2023-01-04
Si avvera la «profezia» di Ratzinger. La Chiesa che attrae è quella «totale»
L’emerito fu paladino di una fede da vivere in modo radicale: un’alternativa vera alla logica mondana, capace di scaldare i cuori di uomini stufi del nichilismo. Invece, i cedimenti dottrinari svuotano le piazze e i seminari.Sono tutti spiazzati: 65.000 fedeli accorsi da Benedetto XVI il primo giorno di esposizione della salma, altri 70.000 il giorno successivo, ancora 100.000 attesi per le esequie. Ma questo non era il «pastore tedesco»? Il Papa «troppo conservatore», «mosso dalla paura» e quindi incline all’«aggressività»? Come mai il popolo dei cattolici amava profondamente un uomo di lettere, meno mediatico di chi l’ha preceduto e di chi l’ha succeduto, peraltro sceso dalla Cattedra di Pietro e ritiratosi in contemplazione da ormai quasi dieci anni?Beninteso: la folla che per quattro giorni omaggerà Joseph Ratzinger, quantunque numerosa, è quella che raduna, per i suoi concertoni, una popstar. I cristiani sono ridotti a minoranza, al netto della potenza simbolica che promana dal vederli riuniti. In tal senso, l’adunata invera una celebre «profezia» del Papa, risalente al 1969. L’allora professore, nel corso di una serie di lezioni radiofoniche, sostenne che la Chiesa del futuro avrebbe attraversato un «enorme sconvolgimento», sarebbe diventata socialmente e politicamente irrilevante, «povera», costretta a ripartire dalle origini. Ma «quando tutto il travaglio sarà passato», assicurava Ratzinger, «emergerà un grande potere da una Chiesa più spirituale e semplificata». E agli uomini, «quel piccolo gregge di credenti» apparirà «come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per sé stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto». Eccola, l’eredità più grande del pontificato di Benedetto: l’esempio di una fede vissuta in modo totale, radicale. L’idea - e la pratica - di una Chiesa che sia autentica e sostanziale alternativa al «mondo». Animata da una comunità capace di essere «sale della terra», in grado di illuminare, con una semplice ma infaticabile testimonianza - in greco, «martirio» - le tenebre della civiltà. Non più una maggioranza avvezza a comandare, adusa a flirtare «ora con la sinistra e ora con la destra»; al contrario, una minoranza creativa e perciò feconda. È in questa chiave che andrebbe letta pure la rinuncia di Ratzinger: una decisione che ne prova l’umiltà, sicuro. Ma anzitutto la dimostrazione che, per lui, si poteva lavorare «nella vigna del Signore» stando nella contemplazione, nella preghiera. Posizioni che il mondo non può capire, come non poteva capire un Dio che, anziché scendere dalla croce, ci moriva appeso. Tutto così al di là delle categorie dell’uomo, da riuscire a penetrargli il cuore. Solo una Chiesa del genere è una Chiesa attrattiva. I tentativi di «andare incontro» ai tiepidi o ai peccatori, di adattare la dottrina a costumi lassisti, di sostituire, alle battaglie culturali per i «principi non negoziabili», le prediche melense sull’accoglienza e l’inclusività, sono falliti. La Chiesa «in uscita» è più debole, più vuota. Quando veniva celebrato dai salottini progressisti, papa Francesco riempiva le pagine dei giornali, ma non le udienze. D’altra parte, l’infatuazione degli avversari è volubile. Quando si pronuncia contro l’ideologia gender, contro l’aborto, persino quando invoca una pace possibile tra Ucraina e Russia, che non umili Mosca, Jorge Mario Bergoglio viene biasimato da quelle stesse élite che da lui si aspettavano una rivoluzione. Adesso hanno capito che nessun Papa è più grande del magistero che deve custodire e tramandare. Pertanto la vera insidia, per il vescovo di Roma, non arriverà dall’«ala conservatrice che può perdere ogni freno» (Corriere della Sera), bensì dai riformatori delusi. Oggi, alla faccia della crisi delle vocazioni, i seminari che continuano a richiamare giovani aspiranti sacerdoti sono quelli bollati come «tradizionalisti». Il Cristo che mobilita è il Cristo che schiude una prospettiva differente, che mostra che è possibile vivere secondo una logica diversa da quella del materialismo, del consumo, della produttività, dell’edonismo senza speranza e senza orizzonte. Ancora Ratzinger, nel 1994, nel suo Collaboratori della verità, annotava: il «Gesù che sarebbe stato solo misericordioso, sarebbe stato sempre comprensivo e non avrebbe mai fatto male a nessuno» è un falso, costruito da chi ritiene che «esser cristiani […] non deve costare nulla». Da chi sopporta credenti in un Dio astratto e innocuo, poiché teme gli appassionati di un Dio incarnato. In effetti, «un Gesù disponibile a tollerare tutto non sarebbe stato crocifisso». È il mistero della carità, sul quale Benedetto XVI ha incardinato il suo insegnamento: non ci può essere vero amore, se non nella verità. La verità, certo, rischia di finire brandita contro il nemico ideologico; ma il fatto che non debba trasformarsi in un’arma non significa che vada nascosta, o edulcorata. Non si può amare il prossimo senza indicargli la verità - che poi è la via e la vita per chi crede. Chi osserva i cattolici non si aspetta di scorgere dei pallidi imitatori della filantropia umanistica e laicista. Non cerca la succursale di una Ong, solo un po’ più bigotta. C’è una frase che, nella fiction di Paolo Sorrentino, The young Pope, pronuncia l’immaginario Pio XIII, sceneggiato come fosse la caricatura contemporanea di un animatore della controriforma. Di fronte al collegio cardinalizio, il personaggio interpretato da Jude Law, con tiara e paramenti anacronistici, tuona: «Non ho più voglia di vedere fedeli a mezzo servizio; io voglio solo storie d’amore, io voglio dei fanatici di Dio». Togliete il triregno e la sottile opera mostrificante. E troverete la strada segnata da Ratzinger: una devozione totale, tanto incomprensibile per chi indossa lenti mondane, da far venire voglia a tutti di viverla. È il destino di ogni storia d’amore, che rimane sulla bocca degli innamorati fino a quando esalano l’ultimo respiro: «Jesus, Ich liebe Dich». «Gesù, ti amo», ha detto il Papa emerito, prima di «tornare a casa».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro il consigliere Pd Mattia Abdu