2023-12-03
Barbara Cimmino: «L’intimo deve modellare senza stringere»
A sinistra Barbara Cimmino. A destra, la linea Sculpt di Yamamay (Imagoeconomica-Yamamay)
La manager anima, insieme con il fratello Gianluigi, di Yamamay: «Con la linea Sculpt offriamo capi che fanno perdere una taglia garantendo allo stesso tempo la comodità. Tutto grazie alla progettazione 3D e al materiale tecnico Sensitive».Tutto è partito da un paio di leggings. Ormai dieci anni fa. Per poi diventare, nel corso degli anni, una vera e propria linea con reggiseni, slip, body, ciclisti, sottovesti, tute modellanti e una nuova versione del leggings, la Sculpt bold. Già, perché l’intera collezione si chiama Sculpt, un nome che non lascia dubbi: scolpire. E se piace di più, anche modellare, tutti termini che affascinano perché sai che il corpo prenderà forme nuove fino a togliere una taglia. Insomma, una botta di felicità. Lo conferma Barbara Cimmino, head of corporate social responsability and innovation e anima, con il fratello Gianluigi, del gruppo Yamamay. Alla base, il tessuto tecnico Sensitive, brevetto di Eurojersey, un’eccellenza italiana nel settore. «Sculpt, nata nel 2013 con l’ambizioso obiettivo di coniugare estetica, funzionalità e sostenibilità, ha stabilito nuovi standard nel mondo della moda intima e dello shapewear», racconta Barbara che, proprio per festeggiare i dieci anni del prodotto, ha voluto puntare su una visita speciale nell’azienda di Gallarate (Varese). «Ci piace l’idea di far vedere come affrontare tutte le tematiche di questa transizione verde e soprattutto fare prodotti belli con impatti sia ambientali sia sociali ridotti». È un vostro punto fermo da tempo.«Sì, pensiamo a realizzare prodotti di qualità destinati a durare nel tempo per gli aspetti di resistenza all’uso e per un design all’avanguardia e che quindi non hanno necessità di essere rinnovati in continuazione. Più di tante parole è importante vedere dall’interno cosa facciamo, quali sono i criteri per la selezione dei tessuti di cui misuriamo le emissioni sugli impatti CO2 e sull’utilizzo delle risorse idriche, oltre a monitorare il percorso del prodotto, garantendo trasparenza e tracciabilità». Non solo.«Per noi la transizione verde è qualcosa di molto concreto: per l’anno fiscale 2025 dovremmo produrre il nostro primo bilancio di sostenibilità con la nuova direttiva europea, un bilancio simile a quello di esercizio ma basato ma sulla tematica della sostenibilità con indicazioni che devono essere molto puntuali. Scegliere un materiale significa non solo tenere conto della bellezza per il prodotto che si vuole progettare ma soprattutto controllare che abbia impatti ridotti rispetto a un tempo». La differenza la fa il materiale? «Senza dubbio. Uno dei pilastri di questa straordinaria linea è il tessuto tecnico elasticizzato Sensitive sculpt della gamma di tessuti Sensitive fabrics. Questo tessuto ad alto contenuto tecnico non solo offre prestazioni innovative e performanti, ma rappresenta anche un esempio virtuoso di sostenibilità ed ecodesign. Grazie alla sua capacità di essere tagliato a vivo, permette la confezione di capi senza cuciture riducendo gli sprechi di produzione». Come vengono disegnati i prodotti? «La parte di modelleria sta evolvendo verso il 3D, di grande aiuto alle aziende per ridurre il numero dei prototipi ed effettuare dei commenti sul prodotto che siano utili a chi fa il tessuto e la confezione, una collaborazione per migliorare sempre più. Il nostro leggings viene provato prima sui manichini antropometrici, poi sulle persone e successivamente sull’avatar. Qui nascono i prototipi della collezione intimo e mare. Il nostro obiettivo è quello di rendere felice chi la indossa».Modellare senza costringere: il segreto? «È una questione di tagli sartoriali e del tessuto doppiato che si adatta al corpo in modo del tutto naturale. È la prima linea non solo in Italia ma anche in Europa che modella il corpo senza stringere. Quando è nato il leggings nel 2013 abbiamo fatto prove mettendo 60 donne nel body scanner e vedendo con e senza leggings il punto vita e i fianchi che si rimodellavano con una riduzione fino a circa 2 centimetri reali. Ci sono vere misurazioni». In che modo raccontate queste straordinarie caratteristiche?«Yamamay ha collaborato con Sustainable brand platform (Sbp). Questa tech start up italiana, leader nella misurazione di impatto ambientale del settore moda, ha sviluppato con noi una Product iD card completamente digitalizzata che offre informazioni in tempo reale tramite un Qr code presente sui cartellini e sui materiali nei negozi. La iD card fornisce anche dettagli sulle componenti dei prodotti». Cosa offre la collezione? «In tutto sono 59 prodotti che noi definiamo proposte, cioè articolo e colore. Le varianti sono sempre nero e bronzè. Ne abbiamo prodotti, da quando è nato il leggings, un milione e mezzo di pezzi. Un prodotto mai andato in saldo, quindi vuol dire che dura, le ginocchia non si deformano e modella anche a distanza di tempo. È durevole proprio dal punto di vista del ciclo di vita. Parliamo di tre tipi di leggings: regolare, quello più leggero e il bold con rifiniture che riprendono i motivi dei bustini».I numeri di Yamamay? «Nella sede di Gallarate lavorano 150 persone, mentre considerando anche i negozi siamo più di 800 e siamo presenti in 36 Paesi nel mondo. Il fatturato a fine 2022 è stato di 137 milioni di euro». Siete una forza del nostro Paese. «Abbiamo un competitor strepitoso e noi al confronto siamo minuscoli ma nel nostro piccolo questo talento per l’innovazione ci viene riconosciuto. Siedo nel consiglio di Sistema moda Italia e rappresento il Paese nel board di Euratex, la confederazione europea delle associazioni tessili. Questo è il riconoscimento che ci viene dato anche dagli altri industriali tessili».
Jose Mourinho (Getty Images)