
«Avengers: Infinity war» è tra i film più visti di tutti i tempi, e non si tratta semplicemente di un fumettone per ragazzini. Le imprese di Iron Man, ma anche quelle di personaggi come Batman, raccontano la lotta degli uomini contro le nevrosi.Cos'è che oggi coinvolge di più l'inconscio collettivo delle persone, alimentandone le paure e nutrendone i sogni? Un'indicazione interessante ci viene dal botteghino cinematografico. Il film Avengers: Infinity War, presentato da fine aprile in tutto il mondo dalla Marvel (Disney) è già uno del maggiori incassi della storia del cinema. Di cosa parla Avengers? Di una colossale battaglia galattica nella quale muoiono alcuni dei supereroi più amati dal pubblico mondiale, tra cui Capitan America e Iron Man, l'uomo di ferro, che si erano riuniti per l'occasione. Sopravvive invece il verde Hulk, il più selvaggio, legato alla forza primordiale della natura.Se pensiamo che alla fine dell'ultimo dopoguerra il principale personaggio dei fumetti e della Disney era Topolino, impegnato a farcela nella vita, quello più problematico Paperino, che invece non ci riusciva ed era sempre nei guai, e quello più pericoloso Gambadilegno, è facile renderci conto del cambiamento di clima psicologico. Non è il caso di liquidare la questione con «ma è solo un fumetto», «roba da bambini»! Le immagini raccontano più dei mille discorsi ascoltati da quando il film è uscito. E questi supereroi sono visti e letti da tutte le età.Dopo miliardi di parole che abbiamo sentito e risentito durante la vita, rimangono, alla fine, poche immagini, che le riassumono tutte, riuscendo a commuoverci, appassionarci, esaltarci. Sono gli eroi, i protagonisti della grande narrazioni dell'inconscio collettivo, gli archetipi. I protagonisti dei cartoon e dei fumetti sono i loro fratelli minori, segni archetipici in veloce mutamento, ad essi più o meno accuratamente ispirati. Per l'industria cinematografica americana, molto attenta nella sua apparente rozzezza ai mutamenti e tendenze della psiche collettiva, il riconoscimento della forza dei diversi archetipi, e la loro illustrazione attraverso le varie storie, è da tempo diventata una delle principali attività.Il ciclo di Star Wars - Guerre Stellari, realizzato da George Lucas, era stato seguito con attenzione da uno dei maggiori studiosi di mito del novecento, Joseph Campbell, di formazione junghiana e autore di importanti testi sulla figura dell'eroe. Erano gli anni Settanta, quelli dove l'Occidente diventa una «società senza padri» e infatti il ciclo è centrato sulla figura del padre negativo (Darth Vader), e del figlio Luke Skywalker che può essere salvato da una figura paterna di direttore spirituale e formatore psicofisico (Obi Wan Kenobi) in grado di trasformare il figlio abbandonato in un vero eroe positivo.Già in Guerre Stellari erano già presenti anche i temi più ampi della coscienza e inconscio collettivo, del ridimensionamento dell'importanza della terra nella scoperta della galassie, della competizione spaziale, e soprattutto del potere della tecnica. Uno sguardo sul mondo che sembrava inaugurare anche nel cinema di intrattenimento l'urgenza di una spiritualità più ampia, con forti aspetti anche mistici, e di impegno nello sviluppo delle coscienze personali. Tutte questioni in effetti molto presenti nella realtà del revival religioso che si svilupperà in tutto il mondo dagli anni Novanta in poi, ed è appunto già presentata nei film e libri sulle Guerre Stellari. Le vicende dei supereroi riprendono quel tema della lotta tra bene e male , e confermano un netto distacco con l'ambito di vita quotidiana, in fondo materialista, in cui si collocavano i personaggi Disney nel dopoguerra e dopo. In essi non c'erano mostri paurosi né demoni. In Topolino e i suoi amici si trattava di vivere il meglio possibile, con uno sguardo ironico sui difetti propri e degli altri.È l'immaginario del dopoguerra: certamente positivo, ma complessivamente relativista; infatti non ci sono propriamente eroi, tranne, rare volte, il primo Topolino. Che non ha, dell'eroe, il senso del dramma, la forte relazione con la morte e con l'oscurità, che è poi condizione con il compimento e la riuscita. Manca il senso profondo del pericolo, manca il coinvolgimento del mondo, che comincia a comparire solo negli ultimi anni.Tutto ciò finisce con i supereroi della Marvel e della Dc Comics. Che sono tali, invece, perché, fin dai più vecchi di loro, presenti negli Stati Uniti fin da prima della seconda guerra mondiale, essi lottano con il male e per il bene del mondo intero. In un certo senso i supereroi sono (anche) la risposta americana alla psicoanalisi freudiana. Tutti loro, infatti, hanno avuto importanti traumi alla nascita, ma mai risalenti al complesso di Edipo (l'innamoramento per la madre e la gelosia verso il padre), e piuttosto dovuti a episodi storici o di natura sociale. Con loro compaiono poi anche gli altri pianeti e mondi. Il primo ad averci a che fare , nel 1938, Superman, messo appena nato in una navicella spaziale dal padre che si rende conto che il pianeta Kripton sta per esplodere.Batman, invece, l'uomo pipistrello del 1939 (le cui prime ali erano ispirate ai disegni di Leonardo), ha assistito all'assassinio dei suoi genitori da parte di un ladro: lì nasce la sua battaglia contro la criminalità. Per combatterla ha sviluppato la sua forza fisica e la capacità di volare con la forza di volontà, l'allenamento perfetto e la dieta. I supereroi hanno appunto (almeno nelle loro prime versioni) anche l'aspetto di modello, importante in un Paese dove l'abbondanza di cibo mise in campo rapidamente problemi di obesità.Nei supereroi più recenti, soprattutto nelle ultime produzioni come Avengers (i Vendicatori), i problemi da affrontare sono diventati molto più gravi che la scoperta del ladro. La narrazione dà sempre più spazio alla potenza della tecnica, asservita a figure meccaniche e disumane, avide di un potere senza regole e senza confini. La battaglia è ormai quella tra la vita umana che vuole continuare, difesa dai supereroi, e le oscure potenze del male, che vogliono mettervi fine e sottometterla. In questo ultimo film il vero protagonista è Thanos, un «cattivo» particolarmente forte e potente, sintesi di due immagini anche mitologiche negative: Thanatos (la morte), e i Titani, i giganti di cui Zeus stesso ha dovuto sbarazzarsi per mantenere un ordine nel mondo divino. L'obiettivo di Thanos, distruggere ogni forma di vita nell'universo, lo apparenta alla figura mitica e religiosa che ha lo stesso obiettivo: Ahriman, l'oppositore del dio della luce e della vita nella religione indo-iranica, il dio della razionalità e dell'intelligenza, che vuole spegnere la vita, i sentimenti e la loro imprevedibilità. Il demone della nevrosi ossessiva, oggi frequentissima.È il Mefistofele del Faust di Goethe, il dio cui si ispira lo scienziato Edison in l'Eve future di Auguste de Villier de L'Isle-Adam nei suoi esperimenti di fabbricazione di esseri umani artificiali. Secondo Rudolf Steiner, fondatore dell'antroposofia, è Ahriman, il «vecchio Harry» come lo chiamano gli inglesi, il demone che presiede ai tempi moderni e alla loro graduale sostituzione delle macchine al posto di umani dotati del cuore. È lui il vero protagonista di Avengers: Infinity War, un'operazione infatti, anche finanziariamente, di grande intelligenza, che nei soli primi 10 giorni di programmazione aveva già reso poco meno 1 miliardo e 200 milioni di dollari, contro un investimento complessivo di 300 milioni. Sono gli esseri umani e soprattutto il loro cuore ad essere ad essere in pericolo, sempre più spesso sostituiti da potenti mezzi e strumenti tecnici, ed è per distruggerne almeno la metà (sono troppi, dice) che Thanos lancia la grande e impressionante battaglia in piena New York, simile a un attacco terroristico moltiplicato per mille. L'inconscio si esprime attraverso le immagini, diceva Carl Gustav Jung. E queste non sono tranquillizzanti. Anche perché le idee che veicolano sono già fatti, leggi, regolamenti, della nostra vita quotidiana.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





