2019-02-11
Bankitalia è autonoma, non irresponsabile
La difesa d'ufficio di Ignazio Visco dopo che i gialloblù hanno chiesto di cambiare i vertici dell'istituto non tiene conto della realtà. Palazzo Koch deve rispondere per la mancata vigilanza sui crac. E ci vuole subito una riforma per eliminare i conflitti di interesse.Il governo, per il momento, non ha dato parere favorevole alla conferma di uno dei membri del direttorio di Bankitalia, il vicedirettore generale Luigi Federico Signorini. E naturalmente i gialloblù dovranno riflettere bene sulle loro mosse: anche per evitare - sarebbe un paradosso psichedelico - di commettere lo stesso errore di Matteo Renzi che, sbagliando tempi e modi del suo attacco al governatore Ignazio Visco, ottenne il risultato di facilitarne la conferma e l'imbullonamento a Via Nazionale. La maggioranza dovrà dunque darsi una strategia, anche perché a maggio verranno a scadenza pure il direttore generale Salvatore Rossi e l'altra vice Valeria Sannucci.stuporeCiò detto, appare surreale lo zelo con cui - come un sol uomo - giornaloni e opposizioni si sono schierate a corpo morto a difesa di Bankitalia. Il Corriere della Sera titola sullo «stupore di Via Nazionale» e promette schiaffi contro l'Italia già all'Eurogruppo in programma oggi; Repubblica schiera una prefica d'eccezione, l'ex premier Enrico Letta, che piange lacrime amare e lancia urla di dolore («Vogliono comprarsi l'arbitro e cancellare la democrazia»); La Stampa manda uno dei suoi inviati a Via Nazionale, che si emoziona («Atmosfera rarefatta… Palazzo Koch più austero che mai») e poi fa il postino del diktat di Visco e dei suoi («Il candidato non cambia»). Ma per tutta la giornata di ieri, hanno partecipato al lutto le opposizioni, dal Pd a Forza Italia, snocciolando citazioni dello statuto di Bankitalia, del Trattato sul funzionamento dell'Ue, e altri articoli di vari catechismi. Forse è il caso di rendere la discussione più laica e pragmatica con cinque semplici osservazioni. Primo. La Banca d'Italia è un'istituzione indipendente, e tale deve rimanere: vero, anzi verissimo. Ma non esiste un solo dizionario nel quale «indipendenza» sia tradotto con «irresponsabilità». È possibile o no discutere politicamente di come una funzione sia stata esercitata? Oppure siamo dinanzi a un tabù, a un articolo di fede, a una funzione «sacerdotale»? Secondo. Si può ricordare o no che la Banca d'Italia ha per anni cantato la canzone della «solidità del nostro sistema bancario», negando problemi e fragilità, e concorrendo al clima che ha portato larghi settori politici all'accettazione del bail in mentre eravamo impreparati, dicendo no a una tempistica meno accelerata? E si può dire che Bankitalia, come quasi tutta la politica italiana, ha per anni sottovalutato il modo in cui si andavano costruendo segmenti di unione bancaria, da parte di un'Ue protesa a tutelare le banche francesi e tedesche e invece severissima verso quelle italiane?Terzo. Si può dire che, accanto alla Consob, anche Via Nazionale ha clamorosamente fallito la sua missione di vigilanza? Negli ultimi tre anni e mezzo ci sono state una dozzina di crisi bancarie che hanno comportato l'azzeramento totale del capitale. Si potrà mettere in discussione il buon operato di chi era chiamato a vigilare? Quarto. Si potrà avanzare (La Verità è l'unico quotidiano ad aver dato spazio anche a questa tesi ragionevolissima, perfino banale, largamente praticata all'estero, e «choccante», in Italia, solo per i cultori dello status quo) la proposta di affrontare il nodo di quella sorta di «conflitto di interessi» in cui si trova la Banca d'Italia, nel momento in cui esercita sia le funzioni di vigilanza sia quelle di risoluzione delle crisi? Molto spesso, in altri Paesi, queste funzioni sono ben distinte. Se invece vengono mantenute unite, si innesca un inevitabile elemento di valutazione «politica» (cioè discrezionale, di opportunità). È umanissimo che al momento della risoluzione delle crisi la Banca d'Italia possa essere tentata di coprire gli errori eventualmente commessi in sede di vigilanza. Ed è altrettanto umano che, vigilando su una situazione, la Banca d'Italia possa (moral suasion…) far capire a una banca che «deve» farsi carico di una certa altra situazione critica. Non dico che questo sia avvenuto, non insinuo. Ma dico che ciò poteva, può e potrà accadere, a regole esistenti. So di toccare tasti dolenti, ma un pezzo non irrilevante della crisi delle banche italiane trae origine dal fatto che la vigilanza della Banca d'Italia non abbia supervisioni esterne, e abbia contestualmente il «monopolio» delle soluzioni, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. trasparenzaE infine, quinto e ultimo punto. Si può rimproverare a Bankitalia di aver detto no a un'operazione trasparenza, e cioè rendere noto chi, e quanto, e con quali garanzie, e con quale percorso di rientro, avesse ricevuto fidi, prestiti, erogazioni, finanziamenti, a qualsiasi titolo, dalle banche andate in crisi? Forse c'era la possibilità di trovare modi e forme per soddisfare la richiesta: nessuno voleva cognomi e gogne, ma i fatti e le cifre sì. Tuttora, infatti, piccole imprese e cittadini, quando si recano presso una banca anche per un piccolo fido, sono sottoposti a uno scrutinio severo. È opportuno misurare la distanza tra questa prassi e quanto è invece avvenuto presso le banche oggetto delle varie inchieste, a favore di «amici» e «amici degli amici». L'attuale governatore ha detto no. Chiedergliene conto non è né un peccato né un reato.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)