2021-12-31
«Ci infetteremo tutti, forse più di una volta. Poi la pandemia finirà»
Francois Balloux (iStock)
Il professor Francois Balloux, esperto di Londra: «Omicron ceppo più blando, la strategia britannica funziona. Dopo la terza dose, insensati i booster in eterno a chiunque».La strategia del Covid zero è «defunta». Prima o poi - anzi, in un «prossimo futuro» - «tutti si infetteranno con il Sars-Cov-2 e, probabilmente, più di una volta». Per questo post su Twitter, il professor Francois Balloux, direttore dell’Ucl genetics institute e docente di biologia computazionale all’University College di Londra, è stato sommerso di critiche. Anche se ha ragione.Professore, che tutti verremo a contatto con il virus è una cattiva notizia, o dovremmo essere lieti di arrivare all’endemizzazione del Covid?«Sin dall’inizio della pandemia, solo due esiti erano possibili: o il virus sarebbe stato eliminato a livello globale, o sarebbe diventato endemico, nel senso che ognuno vi sarebbe stato esposto, probabilmente più volte, nel corso della propria vita. Benché l’eradicazione globale fosse preferibile, la mia non è una cattiva notizia, nella misura in cui ciò ci consentirà di uscire dalla pandemia».Omicron è una buona candidata per realizzare questo scenario?«Le precedenti varianti che hanno dilagato nel mondo, Alfa e Delta, erano entrambe significativamente più trasmissibili e virulente dei ceppi originari di Sars-Cov-2. L’ondata di Omicron sta causando un numero straordinario di casi in molti luoghi del pianeta, ma questi sono accompagnati da una malattia molto meno severa e da molti meno decessi».Perché la variante è meno aggressiva?«In parte ciò è dovuto al fatto che più persone hanno acquisito l’immunità, tramite vaccinazione e infezione, rispetto a quando si sono verificate le precedenti ondate. Tuttavia, sebbene Omicron possa ancora provocare una malattia severa, specie nei non vaccinati, essa è anche intrinsecamente un ceppo molto più blando».La prospettiva del «Covid zero», insomma, era sbagliata?«Probabilmente, era già spacciata da febbraio 2020. Le misure rigide di mitigazione non possono essere mantenute indefinitamente, dal momento che hanno un impatto negativo su tutta la società e soprattutto sui giovani e su chi è economicamente più svantaggiato. E per contenere Omicron, bisognerebbe riportare in auge misure dure, simili a quelle della primavera 2020. Non mi pare che ci sia tanta nostalgia di tali restrizioni nella maggior parte delle società democratiche».Basta contenimento?«Qualche restrizione ha ancora senso, per evitare uno stress eccessivo sui servizi sanitari. Il problema principale, a questo punto, non è tanto il numero di ricoveri, che rimane ampiamente gestibile. A preoccupare, semmai, sono i livelli di personale negli ospedali, con molti operatori sanitari in quarantena perché sono risultati positivi».Su molti media italiani è rimbalzata la notizia che la Gran Bretagna, Londra specialmente, sarebbero «chiuse» per paura di Omicron. È così?«La vita prosegue in modo ampiamente normale a Londra. Il governo non ha adottato nuove misure di mitigazione, ma incoraggia le persone a ricevere la terza dose di vaccino, a limitare il numero di contatti quotidiani, ad esempio lavorando da casa - chi può - e ad assicurarsi di sottoporsi a un tampone prima di radunarsi con gli anziani, o altri soggetti a rischio».Risultato?«Questo approccio, basato sulla responsabilità personale, finora ha avuto successo. E la situazione epidemiologica attuale a Londra non è peggiore che a Parigi, nonostante l’assenza di misure coercitive nel Regno Unito».L’Oms lancia l’allarme su uno «tsunami» di infezioni dovute a Omicron. Forse dovremmo preoccuparci di meno del numero totale di casi, fintantoché non si traducono in un’esplosione dei ricoveri?«Per la prima volta durante la pandemia, c’è stato un chiaro disaccoppiamento tra il numero di casi e quello di decessi e ricoveri». Appunto.«Però, se anche solo una piccola frazione di contagiati si ammala gravemente, ciò può ancora portare a un grosso numero di ospedalizzazioni, vista la quantità elevata di casi che stiamo registrando al momento, con stime che parlano di oltre il 10% della popolazione infettata da Omicron nell’ultima settimana. Per questo, la situazione dev’essere strettamente monitorata».È sostenibile, sul lungo periodo, vaccinare l’intera popolazione di un Paese circa ogni sei mesi? «La vaccinazione recherà sempre il massimo beneficio alle persone più a rischio di ammalarsi gravemente di Covid e, in particolare, agli anziani. Ciò detto, una volta che la gente è stata vaccinata con tre dosi, non vedo dove stia il senso di continuare a somministrare booster».Quindi?«Prevedo che, sul lungo periodo, a chi lo desidera dovrebbe essere offerto un booster anti Covid annuale prima dell’inverno, come si fa con l’influenza stagionale».Lei ha scritto che, contro l’infezione, i vaccini sono stati «meh». Lo traduciamo con un «così così»… A quanto pare, durano anche poco. A conti fatti, hanno funzionato bene, o avrebbero potuto funzionare meglio?«La protezione dall’infezione garantita dai vaccini si manifesta nella forma di anticorpi neutralizzanti che circolano nel sangue. Questi anticorpi tendono a svanire piuttosto velocemente e smettono di proteggere dall’infezione dopo pochi mesi. Ciò premesso, ci si aspetta che la protezione del vaccino dai sintomi gravi, attraverso le cellule B e T di memoria, duri decenni».In definitiva?«I vaccini sono ottimi nel proteggere dalla malattia severa e dalla morte, ma la loro protezione contro infezione e reinfezione è limitata e breve. In realtà, lo sapevamo fin dall’inizio e, probabilmente, è stato un errore di comunicazione sulla sanità pubblica non trasmettere quest’informazione in modo più chiaro. Ciò ha provocato una grande delusione nella popolazione. I vaccini, però, fanno esattamente ciò che speravamo, cioè ridurre i ricoveri e i decessi delle persone che s’infettano. E lo fanno molto bene».In Italia, si parla da due anni di terapie precoci e si polemizza con il protocollo basato su «tachipirina e vigile attesa». Come funziona in Gran Bretagna?«C’è stato un ampio e bollente dibattito su una serie di possibili cure miracolose, incluse idrossiclorochina, ivermectina, vitamina D e compagnia bella. La potenziale efficacia di alcune di queste terapie è stata finanche supportata da studi su un numero ridotto di pazienti. Tuttavia, alla fine della fiera, risposte chiare sono arrivate da ampi e randomizzati trial di controllo di questi trattamenti, in cui a una frazione dei pazienti viene somministrato un farmaco e agli altri un placebo».Conclusione?«Gli esiti sono stati deludenti per molte delle terapie che erano considerate possibili “cure miracolose”. I principali risultati positivi sono stati che alcuni steroidi aumentano la sopravvivenza in pazienti molto malati. Fatto ancor più positivo, ora abbiamo a disposizione due antivirali molto buoni, Molnupiravir e Paxlovid. Entrambi riducono enormemente il rischio di morire, se assunti subito dopo la comparsa dei sintomi». Possiamo sperare?«Questi farmaci cambieranno le carte in tavola, dal momento che funzionano anche in soggetti immunocompromessi, che sono scarsamente protetti dai vaccini».
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)