2019-12-25
Basta con le balle della lobby vegana. La carne fa bene (anche all’ambiente)
Un libro demolisce i pregiudizi contro la dieta a base di proteine animali e ridimensiona pure il suo presunto impatto inquinante.Che voto ha la bistecca fiorentina sul nutri score, la pagellina Ue che individuerà i cibi «buoni» e metterà allo scoperto quelli «cattivi»? Non lo sappiamo e francamente non ci interessa. Che la carne sia da tempo nel mirino del salutismo politicamente corretto non è del resto un mistero. Sul tema non mancano ricerche, studi e rapporti allarmistici citati un po' a casaccio e rilanciati a mitraglia dalla lobby vegan. Per fare il punto della situazione in modo razionale ed equilibrato può essere d'aiuto dare un'occhiata a Carnipedia. Appunti per una piccola enciclopedia della carne, un agevole saggio appena uscito per i tipi di Franco Angeli. L'autore è Giuseppe Pulina, ordinario di Zootecnia speciale presso l'università di Sassari e presidente di Carni sostenibili. Pulina ci spiega, con dovizia di dettagli tecnici, quello che le nostre nonne, che di carne ne avevano mangiata poca per altri motivi, già sapevano da tempo e cioè che maiale, vitello, pollame, agnelli costituiscono «lo scrigno di composti bioattivi di importanza fondamentale per il corretto funzionamento del nostro corpo». Ad esempio, «fra le vitamine contenute nelle carni, quelle presenti in concentrazioni maggiori sono la vitamina A, la D, la B2, B6, B12, PP, l'acido folico, la vitamina K e i tocoferoli. Fra queste, due sono particolarmente importanti: la vitamina D, essenziale per lo sviluppo e la salute dell'apparato scheletrico, e la B12, il cui ruolo si esplica soprattutto nella formazione di globuli rossi, nel metabolismo degli acidi grassi e nella formazione della guaina mielinica delle cellule nervose. La carne è uno dei pochi alimenti in grado di fornire dosi adeguate di questi due composti indispensabili per il corretto funzionamento del nostro organismo. Fra i minerali, infine, ricordiamo: il ferro, apportato dall'emoglobina e perciò altamente digeribile e assimilabile dall'uomo, arcinoto per le sue proprietà antianemiche e legate al rafforzamento delle capacità cognitive di bambini e anziani; lo zinco, componente fondamentale di enzimi che esplicano attività molto importanti nel sistema immunitario; il selenio, da considerare un minerale di enorme importanza in virtù del ruolo che gioca nella regolazione di alcune funzioni fisiologiche e come parte integrante delle selenio proteine, componente del sistema antiossidante».Carnipedia non ignora le complesse questioni etiche che pendono sulla dieta carnivora, né le ragioni di chi chiede allevamenti più sostenibili, per gli animali stessi e per l'ambiente. Fornisce però anche dei dati che contribuiscono a inquadrare la questione da punti di vista meno retorici. È il caso di quella ricerca australiana che «afferma che per coltivare 1 ha di granaglie si uccidono con grande sofferenza 55 vite senzienti (topolini e altri piccoli mammiferi o marsupiali) rispetto alle 2,2 di bovini/ha destinati a un sacrificio rapido. E ciò è valido anche nel caso in cui le granaglie si usino per l'ingrassamento dei bovini o degli ovini in quanto la gran parte del peso vivo si ottiene dall'erba dei pascoli. Insomma, parlare di bene o di male nell'uccisione di un animale è un discorso meno banale di quanto si creda». L'autore pone anche una domanda apparentemente assurda, ma la cui risposta è meno scontata di quanto si possa pensare: «Cosa farebbe un animale se potesse liberamente optare se stare libero al pascolo o confinato in una stalla? Gli animali fanno come noi, scelgono l'opzione che garantisce loro maggiore benessere. Alcuni esempi concreti. Quando messe a scegliere fra pascolo e stalla, le vacche hanno mostrato un comportamento opportunista, prediligendo il pascolo di notte al fresco e la stalla durante le assolate ore del giorno. Tuttavia, sono tornate alla mangiatoia alle ore stabilite per la foraggiata, pratica meno dispendiosa del pascolamento per unità di alimento disponibile». Anche riguardo alla preoccupazione centrale di questi tempi, ovvero la questione ecologica, la vulgata veg si scontra con tutta una serie di dati che rendono il problema molto più complesso (pensiamo solo alle recenti problematiche sollevate circa l'impatto ambientale di alimenti come soia, tofu o mandorle, centrali nelle diete senza carne). Scrive Pulina: «Limitandoci al nostro Paese (a salvare il mondo ci penseremo un'altra volta), per produrre 1 kg di carne bovina (la più impattante), si emettono in media 13 kg di CO2 equivalenti che, se confrontati con un solo volo di andata da Roma a Bruxelles che ne riversa nell'aria mezza tonnellata, fa una bella differenza: tutto il nostro consumo annuo di questa carne produce un impatto inferiore ad un unico spostamento». Certo, ci sono fior di ambientalisti per cui questa distinzione non ha senso, dato che propongono di abbandonare sia la carne che l'aereo. Resta comunque da capire come l'abbandono degli spostamenti aerei possa conciliarsi con l'idillio global, il sogno Erasmus e il razzismo che «si combatte viaggiando», tanto per citare molti dei luoghi comuni che spopolano nel milieu ambientalista. Ma torniamo agli allevamenti: «Sempre per 1 kg di carne bovina», leggiamo ancora in Carnipedia, «si consumano da 750, nei casi migliori, a 7.000 in quelli peggiori, litri di acqua; ma badiamo bene, ciò accade in ambienti irrigui in cui l'attingimento da falde, fiumi e laghi è massimo. Nel Nord Italia, invece, i consumi sono decisamente inferiori e in linea con quelli necessari per la produzione di altri cibi, dato che l'acqua piovana che irriga le foraggere è la stessa che irriga il frumento ed entrambe non entrano nel conteggio dell'impronta idrica (water footprint)». È comunque degno di nota che, dopo pagine e pagine di coefficienti nutritivi, dettagli anatomici animali, ricerche zootecniche, Pulina ricordi le ragioni culturali profondi che legano gli italiani all'allevamento dei bovini. Il nome «Italia», infatti, deriva come noto da quello del vitello. Già nell'antica Grecia, Ellanico raccontava la leggenda secondo cui, mentre Eracle traversava l'Italia per condurre nell'Ellade la mandria rapita a Gerione, gli fuggì un capo di bestiame. Da qui sarebbe nata un'affannosa ricerca dell'animale perduto. Avendo saputo il semidio che, secondo l'idioma indigeno, la bestia aveva nome vitulus, chiamò Vitalia tutta la regione. L'Italia è la terra dei vitelli, quindi la terra della vita. Altro che fuffa veg.
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