2025-09-09
L’auto tedesca scavalca l’Ue: «Più investimenti negli Usa in cambio di sconti sui dazi»
L’ad di Volkswagen,Oliver Blume (Ansa)
L’ad di Volkswagen Oliver Blume: «Negoziamo con il governo americano, nuovi siti negli Stati Uniti per avere meno tariffe». E Trump vede l’ad di Rolex in difficoltà per le imposte al 39%.Com’era la storia che ci hanno raccontato per mesi dalle istituzioni europee? Guai a contrattare Paese per Paese i vincoli tariffari con gli Stati Uniti. Trump è un osso duro e riusciremo a spuntare le condizioni migliori solo negoziando come Unione e senza dividerci. La favoletta è stata prima smentita dai fatti, alla fine l’intesa sui dazi (aliquota fissa al 15% e l’esenzione su alcuni prodotti strategici) sembra aver scontentato un po’ tutti. E poi si è dimostrata fasulla nel merito. A svelare in modo plateale il bluff ci ha pensato ieri Oliver Blume, l’amministratore delegato di Volkswagen che in un’intervista a Bloomberg Tv in occasione del Salone dell’auto di Monaco di Baviera ha ammesso che la sua casa è da tempo in trattativa con il governo americano per ottenere uno sconto. La notizia era già emersa, ma mai con questi dettagli. «D’altro canto», ha spiegato il manager, «il 15% rappresenterebbe un onere per il Gruppo Volkswagen, questo è molto chiaro, e non apprezziamo l’accordo asimmetrico tra Stati Uniti e Unione Europea, perché distorce la concorrenza in Europa. Pertanto, contiamo sulla nostra offerta per investire massicciamente negli Stati Uniti, in linea con il nostro piano di crescita. Siamo in stretto contatto con il governo statunitense, le trattative procedono in modo proficuo e speriamo di giungere a una rapida soluzione anche nelle prossime settimane con il sostegno ai nostri investimenti». E del resto, la retta strada a Blume era stata suggerita qualche settimana fa dallo stesso inquilino della Casa Bianca che durante un comizio elettorale aveva osservato: «Voglio che le case automobilistiche tedesche diventino case automobilistiche americane. Voglio che costruiscano i loro stabilimenti qui». Blume, che guida anche Porsche, ha ben capito l’andazzo e da mesi sta programmando aperture di nuovi impianti negli Usa. Volkswagen sta costruendo un sito per assemblare Suv e Pick-up a marchio Scout e valuta l’avvio di una produzione locale per Audi. Non solo. Perché potrebbero anche aumentare i volumi realizzati a Chattanooga, nel Tennessee, dove oggi tutti gli sforzi sono focalizzati su un Suv destinato al mercato nordamericano.Insomma, quello che le diplomazie non sono riuscite a fare proveranno a metterlo in pratica le singole aziende. Paradigmatica è la recente apparizione del presidente Trump che domenica ha assistito alla finale maschile degli US Open (Sinner contro Alcaraz) in qualità di ospite della Rolex.Prima dell’inizio del match, The Donald si è fatto ritrarre a fianco dell’ad del marchio svizzero di orologi di lusso, Jean-Frédéric Dufour, per salutare il pubblico. E dire che la stessa Rolex, così come altri grandi gruppi elvetici, stanno subendo le conseguenze catastrofiche dei dazi al 39% imposto dalla Casa Bianca. Si tratta di una delle maggiori imposte al mondo, che va a colpire un’industria quella degli orologi già in grande difficoltà. Così da un po’ di ore si susseguono le voci di un possibile sconto sulle tariffe applicate sui beni elvetici, con il governo svizzero che nelle ultime settimane ha riallacciato i contatti con l’amministrazione americana per rivedere l’intesa.Difficile sapere come andrà a finire. Quello che possiamo dire con certezza è che se la case automobilistiche europee piangono quelle cinesi se la ridono, tanto da essere le protagoniste assolute del Salone dell’auto di Monaco. In primis Byd. Che continua senza sosta l’espansione nel Vecchio continente a suon di nuovi modelli (oggi ne offre 13 rispetto ai 6 di due anni fa) e showroom: l’obiettivo è quello di arrivare a quota 1.000 negozi in 32 paesi entro la fine del 2025. «Siamo quasi pronti per costruire automobili in Europa per l’Europa», ha evidenziato a Monaco il vicepresidente esecutivo di Byd, Stella Li, «il nostro nuovo stabilimento in Ungheria è sulla buona strada per diventare operativo alla fine di quest’anno. Stiamo parlando con centinaia di fornitori e il nostro obiettivo è quello di costruire un ecosistema locale per la produzione europea».E del resto con il mercato statunitense «chiuso» è naturale che le principali case di Pechino puntino l’Europa.Oltre a Byd vanno monitorate le mosse di Leapmotor che prevede di raddoppiare le vendite Ue nel 2026: l’obiettivo dichiarato dal presidente Zhu Jiangming è raggiungere quota 120.000 vetture. Anche grazie agli accordi con Stellantis. La casa automobilistica franco-italiana ha infatti il 21,5% di Leapmotor e il 51% della «Leapmotor International», una joint venture creata ad hoc per vendere i modelli cinesi in Europa (sfruttando la rete commerciale di Stellantis), in cambio del know-how sulle auto elettriche e sulla loro tecnologia che il gruppo asiatico metterà a disposizione di Filosa & Compagni. Chi ci guadagna? Solo il tempo potrà dirlo. Per adesso spiccano i numeri della start up che ha incrementato il fatturato del 174% (sopra i 3 miliardi di euro) e le consegne del 155%: nella prima parte del 2025 sono arrivate a quota 221.700 anche grazie alla collaborazione con Stellantis che ha garantito un’esportazione di 20.000 veicoli.
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».