
Beppe Grillo è stato il principale sponsor del matrimonio d'interesse con il Pd, che per i sostenitori del Movimento era indigeribile: in Umbria si è visto. Luigi Di Maio tenta di invertire la rotta, però lo sprofondo è anche colpa sua. «Pensavo peggio…». Il post dal sen sfuggito a Beppe Grillo dopo la sconfitta in Umbria viene subito rimosso dal blog forse perché a fare la figuraccia è stato soprattutto lui, il fondatore del Movimento 5 stelle, primo sostenitore dell'alleanza fallimentare col Pd che ha fatto rimediare al M5s un misero 7,4% di consensi. A sostituire la riflessione un altro post, anzi un video musicale, Black hole sun, il brano dei Soundgarden il cui filmato ritrae il mondo risucchiato da un buco nero. A sprofondare in quel buco, oltre al comico genovese, c'è il capo politico pentastellato, Luigi Di Maio, che dopo la fine dell'alleanza con Matteo Salvini nel governo gialloblu, si è lasciato convincere da scelte in cui non credeva davvero. Ma si sa, quando un movimento di lotta diventa di governo, non ha più tanta forza di lottare, più facile restare attaccati alle poltrone come ha dimostrato anche lo stesso premier Giuseppe Conte, altra scelta super sponsorizzata da Grillo e Di Maio e che ora rischia di far saltare il suo governo bis. Anche se Giggino continua a difendere Giuseppi, blindando il governo ma aprendo a un nuovo contratto («Penso che sia meglio dettagliare di più il programma dell'esecutivo»), non manca chi mette sotto accusa «l'effetto Conte», tanto da sottolineare: «Tutto il governo ha fatto campagna in Umbria ma evidentemente non basta». E se da una parte si programma di «ricostruire dalle macerie», dall'altra qualcuno ragiona «su estremi rimedi, cioè astenendosi dal partecipare in quelle Regioni in cui il Movimento deve riflettere».Comunque, che l'esperimento umbro non sarà né replicato né migliorato per i prossimi appuntamenti elettorali, lo ha detto lo stesso ministro degli Esteri, che ha affermato in un'intervista televisiva: «Il Pd ci fa male come la Lega, nello stare al governo insieme. Quello in Umbria era un esperimento. Tutta la teoria per cui si diceva che se ci fossimo alleati con un'altra forza politica saremmo stati un'alternativa non ha funzionato», ha aggiunto parlando di «strada impraticabile» per il patto Pd-M5s. Sul Blog delle Stelle in mattinata aveva scritto: «Il Movimento nella sua storia non aveva mai provato una strada simile. E questa esperienza testimonia che potremo davvero rappresentare la terza via solo guardando oltre i due poli contrapposti. Noi non siamo nati per inseguire il consenso, bensì per portare a casa i risultati». Tra gli sponsor dell'alleanza c'è Roberta Lombardi, per la quale «non si torna indietro» rispetto alla foto di Narni (Di Maio insieme a Conte, Roberto Speranza, Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti nell'unica uscita in campagna elettorale) anche perché quell'alleanza ha ricevuto l'imprimatur della base: su Rousseau, l'80% dei votanti si è espresso a favore della coalizione. Ma molti sono gli scettici che la pensano come Di Maio e, cioè, che in altre regioni in cui il Movimento gode di grande considerazione - vedi la Calabria - unirsi al Pd significherebbe partire con l'handicap. Per i pentastellati «ribelli» però quel 7,4% è una disfatta non giustificata soltanto dalla crisi di governo con la Lega, dall'accordo col Pd e dal test in una roccaforte da 50 anni rossa, ma, come commenta Gianluigi Paragone: «Quando non hai la coerenza di fondo poi la paghi. Avremmo fatto meglio ad andare da soli». E il senatore non accusa soltanto Di Maio ma parla di un «errore di Conte, di Fico e di Grillo». Infatti, secondo Rinaldo Vignati, ricercatore dell'Istituto Cattaneo, che ha analizzato i flussi di voto a Perugia, «gli elettori di destra hanno sentito queste regionali come un voto politico e da qui il successo della Tesei. Al contrario i grillini hanno avuto un tracollo di partecipazione. Uno su due non è andato alle urne». Dure critiche ai vertici arrivano anche da Mario Michele Giarrusso: «Questo non è il M5s per cui abbiamo lavorato tanti anni e con tanta fatica». E attacca alcuni colleghi: «Ogni volta che un attivista vede uno Spadafora, un Buffagni o una Castelli, viene colto da conati di vomito e fugge via disgustato. Dobbiamo dire basta a questi frutti avvelenati e a chi li ha coltivati, sostenuti e difesi». Carla Ruocco ha twittato: «Occorre rimettere in discussione la linea adottata e puntare sulle competenze, che nel M5s ci sono ma non sono utilizzate al meglio», mentre Barbara Lezzi lamenta: «Non sono affatto contenta del risultato. Mi fa arrabbiare. Non me lo aspettavo così deludente. In Umbria non siamo stati alternativa. Non siamo stati il cambiamento di cui c'è ancora estrema necessità. Siamo sfuggiti alla responsabilità politica. Questo è un dato di fatto di cui tutti dovremmo farci carico». L'europarlamentare Ignazio Corrao, invece, invoca il ritorno di Di Battista: «Abbiamo bisogno di lui», ha detto in tv, mentre in molti sostengono che «Di Maio deve fare un passo indietro. Vogliamo sentire il parere di Grillo e Casaleggio». Il capo del Movimento 5 stelle oggiincontra i consiglieri di Calabria ed Emilia Romagna per decidere il percorso, ma intanto chi non sente la responsabilità della batosta è proprio Conte, che ieri ha affermato: «Perché sono andato a Narni? Chi vi parla non ama i tatticismi, la convenienza personale, c'era da dare una mano, tornando indietro lo rifarei non una ma mille volte», aggiungendo che il voto in Umbria è stato un «test da non trascurare, ma che non può incidere sul governo». Infatti, «Quando nel 2023 ci confronteremo con le elezioni verremo valutati per quello che abbiamo fatto e per le promesse mantenute».
L' Altro Picasso, allestimento della mostra, Aosta. Ph: S. Venturini
Al Museo Archeologico Regionale di Aosta una mostra (sino al 19 ottobre 2025) che ripercorre la vita e le opere di Pablo Picasso svelando le profonde influenze che ebbero sulla sua arte le sue origini e le tradizioni familiari. Un’esposizione affascinante, fra ceramiche, incisioni, design scenografico e le varie tecniche artistiche utilizzate dall’inarrivabile genio spagnolo.
Jose Mourinho (Getty Images)
Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.