2023-05-29
Aumenti anche per le mense scolastiche. E solo il 33% delle scuole ne possiede una
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La rata delle mense di primaria e infanzia è aumentata più del 2% di media. In Basilicata ed Emilia Romagna si spendono più di 100 euro al mese.82 euro al mese. Questa la spesa media che i genitori italiani devono affrontare per la mensa scolastica di ciascun figlio cioè circa 4 euro a pasto.E c’è una cattiva notizia perché il costo annuale sostenuto dalle famiglie per la mensa della scuola d’infanzia è aumentato mediamente del 2,38% rispetto ai due anni precedenti, anche a fronte dell’aumento di costi organizzativi e di gestione legati all’aumento delle materie prime. La Regione mediamente più costosa è la Basilicata con 109 euro mensili, seguita dall’Emilia Romagna con 105, mentre quella più economica è la Sardegna dove si pagano solo 58,60 euro al mese. Tariffe sostanzialmente invariate nel Lazio, Marche, Umbria e Valle d’Aosta.Alla primaria il servizio mensa è aumentato un po’ meno: il 2,14%, passando da un costo annuale medio di 727,77 euro l’anno nel 2021 a 743,40 euro di quest’anno. A livello di singoli capoluoghi di provincia sono le famiglie di Barletta a spendere di meno per il singolo pasto (2 euro sia per l’infanzia che per la primaria), mentre per l’infanzia si spende di più a Torino (6,60 euro a pasto) e per la primaria a Livorno e Trapani (6,40 euro). Fra le città metropolitane, soltanto Roma rientra nella classifica delle meno care, con un costo a pasto per la famiglia “tipo” di circa 2,40 euro in entrambe le tipologie di scuola.L’indagine è stata condotta da Cittadinanzaattiva, organizzazione, fondata nel 1978, che promuove l’attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti, la cura dei beni comuni, il sostegno alle persone in condizioni di debolezza. Lo studio prende in esame le tariffe di tutti i 110 capoluoghi di provincia, sia per la scuola dell’infanzia che per la primaria. A mancare solo il Trentino Alto Adige perché le province autonome non utilizzano standard equiparabili alle altre regioni.Secondo dati recenti del Ministero dell’Istruzione dei 40.160 edifici scolastici statali presenti sul territorio, solo il 33,6% (13.533) è dotato di mensa scolastica o, per meglio dire, di un “ambito funzionale alla mensa” come viene definito nell’Open Data del Ministero dell’Istruzione.Tra gli obiettivi indicati nel PNRR è prevista la creazione di circa 1.000 nuove mense scolastiche, ma poco si discute di un altro argomento, ovvero del loro costo. Il servizio oggi funziona a domanda individuale e quindi è erogato solo a chi ne fa richiesta pagando. Tuttavia si discute che possa diventare un servizio essenziale e universale, i cui oneri ricadano sulla spesa pubblica e non sulle singole famiglie che oggi, invece, sono chiamate a contribuire, in base al proprio reddito e alle percentuali stabilite, in modo discrezionale, dai singoli comuni, al costo del servizio, prevedendo esenzioni per le famiglie in fasce reddituali basse.Che sia a pagamento o meno la mensa è fondamentale per bambini e ragazzi. Perché una corretta alimentazione è alla base della loro crescita e sviluppo psicofisico. La mensa può garantire a tutti gli alunni pasti sani ed equilibrati indipendentemente dalle possibilità territoriali, economiche, organizzative delle proprie famiglie di origine. Infatti, come dimostra l’indagine Istat sul reddito e le condizioni di vita delle famiglie del 2019, sono molte di più di quello che si pensi le famiglie italiane che non possono permettersi di mangiare carne o pesce ogni due giorni: circa 10 su 100. Ad essere più colpiti risultano i nuclei monogenitoriali: il 12,9% di questi, con almeno un figlio minore, non può permetterselo così come le famiglie del sud e delle isole che, rispettivamente nel 17,4% e nel 18% dei nuclei familiari, non riescono a garantire un pasto proteico ogni due giorni.La mensa in Italia nasce a Milano il 19 dicembre del 1900. Il primo menu servito ai bambini milanesi era questo: "Venticinque grammi di salame stagionato crudo, trenta grammi di salame stagionato cotto, trenta di formaggio gruviera. E un etto di pane". Nasceva come incentivo per convincere le mamme a portare i figli a scuola. Infatti quando è stata introdotta la scuola dell'obbligo uno dei problemi più grandi era che molti alunni non frequentavano le lezioni. Le mamme in città non avevano modo di badare ai bambini. E appena erano in grado, venivano mandati a lavorare, almeno portavano qualcosa a casa. Ed è così che l'amministrazione decide di stringere accordi con le associazioni dei fornai e dei salumieri per portare il pranzo nelle scuole. Inizialmente, come ha raccontato Amilcare Mantegazza, professore e studioso di storia economica a Repubblica, Imbottivano i panini, li mettevano in grandi ceste. Per poi lasciarli, a mezzogiorno, in mezzo ai corridoi. Ma i pizzicagnoli di quartiere non erano esattamente economici. Così molto presto il Comune si è reso conto che, se avessero creato delle vere e proprie mense, avrebbe non solo garantito una dieta migliore. Ma speso pure meno.Secondo Cittadinanzaattiva, il servizio di ristorazione scolastica dovrebbe essere considerato non più a domanda individuale, facoltativo ed extrascolastico, ma rientrare nei livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell’art.117 della Costituzione. Inoltre per l’organizzazione è indispensabile ampliare le fasce di reddito per le quali è previsto l’accesso gratuito e uniformare le tariffe minime e massime, almeno per aree territoriali del Paese (Nord, Centro e Sud). Estendere il pasto a scuola ad un numero sempre maggiore di bambini, soprattutto nelle aree del Sud, in quelle interne e ultra periferiche del Paese rappresenta un obiettivo irrinunciabile ed urgente per favorire la permanenza a scuola, consentire un ampliamento dell’offerta formativa, contrastare la dispersione scolastica. Il PNRR ne ha previste 1.000 (per ora ne conosciamo 908): obiettivo importante ma non sufficiente a colmare le lacune esistenti e a favorire il tempo pieno in modo equilibrato in tutte le regioni del PaesePer migliorare la qualità in tutte le scuole, pubbliche e private andrebbe incoraggiata e favorita l’istituzione della Commissione Mensa, con la presenza al suo interno di almeno un genitore di bambini che utilizzano le diete speciali. I sopralluoghi della Commissione dovrebbero riguardare tutti gli ambienti legati alla ristorazione scolastica, senza alcun preavviso né limiti temporali, per rilevare la qualità dei prodotti, la pulizia, la rumorosità e le condizioni di temperatura ed illuminazione dei locali, la riduzione degli sprechi, la gestione dei rifiuti.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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