2021-02-19
Ballano 32 miliardi per le imprese. In un mese in 100.000 senza lavoro
Giancarlo Giorgetti (Francesco Militello Mirto/NurPhoto via Getty Images)
Le aziende chiedono la liquidità promessa da Giuseppe Conte e mai arrivata. Intanto i dati sull'impiego sono devastanti. Sulla scrivania di Giancarlo Giorgetti arrivano i dossier scottanti: ieri è toccato a Whirlpool, oggi sotto con l'ex Ilva.Mario Draghi ha illustrato al Parlamento una visione di lungo respiro con l'intento di sostenere le aziende in grado di rialzarsi e trasformarsi, per accompagnare invece i dipendenti delle altre verso nuovi tipi di ammortizzatori sociali. A oggi le politiche attive sul lavoro si sono dimostrate un fallimento, aggravato dalla filosofia del sussidio a pioggia applicata dai giallorossi. In pratica, più soldi per gli investimenti e meno bonus Inps. Il problema è però la gestione nel breve termine. Gli esercizi commerciali e le imprese rimaste chiuse a gennaio e nelle prime due settimane di febbraio (compreso il mondo dello sci) non hanno ricevuto alcun sussidio. Queste sei settimane non sono coperte da alcun budget. Il governo di Giuseppe Conte aveva promesso l'ormai celebre Ristori quinquies. Mai approvato. I soli interventi in sede di cdm hanno spostato in là la palla delle cartelle esattoriali: al momento la data per gli invii massimi è stata spostata a fine mese. Il governo Draghi si trova adesso a metà del guado. Da un lato deve stravolgere i criteri. Grazie al cielo, abbandonare il modello Conte fallimentare e avviare un modello forse più simile a quello tedesco. La macchina però è lenta e le aziende aspettano da mese iniezioni di liquidità o di aiuti. Adesso ballano 32 miliardi: secondo indiscrezioni, questo dovrebbe essere l'importo del decreto in via di preparazione. È presto per capire che cosa ci sarà dentro, però le proteste in piazza e soprattutto i numeri aggiornati ieri dall'Inps sulla disoccupazione mettono fretta. A novembre sono andati persi rispetto all'anno prima oltre 660.000 posti e le assunzioni sono crollate del 30%. In calo, ma questo dato si riferisce a gennaio, anche le ore di cassa integrazione, scese del 34% rispetto a dicembre 2020. A farne le spese sono soprattutto i contratti a tempo determinato mentre tengono, per via del blocco dei licenziamenti, quelli stabili. Dati non migliori arrivano dal fronte assunzioni, visto che nei primi undici mesi del 2020 nel settore privato sono state 4.755.000, registrando una forte contrazione rispetto allo stesso periodo del 2019 (-30%). Un trend, spiega l'Inps, particolarmente negativo nel mese di aprile (-83%) che si è via via attenuato scendendo a ottobre sotto il 20%. A novembre, con l'adozione di nuovi lockdown, la contrazione è tornata a rafforzarsi e si è attestata al 26%. Il numero totale di ore di cassa dal 1 aprile 2020 al 31 gennaio 2021, per emergenza sanitaria, è stato invece pari a oltre 4 milioni e 200.000 (4.238,4 milioni), delle quali poco meno di 2 milioni di Cig ordinaria, 1,4 milioni per l'assegno ordinario dei fondi di solidarietà e 846 milioni di Cig in deroga. Numeri che buttati lì in sequenza sono aridi e non raccontano la situazione. A dicembre (e il trend di gennaio dovrebbe confermare il dato) si sono persi circa 100.000 posti di lavoro. Per capirsi è come se città intere come Udine, Novara o Piacenza si ritrovassero in un mese senza reddito. E purtroppo a falcidiare l'Italia non c'è solo il Covid. Ci sono pure le crisi pregresse. Il nuovo ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, si ritrova con una scrivania piena di faldoni. Si tratta per la maggior parte di situazioni che non trovano soluzione da diverso tempo: molti tavoli (circa 28) sono infatti aperti da oltre sette anni; circa 70 tavoli sono in corso da almeno tre anni. Crisi che travolgono i settori più vari, dalla componentistica per auto alla grande distribuzione, dagli elettrodomestici all'acciaio.Ieri Giorgetti è partito in quarta. Ha incontrato i rappresentanti di Whirlpool, mentre oggi i sindacati dell'ex Ilva e forse anche Arcelor Mittal. Tra stasera e domani sera potrebbe già arrivare la risposta del Consiglio di Stato sul ricorso e sulla richiesta di sospensiva depositati dagli anglo indiani contro la sentenza del Tar di Lecce che chiede di fermare l'area a caldo dello stabilimento di Taranto. Significherebbe il «blocco della produzione» e la «distruzione» di un asset strategico hanno spiegato fonti legali, ma anche perdita di migliaia di posti di lavoro. Di Ilva, va poi detto, parla da qualche giorno il leader della Lega, Matteo Salvini, in relazione alla ipotetica costruzione del ponte sullo Stretto che vorrebbe costruire in acciaio e con l'ausilio dei lavoratori Ilva. Il senso, al di là dell'opportunità molto discutibile di fare il ponte, è però semplice da capire. Se si vuole far produrre gli stabilimenti bisogna creare commesse pubbliche che consumino acciaio. Da fonti indirette (i sindacati usciti dall'incontro con il ministro al Mise) sappiamo che il leghista avrebbe parlato anche di licenziamenti facendo intendere un approccio soft. Si sarebbe impegnato ad allungare il blocco dei licenziamenti. Molte imprenditori del Nord sperano che il blocco sia però ultraselettivo. Altrimenti a giugno si passerà direttamente al tribunale fallimentare.
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