
Vodafone e Tim ritoccano alcune offerte per la casa. Novità anche sul mobile.Estate con aumento per i titolari di contratti di telefonia fissa Tim e Vodafone. Entrambe le compagnie hanno infatti deciso rincari per le bollette a partire dai mesi estivi: per Vodafone verranno modificate le condizioni di alcune offerte per le Sim dati e per la rete fissa, con un aumento di 1,50 euro o 3 euro. Le nuove tariffe partiranno rispettivamente dal 10 giugno e dal 10 luglio. A partire invece, da domenica (27 maggio) cambieranno le condizioni tariffarie di alcune offerte mobili prepagate, con un aumento del rinnovo mensile che varia da 0,69 a 1,49 euro. La società fa presente di essere però l'unico operatore a essere passato alla tariffazione su base mensile senza modificare le condizioni economiche delle offerte: Vodafone ha infatti sospeso i rincari dell'8,6% sulle bollette previsti dagli operatori dopo la legge sul ritorno alla tariffazione mensile (e non più a 28 giorni), come aveva ordinato lo scorso 21 marzo l'Antitrust.Per quanto riguarda Tim l'adeguamento arriverà a partire dal 1° luglio prossimo. Alcuni consumatori, secondo fonti di stampa, avrebbero già ricevuto in bolletta la comunicazione che recita: «Dal 1° luglio 2018, l'importo mensile dell'abbonamento alla tua offerta, che trovi evidenziato in blu nella pagina dettaglio dei costi di questa fattura, aumenterà di 2,5 euro al mese (Iva inclusa)». Si tratta di un ritocco che riguarderà i clienti dell'offerta Smart, ma anche quelli che hanno sottoscritto pacchetti onnicomprensivi voce e dati: l'annuncio, come hanno spiegato gli analisti di Intermonte, «era atteso dopo che il ceo Amos Genish, nell'ultima conference call, aveva parlato di iniziative volte a neutralizzare l'effetto del ritorno alla fatturazione mensile». Secondo gli stessi analisti l'aumento tariffario potrebbe portare nelle casse dell'operatore 225 milioni di euro all'anno, «prendendo come riferimento solo i clienti retail». Nel primo trimestre, secondo i calcoli di Mf, i clienti della rete fissa a banda larga erano 15 su 19 milioni totali: per questo l'aumento tariffario, sempre che qualche cliente non decida di recedere dal contratto, potrebbe fruttare a Tim fino a 37,5 milioni al mese, ovvero 450 milioni all'anno. Per gli analisti di Fidentiis «la notizia, se confermata, è positiva per Tim». Non avendo ancora idea di quanti clienti saranno effettivamente interessati dall'aumento, Fidentiis ha comunque ipotizzato due scenari, con impatto differente sui conti di Tim: il primo presuppone che l'aumento si applichi all'accesso broadband, che nel primo trimestre di quest'anno contava circa 15 milioni di clienti. Tenendo presente un 3% di disdette, l'impatto annualizzato sarebbe di 436 milioni di euro. Il secondo scenario presume invece che l'aumento si applichi solo agli accessi fisici (incluso Voip). Ipotizzando un tasso di abbandono del 3%, l'impatto annuale sarebbe di 328 milioni di euro. Si tratta, precisano gli esperti di Fidentiis, di un aumento che nel 2018 «potrebbe più che compensare il potenziale svantaggio derivante dal ritardo nei negoziati con i sindacati riguardanti il piano di riduzione del personale che Tim sta attualmente discutendo».Ma la società guidata da Amos Genish rischia anche una multa fino a 1 milione di euro: insieme a Wind Tre infatti, Tim è stata nei giorni scorsi oggetto di un procedimento sanzionatorio da parte dell'Agcom in relazione all'applicazione della legge che ha riportato la fatturazione su base mensile. In particolare l'authority guidata da Angelo Marcello Cardani, che già deve affrontare la partita dei rimborsi chiesti da alcuni clienti dopo la sospensione degli aumenti tariffari, ha puntato il dito sul mancato rispetto delle regole sulle informazioni alla clientela da parte di Tim e Wind Tre. L'authority ha richiamato le due società al «rispetto degli obblighi previsti in materia di informativa nei confronti degli utenti interessati dalla nuova manovra al fine di consentire, anche mediante il legittimo esercizio del diritto di recesso, scelte contrattuali consapevoli». Dal monitoraggio, infatti, è emerso che «gli operatori richiamati non hanno assicurato, per il tramite delle comunicazioni rese all'utenza finale attraverso Sms e sito aziendale, informazioni chiare, complete e trasparenti» e che «le informative non hanno rispettato il quadro regolamentare in materia di diritto di recesso».
Ansa
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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