2018-06-05
Bastone e carota: tasse alle imprese giù ma più contributi per le pensioni
Per copirire Ape social e quota 100, si tratta sui costi per le imprese. Il governo pensa di far ricadere sulle aziende parte delle uscite anticipate istituendo un fondo di solidarietà sul modello bancario prelevando lo 0,3% sul lordo in busta paga. Anticipo pensionistico destinato a sparire.L'incentivo della flat tax: imposte giù dal 2019. La Lega vuol fare sul serio sulla riduzione delle tasse, la burocrazia ministeriale pone problemi di coperture. L'anno prossimo si partirebbe con le imprese. Il Pd fa sapere: «Già fatto da Matteo Renzi». Dibattito sullo «sconto» per le famiglie: più facile partire dal 2020.Lo speciale contiene due articoliLa posizione leghista sulle pensioni prende forma. A buttare lì qualche dettaglio in più è l'ex sottosegretario al Welfare ai tempi di Silvio Berlusconi, Alberto Brambilla. Innanzitutto in termini di costi. Modificare la legge Fornero secondo l'esponente del Carroccio costerà 5 miliardi di euro all'anno e non 20 come sostiene il numero uno dell'Inps, Tito Boeri. «L'idea di mandare in pensione chi ha almeno 64 anni e 36 di contributi, oppure 41 anni di contributi a prescindere dall'età (purché si escludano i contributi figurativi)», spiega in un'intervista l'esperto di pensioni leghista, «permetterà di superare lo scalone Fornero». Ovviamente lo schema prevede tanti altri gradini. Perché non basta girare la spesa pubblica e invertirla. La popolazione invecchia e la produttività non cresce. Sul modello bastone e carota, il governo pensa di far ricadere sulle aziende una parte delle uscite anticipate. L'idea sarebbe quella di istituire per le diverse categorie produttive un fondo di solidarietà sul modello bancario. Ovvero alimentare i panieri pensionistici con il prelievo dello 0,3% sul lordo versato in busta paga. Senza contare che l'Ape social sarebbe destinata a sparire. Il che consentirebbe un minore esborso annuale di circa 1,5 miliardi all'anno. Al tempo stesso, verrebbero penalizzati tutti coloro che arrivano a fine corsa lavorativa con grande impegno fisico. In discussione anche Opzione donna, che vedrebbe uno spostamento della stanghetta per il ritiro dalla fascia attiva almeno due anni più in là nel tempo. L'ipotesi leghista troverebbe già una posizione contraria nel fronte dei 5 stelle che vorrebbe sostenere le categorie dei lavoratori usurati. Secondo quanto risulta alla Verità, la posizione grillina dovrebbe però essere di mera facciata perché il partito di Luigi Di Maio ha la necessità di portare a casa il reddito di cittadinanza. Sarebbe dunque disposto a barattare talune garanzie pensionistiche a favore della promessa elettorale che gli ha garantito i voti del Sud. Il neoministro del Lavoro e dello Sviluppo ieri ha insistito apertamente sul reddito di cittadinanza e sulla pensione di cittadinanza, ma prima di arrivare a queste misure servirà tempo e la loro previsione potrà avvenire semmai con la legge di Bilancio in autunno. Sull'alleggerimento della legge Fornero, invece, soprattutto la Lega (ma anche i 5 stelle) spinge per fare presto e dare un segnale fin dalle settimane a venire. Da qui il pressing per inserire in un decreto legge ad hoc, da varare tra fine giugno e inizi luglio, un primo pacchetto di interventi specifici: tutti quelli descritti sopra che in comune hanno l'accresciuto ruolo dei privati.Il governo non parla in alcun caso di taglio al cuneo fiscale, ma semplicemente di intervenire sulle tasse dirette con l'obiettivo di creare una Flat tax dedicata alle imprese. In pratica da un lato si lima il prelievo e dall'altra si carica la contribuzione previdenziale ancor più sulle spalle delle aziende. Tertium non datur. A meno che non si voglia sforare il deficit previsto. Ma quest'anno sembra da escludere, dal momento che la manovra di ottobre dovrà trovare circa 15 miliardi per sterilizzare le clausole di salvaguardia ed evitare che dal prossimo gennaio aumenti l'Iva. C'è poi un enorme capitolo relativo ai contratti di lavoro. Le dichiarazioni di ieri rientrano ancora tutte nel post campagna elettorale. A sentire parlare Luigi Di Maio, ogni tanto si ha l'impressione che i toni siano ancora quelli dell'opposizione. Anche Brambilla nella l'intervista rilasciata a Repubblica ha buttato sul tavolo alcune tematiche senza tirare le fila. Quanto al Jobs act, ha dichiarato l'esponente leghista, «ha cose buone, ma va destrutturato. Bisogna scendere da 1.000 pagine a un nuovo Statuto del lavoro di 30-40. Poi ridurre la precarietà, cancellando il decreto Poletti. Non toccherei l'articolo 18. Ma ripristinerei i voucher da 10 euro, limitati ai settori originari: agricoltura, babysitting, giardinaggio, pulizie. Fisserei il salario minimo orario a 9 euro. E abolirei gli sgravi sulle assunzioni dei giovani che non funzionano». Siamo curiosi di capire quale sarà l'approccio alle politiche attive di inserimento. Di Maio ha annunciato di voler riunire tutti i presidenti di Regione per discutere dei centri per l'impiego (che dipendono dagli enti locali). Come verranno modificati non è ancora dato sapere. Di certo Garanzia giovani non ha funzionato e gli ultimi interventi a base di incentivi fiscali hanno finito con il minare il praticantato unico schema ben congegnato, perché prevede investimenti di lungo termine e vere scommesse sulla professionalità dei singoli lavoratori.Claudio Antonelli<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/bastone-e-carote-flattax-fornero-2575176048.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-carota-della-flat-tax-imposte-giu-dal-2019" data-post-id="2575176048" data-published-at="1757899365" data-use-pagination="False"> La carota della flat tax: imposte giù dal 2019 La giornata di ieri, caratterizzata dalle polemiche sulla flat tax, ha chiarito due cose. La prima: il governo Lega-M5s si è dato un orizzonte temporale di lungo respiro, tanto è vero che la modulazione della flat tax è già scadenzata sui prossimi due-tre anni. La seconda: la Lega fa sul serio sulla riduzione delle tasse, i cervelloni del Carroccio stanno lavorando giorno e notte per mettere a punto la strategia giusta per concretizzare il cavallo di battaglia di Matteo Salvini in campagna elettorale e per superare le obiezioni e le perplessità dell'apparato burocratico, il cui sostegno è indispensabile per tradurre in provvedimenti di governo le proposte contenute nel «contratto». Giovedì e venerdì scorso, in particolare, stando a indiscrezioni attendibili, lo staff del «premier ombra» Giancarlo Giorgetti avrebbe preso contatto con il Dipartimento affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio, il cosiddetto «Dagl», santuario di Nostra Signora Burocrazia. Gli uomini di Giorgetti avrebbero informato il Dagl della volontà ferrea di aprire al più presto il capitolo flat tax del contratto di governo, ricevendo risposte cortesi quanto rigide: «Ci vogliono le coperture». Ieri, tre autorevolissimi economisti del Carroccio, Alberto Bagnai, Armando Siri e Claudio Borghi, hanno animato il dibattito su questo delicatissimo fronte. Ospite di Agorà su Rai 3, Alberto Bagnai ha lanciato il classico sasso nello stagno: «Mi sembra», ha detto il parlamentare della Lega, «che ci sia un accordo sul fatto di far partire la flat tax sui redditi di impresa a partire dall'anno prossimo, il 2019, e poi a partire dal secondo anno, dal 2020, si prevede di applicarla alle famiglie. Peraltro parlare di flat tax diventa improprio perché implicherebbe una aliquota unica, invece dalla mediazione con il M5s è emerso un modello con due scaglioni di reddito. L'Italia è in una situazione di gravissima crisi economica, nel 2021 il reddito pro capite sarà quello del 2003. Il ricorso al deficit per stimolare l'economia», ha sottolineato Bagnai, «riteniamo che possa essere accettato in sede europea». Dunque, il taglio delle tasse per le imprese è la priorità assoluta della Lega di governo. La possibilità di ricorrere al deficit è stata oggetto anche dei primi colloqui informali con la burocrazia di Palazzo Chigi. Sforbiciare le tasse sulle imprese consentirà agli imprenditori di assumere e investire, mettendo in circolazione denaro fresco, destinato a far aumentare i consumi e, quindi, in prospettiva, a far entrare più soldi nelle casse dello Stato. Le parole di Bagnai hanno provocato una sventagliata di critiche da parte della sinistra, che ha accusato l'economista del Carroccio di fare marcia indietro e, udite udite, di copiare quanto fatto dal governo guidato da Matteo Renzi. «Sulla flat tax», ha scritto il reggente del Pd, Maurizio Martina, su Twitter, «continua la presa in giro degli italiani da parte di Lega e M5s. Sulle imprese fanno finta di non sapere che abbiamo già fatto noi: Ires (dal 27,5 al 24%) e Iri (al 24% per le Pmi)». Numerosi anche gli attacchi da parte di Forza Italia, in particolare sul presunto «rinvio» della flat tax per le famiglie. Quelli del Pd, dimenticano un piccolo dettaglio: se è vero che l'Ires è stata portata al 24%, la flat tax prevede che l'aliquota scenda al 15% per i redditi fino a 80mila euro e al 20% per quelli superiori. Quindi, il taglio delle tasse per le imprese previsto dalla Lega e dal M5s è sostanzioso. Non solo: anche il presunto «rinvio della flat tax per le famiglie», denunciato dalle opposizioni è tutt'altro che inevitabile. La discussione è in pieno svolgimento, come dimostra quanto affermato da Armando Siri, altro esponente della Lega: «Non è vero», ha detto Siri ad Affaritaliani.it, «che dal prossimo anno la flat tax entrerà in vigore solo per le imprese, ma ci sarà anche per le famiglie. Poi tutto sarà a regime per il 2020. Si deve partire», ha spiegato Siri, «con degli step: il sistema è diverso perché la flat tax per le imprese c'è già e noi la estendiamo anche a società di persone, partite iva e così via. È una riforma storica perché viene trasferito a 5 milioni di operatori quello che oggi è solo per 800.000 imprese. Fino ad oggi», ha precisato Siri, «solo le società di capitali hanno la flat tax. Poi per le famiglie cominceremo già dal 2019 con dei parametri che andranno a perfezionarsi nel 2020 fino a completarla». In sostanza, al di là delle schermaglie da talk show, quello che è certo è che la Lega non ha perso un solo istante, e vuole assolutamente varare il taglio delle tasse già con la prossima legge di Stabilità. «La cosa più semplice», ha sintetizzato un altro autorevole economista della Lega, Claudio Borghi, a Sky, «è la riduzione dell'Ires alle imprese e l'estensione alle partite Iva. Cambiare completamente il fisco non è cosa da poco, siamo a giugno e non abbiamo ancora la fiducia e non ci sono ancora le commissioni parlamentari». Carlo Tarallo
Jose Mourinho (Getty Images)