2025-07-02
Banca Marche, lavate via 12 miliardi di colpe
Massimo Bianconi (Imagoeconomica)
La sentenza di appello assolve i vertici dell’istituto di Ancona e mette la parola fine alla stagione dei fallimenti che è costata ai risparmiatori italiani circa mezzo punto di Pil. Un disastro figlio della riforma delle fondazioni targata Amato e Ciampi.Tutti assolti! Si chiude, dopo 13 anni e dopo oltre 12 miliardi pagati dai contribuenti, con la sentenza d’appello per Banca Marche la tormentata stagione dei crac delle «casse minori» che tra il 2011 e il 2013 ha caratterizzato l’economia italiana. Strascico della crisi dei subprime: il battito di farfalle, o forse di avvoltoi, che partito da New York con il buco di Lehman Brothers si è trasformato in uno tsunami e per cui oggi è difficile stabilire precise responsabilità. Non le hanno trovate i giudici della Corte d’Appello di Ancona che hanno ribaltato la sentenza di primo grado da cui comunque era uscito indenne tutto il consiglio di amministrazione dell’istituto marchigiano con, purtroppo, una vittima: l’ultimo presidente, il marchese Lauro Costa - discendente degli esattori dei Papi - non aveva retto alla pressione ed è morto alla vigilia della prima sentenza. Restavano da stabilire le responsabilità di Massimo Bianconi, direttore generale che in primo grado era stato condannato a 10 anni e mezzo, del suo vice Stefano Vallesi (9 anni in primo grado) e di altri quattro funzionari - due del Medioleasing - condannati a pene variabili nel primo processo. Tutti assolti con formula piena perché il fatto non costituisce reato o perché il fatto non sussiste. Spiega l’avvocato Giancarlo Nascimbeni che ha condotto la discussione in diritto: «Si trattava di stabilire se ci fosse stata bancarotta per distrazione ipotizzando, come aveva fatto la condanna di primo grado, un dolo eventuale. Ma era chiaro che attribuire la colpa di non aver previsto i rischi connessi con il crollo del mercato affidando i crediti ad alcuni imprenditori non poteva essere ritenuta una responsabilità penale. Tutti gli imputati avevano correttamente seguito la prassi bancaria e il consiglio di amministrazione aveva validato le pratiche». Si è scatenato il risentimento dei risparmiatori, la politica si sta dividendo su questa sentenza, ma resta un dato: queste banche sono saltate in aria per responsabilità di chi? Al netto di quanto è avvenuto a Popolare Vicenza e a Venetobanca (la malagestio è apparsa evidente da parte dei vertici: il presidente che tutto poteva in Popolare Vicenza Gianni Zonin e il direttore generale Andrea Piazzetta condannati in via definitiva a 3 anni e mezzo, mentre Vincenzo Consoli amministratore delegato di Veneto Banca ha avuto due anni e sei mesi) le altre piccole banche - Banca Etruria di Arezzo, Cassa Ferrara, Popolare di Bari, CariChieti, Banca Marche - che sono state fatte fallire e hanno prodotto inchieste monumentali sono uscite dalle aule di giustizia con assoluzioni quasi generalizzate. Le due banche venete sono state salvate da un intervento diretto del governo presieduto da Paolo Gentiloni (Pd). Il buco della banca di Gianni Zonin e di quella di Vincenzo Consoli era superiore agli 11 miliardi. Diversamente si comportò Matteo Renzi, quando era presidente del Consiglio (sempre Pd) con gli azionisti delle altre piccole banche facendo scattare il bail in come voleva la Bce. Per i risparmiatori i ristori sono stati esigui. Ai soci di Banca Marche sono tornati in tasca 85 milioni di euro; 66 milioni sono toccati ai 16.000 CariFerrara, a chi aveva azioni di Banca Etruria - erano 10.000 - sono arrivati in tutto 40 milioni e per Carichieti si sono trovati appena 1,1 milioni destinati a rimborsare 60 persone. La domanda è: perché ai veneti della Popolare Vicenza sono comunque arrivati 624.886.903 euro e per Veneto Banca si sono destinati 423.689.440 euro? Certo la platea degli azionisti delle banche venete era infinitamente più larga (50.000 i «beneficiati» da Gianni Zonin, 34.000 quelli di Veneto Banca) ma resta il fatto che lì si è intervenuti con decisione - forse il rischio che si trovassero responsabilità od omissioni esterne alle banche era troppo alto? - mentre nel resto dei territori le operazioni di salvataggio sono state di fatto esigue. È una risposta che dal processo di Banca Marche non è venuta, ma tuttavia è evidente che la riforma voluta da Giuliano Amato e Carlo Azelio Ciampi per la trasformazione delle Casse di Risparmio operata nel 1998 con la creazione delle fondazioni bancarie è stata un disastro. La sentenza di Ancona - come già in primo grado - conferma che i consigli di amministrazione non erano all’altezza del compito (ed è anche uno dei motivi per cui Antonveneta si è trasformata in una zavorra insostenibile per il Monte dei Paschi di Siena). Nel caso di Banca Marche c’è di peggio; la banca è stata dichiarata insolvente dopo tre anni e mezzo di commissariamento operato dalla Banca d’Italia per essere poi spartita tra Ubi Banca e Intesa San Paolo. Con questa sentenza si chiude il capitolo della ricerca delle responsabilità dirette. Resta il dubbio se tutto ciò che è stato fatto (o non fatto) abbia favorito le concentrazioni bancarie spogliando però i territori di strumenti economici indispensabili.
Sandro Mazzola (Getty Images)
Una foto di scena del fantasy «Snowpiercer» con Chris Evans e Tilda Swinton firmato dal coreano Bong Joon. Nel riquadro una tavola del fumetto