paese con un credito, come la Germania, decida di lasciare l'unione monetaria, il vice presidente della Bce ha chiarito che sarebbe l'Eurotower stessa a farsi carico dell'ammanco. Constâncio ha poi sottolineato che l'andamento dei saldi riflette il programma di acquisto di titoli (Quantitative easing), il che naturalmente sposta i saldi in favore dei Paesi core. In sostanza, il Qe sotto questo aspetto finisce con l'acuire gli squilibri interni. Altro elemento non proprio a favore della stabilità dell'eurozona.
Guido Crosetto (Cristian Castelnuovo)
Il ministro della Difesa interviene all’evento organizzato dalla «Verità» dedicato al tema della sicurezza con i vertici del comparto. Roberto Cingolani (Leonardo) e Nunzia Ciardi (Acn): bisogna prevenire le minacce con l’Ia.
Mai, come nel periodo storico nel quale stiamo vivendo, il mondo è stato più insicuro. Attualmente ci sono 61 conflitti armati attivi, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, che coinvolgono oltre 92 Paesi. Ieri, a Roma, La Verità ha organizzato un evento dal titolo «Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti», che ha analizzato punto per punto i temi caldi della questione con esponenti di spicco quali il ministro della Difesa Guido Crosetto intervistato dal direttore della Verità, Maurizio Belpietro.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.






