2025-05-18
Banca di sviluppo, industria bellica. L’intesa con la Germania ci conviene
La convergenza è giustificata dalla spinta all’export e dalla concorrenza transalpina.La convergenza bilaterale tra Germania e Italia, superiore potenzialmente a quella di altri in Europa, è favorita sia dall’intreccio dei due sistemi industriali sia dal fatto che ambedue hanno modelli economici trainati dall’export (l’Italia circa il 40% del Pil, la Germania un po’ di più) non facilmente modificabili. Pertanto, oltre al consolidamento della convergenza per dare all’Ue una spinta verso regole meno de-competitive, c’è uno spazio notevole per collaborazioni sul piano della geopolitica economica globale. Dove? Per l’Italia la priorità è trovare un alleato forte entro la Ue per la sua proiezione verso l’area mediterranea costiera e profonda con estensioni nel Pacifico e, in generale, nel Sud globale, con un occhio privilegiato verso l’area del Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay, a cui aggiungerei il Cile, anche se non completamente connesso a questa). Roma è più avanzata di Berlino nella costruzione di partenariati strategici bilaterali con Egitto, Emirati, Arabia Saudita, India e altre nazioni africane (circa una decina) e sta sviluppando una buona relazione bilaterale con la Turchia con potenziale di proiezione verso l’Asia centrale. La Germania non ha questa proiezione geopolitica, ma i suoi prodotti industriali coprono un’area coincidente con lo spazio geoeconomico che l’Italia sta cercando di aprire. Ambedue hanno l’interesse a spingere l’Ue ad aumentare i trattati di libero scambio (azzeramento progressivo dei dazi) come quelli con il Giappone e il Canada, oltre che verso il Mercosur (ora in avvio), in direzione dell’Australia, dell’India, eccetera. Inoltre, hanno un interesse a trovare una convergenza con il Regno Unito: Londra è un protettore dell’area baltica, ma anche possiede una residua influenza sul Commonwealth e i rapporti bilaterali di ambedue con gli inglesi sono ottimi, ma il potenziale collaborativo geoeconomico è molto più elevato.Poi va esplicitata una realtà che non emerge chiaramente dalle cronache e dalle dichiarazioni politiche. Per Italia - con questo governo - e per la Germania - da sempre - l’Ue è solo un necessario moltiplicatore della forza nazionale. Cioè un europeismo forte sul piano del mercato unico, ma ostile a una confederalizzazione europea che limiti troppo le sovranità nazionali. Inoltre, Germania e Italia non sono potenze nucleari, pur ospitando nelle basi americane sul loro territorio capacità di proiezione nucleare potenziale. Pertanto hanno il comune interesse né ad indebolire la Nato né a una divergenza con gli Stati Uniti. Semplificando, vedo forti motivi di convergenza tra Italia e Germania entro la Ue, ma più forti per una collaborazione sul piano globale. Va annotato con molta attenzione che la Germania ha impostato una nuova strategia di potenza nazionale a raggio globale come reazione sia alla compressione ricevuta dall’America che le ha tolto il rifornimento energetico dalla Russia a basso costo sia alla concorrenza della Cina. A questa maggiore attenzione verso il mercato globale corrisponde un aumento degli investimenti sul settore delle tecnologie avanzate - non ancora ben registrato dalla stampa - correlato alla spesa per il riarmo con lo scopo di tradurla in rapido trasferimento tecnologico all’industria civile (e viceversa). Va anche annotato che la Francia, pur con molte meno risorse, ha lo stesso scopo, ma calibrato su una ricerca di autonomia europea intesa come dominio francese gradualmente post Nato. La Germania sta riducendo sostanzialmente la dipendenza da Parigi, ma sta attenta a non farlo formalmente per preservare la diarchia franco-tedesca (pur con buchi crescenti) nell’Ue, formalizzata nel lontano 1963 e recentemente rinnovata dal trattato di Aquisgrana. Parigi è in divergenza totale con l’Italia su molte questioni, ma Roma ha siglato un trattato bilaterale con Parigi. Se si legge il testo viene sia da ridere sia da piangere: di fatto è un impegno di auto-annessione di Roma a Parigi, evidenza che giustificherebbe una messa in stato di accusa di chi lo ha spinto e siglato per l’Italia. Ma il governo italiano corrente ha fatto una scelta più saggia: è un pezzo di carta con contenuti incidentali che non possono essere applicati e che per questo va messo nel cassetto. Va ricordato che dal 1993 (io testimone quando fui consigliere del ministro degli Esteri italiano) Parigi inaugurò una strategia di conquista dell’economia e finanza italiana per ridurre il gap con la potenza tedesca. Tuttavia, non sarebbe produttivo siglare un bilaterale formale tra Italia e Germania, creando un’eccessiva divergenza con Parigi: è sufficiente ignorare con la dovuta cortesia diplomatica e perseguendo qualche accordo tecnico non strategico la Francia. Ma che forma allora potrebbe prendere il bilaterale italo-tedesco? Un accordo sostanziale, qui un’ipotesi. Prima di tutto una Banca di sviluppo italo-tedesca con missione sia il finanziamento di aziende tecnologiche basate su una proprietà collaborativa sia il sostegno per proiezioni globali, finanziata al 60% da soldi statali bilaterali ed al 40% da soci privati. Poi il sostegno politico bilaterale ad accordi nell’industria militare: ci sono già esempi in atto, nella mobilità militare terrestre, ma andrebbero ampliati. Sul piano delle tecnologie spaziali l’industria italiana ha un vantaggio. Su quello delle tecnologie marine si nota in alcune un vantaggio italiano e in altre uno tedesco. Semplificando, c’è un ampio spazio per collaborazioni e scambi. E anche uno di collaborazioni verso i mercati non europei, pur senza compromettere la concorrenza tra aziende. In conclusione, prego il governo di ampliare la collaborazione bilaterale sul piano intraeuropeo, ma anche globale.www.carlopelanda.com