2023-03-24
«Da gay diciamo: l’utero in affitto è orrendo. Amate i bambini? Allora adottate gli orfani»
Tommaso Cerno e Stefano Balloch
Stefano Balloch e Tommaso Cerno uniti da dieci anni, attaccano i progressisti che sdoganano la pratica: «Sfruttare le donne è inaccettabile. Sono Schlein e Zan ad avere pregiudizi. E i dem confondono l’omofobia con la Pd-fobia».«Per sposarsi fra gay non c’è bisogno di avere la tessera del Pd». Stefano Balloch ascolta il vulcanico compagno e sorride. Lui arriva alla stessa conclusione del marito Tommaso Cerno dopo un percorso molto diverso. Famiglia di tradizione alberghiera in Friuli, la folgorazione a 18 anni sulla via di Silvio Berlusconi, una lunga esperienza nelle amministrazioni locali (due mandati da sindaco a Cividale, cinque da consigliere provinciale), l’unione con una donna, la figlia Giada che ha 18 anni e studia biologia marina a Miami. Da dieci anni la storia d’amore con Cerno sfociata nel matrimonio. Mai stato a un gay pride. Il sacro fuoco della politica continua ad ardere e oggi lo spinge verso le elezioni regionali di aprile con la maglia di Fratelli d’Italia. Supportato da una convinzione: «Il Paese reale è più avanti della politica».Da cosa lo deduce?«Dalla nostra vita, dai sentimenti che la regolano, dalla convinzione che l’armonia delle famiglie supera anche gli elementi di maggiore divisione. Noi abbiamo il vizio di classificare tutto, ma la cultura non appartiene solo alla sinistra. Quelli sono stereotipi, luoghi comuni. Ancora oggi sui social mi chiedono come una persona con una storia come la mia possa schierarsi con la destra “omofoba e troglodita”. È l’esatto contrario, posso dire di essere l’esempio vivente della libertà di pensiero dentro un partito».Sull’utero in affitto la vostra posizione famigliare è radicale, anche se non in senso stretto.«Utero in affitto. Già la terminologia è da brivido, indica qualcosa di aberrante. Sono convinto anch’io che ci sia uno sfruttamento della donna, vittima di chi con la forza del denaro può accedere a questa pratica. È un atteggiamento che un Paese civile come il nostro non può accettare. E poi ribalterei il punto di vista».Qual è il suo?«Oggi per qualunque coppia è difficile adottare un bambino. Le adozioni sono vietate ai single, per vedovi e vedove, sono complicate per le coppie etero. La priorità sarebbe svuotare gli orfanotrofi, far sì che anche quei bambini abbiano accesso a una vita di affetti. Tutto ciò viene prima dell’esagerazione polemica e dell’egoismo della maternità surrogata».Perché dice che la vita, con la sua bellezza, supera gli schemi preconfezionati? «Le faccio un esempio. Qualche giorno fa c’è stata la festa del papà. Tommaso mi ha detto che Giada gli ha mandato sullo smartphone un messaggio con gli auguri; ero commosso dalla felicità. Anche per il mio compagno si apre una fase nuova: ha la possibilità di sentire la dolcezza e il calore dell’affetto di una figlia. Ecco perché la contrapposizione delle parole va abbandonata, serve un dibattito serio in Parlamento. È il legislatore che deve dare risposte, non la piazza».Cosa pensa del blocco delle trascrizioni dei figli omogenitoriali a Milano?«Il governo ha fatto bene a evitare che ogni singola amministrazione potesse fare di testa propria, sarebbe stato il caos. Però il tema è reale, va portato in Parlamento senza pregiudizi. Sembra il contrario, ma il pregiudizio è il limite della sinistra, dove è impossibile fare dei passi in avanti. Guardi cosa è successo al ddl Zan, rifiutare il dialogo è stato perdente».È vero che a spingerla a candidarsi alle Regionali è stato Tommaso?«Sì. Dopo 20 anni pensavo che il mio percorso politico fosse finito ma lui mi ha esortato a continuare. Mi ha sempre insegnato ad avere coraggio. Sono uscito da Forza Italia perché ritengo che abbia perso la spinta berlusconiana originaria. Mi candido in Fratelli d’Italia, sono convinto che possa diventare il partito guida del Friuli Venezia Giulia nei prossimi cinque anni. E per diventarlo ha bisogno anche di esperienze consolidate sul territorio. Pur con una buona dose di umiltà, credo di poter dare il mio contributo».Suo marito la pensa diversamente su parecchi temi. «Vero, è una vita che litighiamo sulla politica. In passato abbiamo avuto sane discussioni, soprattutto sulle copertine antiberlusconiane dell’Espresso quando era direttore. Ma sul territorio contano i fatti, speriamo che mi voti».Qual è il tema chiave della campagna elettorale?«Il terreno decisivo di confronto è la sanità. Da sindaco mi sono sempre battuto per un sistema sanitario con servizi territoriali di prossimità. Vicino ai cittadini. Dopo il Covid anche la sanità friulana è più fragile, bisogna dare risposte diverse alle esigenze della gente».Sui diritti civili che approccio avrà?«Quello di sempre, dialettico, senza alzare i toni o esasperare i concetti come fa la sinistra. Che dovrebbe essere più fluida ma nel senso del superamento delle barriere ideologiche. Da quelle parti si parla tanto, ma ad avere il primo leader donna con Giorgia Meloni è stato il centrodestra. A sinistra danno lezioni quotidiane ma sono vittime di un destino, quello di arrivare sempre dopo».
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
Continua a leggereRiduci