2025-09-09
Spari a bordo di un autobus: sei vittime a Gerusalemme. Hamas esulta: «Atto eroico»
Attentato a Gerusalemme (Ansa)
Uccisi i due attentatori: venivano dalla Cisgiordania. Il ministro Bezalel Smotrich: «Sciogliere l’Anp». Benjamin Netanyahu va sul luogo della strage: annullata l’udienza del suo processo.Il premier spagnolo: «Va fermato il genocidio». E vieta l’ingresso nel proprio Paese ai militari che combattono a Gaza. Lo Stato ebraico: «Sei schierato con i terroristi».Lo speciale contiene due articoliUn nuovo attacco ha insanguinato Gerusalemme: sei persone hanno perso la vita e altre undici sono rimaste ferite, sei delle quali in condizioni critiche, durante una sparatoria avvenuta su un autobus nei pressi di Ramot Junction, all’ingresso nord della città. Secondo ricostruzioni fornite dai media locali e da testimoni oculari, due uomini si sono avvicinati a un autobus, riuscendo a salire a bordo, e hanno fatto fuoco contro i passeggeri. La polizia ha confermato che entrambi gli attentatori sono stati uccisi: ad abbatterli sono stati stati un soldato e un giovane ebreo ultra-ortodosso della Brigata Hashmonaim che si trovava sul posto armato. Le autorità hanno diffuso i nomi di quattro delle sei persone rimaste uccise: il rabbino Levi Yitzhak Fash, figura legata alla scuola Kol Torah di Gerusalemme; Yaakov Pinto, 25 anni, residente in città ma originario dell’enclave spagnola di Melilla in Marocco; il rabbino Israel Menatzer, 28 anni, del quartiere Ramot; e il rabbino Yosef David, 43 anni. Tra le altre vittime ci sono anche un uomo e una donna di circa cinquant’anni e tre giovani sulla trentina. L’attacco è avvenuto in un punto particolarmente trafficato, lungo la strada che collega Gerusalemme agli insediamenti ebraici situati a est della città. Una passeggera ha raccontato a Channel 12: «L’autobus era strapieno. Quando l’autista ha aperto le porte sono arrivati i terroristi. Io ero vicino all’uscita posteriore, sono caduta su altre persone e sono corsa via. Mi sono salvata per miracolo». I due assalitori Muthanna Naji Amro e Muhammad Bassam Taha erano palestinesi poco più che ventenni, provenienti dai villaggi di al-Qubeida e Qatanna, nell’area di Ramallah e hanno sparato alla testa delle vittime. L’esercito israeliano ha circondato la zona per rintracciare eventuali complici. Lo Shin Bet ha intanto arrestato un residente di Gerusalemme Est sospettato di aver accompagnato i due attentatori fino al luogo della sparatoria. Sul posto è stata recuperata un’arma artigianale, una mitraglietta modello «Carlo», già usata in precedenti attacchi. Il «Carlo» è, dopo il coltello, l’arma più usata dai terroristi palestinesi in Israele e Cisgiordania. Si tratta di una mitraglietta artigianale ispirata al Carl Gustav svedese: rudimentale, poco precisa e con gittata limitata, ma economica, potente e facile da produrre con strumenti di base e progetti reperibili online. Il nome deriva dal Carl Gustav m/45, adottato dall’esercito svedese nel 1945 e poi fabbricato anche in Egitto. Il meccanismo è semplice: il rinculo espelle il bossolo e carica automaticamente il colpo successivo. Ogni modello può adattarsi a munizioni diverse e presenta varianti che richiamano Uzi, MP5 o Kalashnikov. Proprio per la sua semplicità e il basso costo, il «Carlo» ha superato i confini mediorientali: esemplari sono stati rinvenuti in Europa, America Latina, Australia e perfino in Italia, rendendo difficile il loro tracciamento una volta circolanti. I jihadisti di Hamas, pur non rivendicando direttamente l’azione, hanno definito l’assalto «un atto eroico» e «la risposta naturale ai crimini dell’occupazione», invitando la popolazione palestinese della Cisgiordania a «intensificare la resistenza». Il primo ministro Benjamin Netanyahu, che avrebbe dovuto presenziare a un’udienza del processo per corruzione a Tel Aviv poi rinviata, ha convocato una riunione d’emergenza sulla sicurezza e successivamente si è recato sul luogo dell’attacco insieme al ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir. «Stiamo conducendo una dura guerra contro il terrorismo su più fronti», ha dichiarato Netanyahu. Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e leader della destra religiosa, ha colto l’occasione per ribadire la richiesta di scioglimento dell’Autorità nazionale palestinese, rilanciando il piano che prevede l’estensione del controllo israeliano su gran parte della Cisgiordania. L’episodio si inserisce in una serie di attacchi che hanno colpito Israele negli ultimi mesi. L’ultima sparatoria di massa risaliva all’ottobre 2024, quando due palestinesi della Cisgiordania aprirono il fuoco a Jaffa contro passanti e viaggiatori della metropolitana leggera, uccidendo sette persone. In quell’occasione la rivendicazione arrivò dall’ala militare di Hamas. Sempre nella giornata di ieri, le Forze di Difesa israeliane hanno colpito un grattacielo a Gaza City utilizzato da Hamas. Secondo l’Idf, l’edificio ospitava postazioni di osservazione, sistemi di raccolta informazioni e ordigni esplosivi impiegati dai miliziani per pianificare e condurre attacchi durante il conflitto. Prima del raid, l’esercito ha dichiarato di aver adottato misure per ridurre i rischi ai civili, con allerte preventive, uso di munizioni di precisione, sorveglianza aerea e supporto di intelligence. «Hamas e le altre organizzazioni terroristiche nella Striscia continuano a violare il diritto internazionale, sfruttando infrastrutture civili e popolazione come scudi umani», ha affermato l’Idf. In questo contesto a poche ore dalla proposta del presidente statunitense Donald Trump, che chiedeva la liberazione immediata di tutti i 48 ostaggi al primo giorno del cessate il fuoco, Hamas ha replicato che un rilascio totale non è possibile. In un’intervista ad Asharq Al-Awsat, fonti del movimento hanno spiegato che «alcuni ostaggi sono morti e i corpi si trovano sotto le macerie o in zone che possono essere raggiunte solo dopo l’avvio della tregua». Si conferma, per l’ennesima volta, come Hamas non mostri alcuna reale volontà di giungere a un’intesa. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/attentato-geruslemme-spari-contro-autobus-2673972619.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sanchez-blocca-le-armi-a-israele" data-post-id="2673972619" data-published-at="1757413436" data-use-pagination="False"> Sánchez blocca le armi a Israele Le tensioni tra Spagna e Israele hanno raggiunto l’apice: ieri il premier spagnolo Pedro Sánchez ha annunciato «nove misure» contro lo Stato ebraico «per fermare il genocidio a Gaza, per perseguire gli autori e per sostenere la popolazione palestinese».Dalla Moncloa, Sánchez ha reso noto che, tra le misure per aumentare le pressioni su Gerusalemme, è incluso un decreto «per consolidare giuridicamente» l’embargo di armi, ma anche il divieto di transito in Spagna a navi e aerei diretti in Israele che trasportano equipaggiamento militare o combustile. E oltre all’imposizione di un embargo sui beni prodotti negli insediamenti israeliani in Cisgiordania, è vietato l’ingresso nei confini spagnoli a coloro che «partecipano in maniera diretta nel genocidio sulla Striscia di Gaza». E pur condannando Hamas per non aver liberato gli ostaggi, il premier spagnolo ha precisato che «quello che fa Israele non è difendersi, è sterminare un popolo indifeso e violare le leggi del diritto umanitario».Mentre si attende oggi l’approvazione delle misure da parte del consiglio dei ministri spagnolo, la linea di Sánchez ha inevitabilmente causato un effetto domino fatto di rappresaglie diplomatiche, accuse di corruzione e provocazioni. Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha immediatamente intrapreso delle azioni: «La vicepresidente del governo spagnolo e ministra del Lavoro, Yolanda Díaz, non potrà entrare in Israele e non avrà contatti con lo Stato di Israele. Così come Sira Rego, ministra della Gioventù, anch’essa del partito Sumar» si legge nel comunicato. Il capo della diplomazia israeliana è poi passato ad analizzare i motivi che si celerebbero dietro la svolta spagnola: è «palese il tentativo dell’amministrazione Sánchez, segnata da gravi scandali e corruzione, di distogliere l’attenzione tramite un attacco costante e antisemita a Israele». Ha inoltre messo in luce l’ipocrisia del governo spagnolo visto che ha «rapporti con regimi oscuri e autoritari, dal governo degli ayatollah in Iran fino a quello di Maduro in Venezuela». Il passo successivo per Gerusalemme è quello di «informare i suoi alleati della condotta ostile del governo spagnolo e del carattere antisemita e violento delle dichiarazioni dei suoi ministri».Lo scontro tra i due Paesi è proseguito prima con la risposta di Madrid e poi nuovamente con l’invettiva di Sa’ar. La Spagna «respinge fermamente le accuse false e diffamatorie di antisemitismo» ha comunicato il ministero degli Esteri spagnolo. E ha subito convocato l’ambasciatore spagnolo a Tel Aviv. Il premier spagnolo, intervenendo di nuovo sul tema in un incontro con un gruppo di cooperanti, ha rincarato la dose: «La Spagna è dal lato corretto della storia» che «giudicherà l’indifferenza come complicità». Dall’altra parte, Sa’ar, dal suo account di X, ha continuato a lanciare stoccate contro Sánchez: condividendo la foto dello spagnolo Yaakov Pinto, ucciso nell’attentato di ieri a Gerusalemme, ha scritto: «Proprio mentre il primo ministro spagnolo attaccava Israele, i terroristi palestinesi attaccavano e uccidevano sei israeliani, tra cui Yaakov Pinto, un nuovo immigrato dalla Spagna. Sánchez e i suoi ministri perversi, che hanno giustificato il massacro del 7 ottobre, hanno da tempo scelto di schierarsi con Hamas e contro Israele. Vergognoso!». Sempre Sa’ar, postando un articolo di Abc internacional in cui si dice che «Hamas applaude le misure di Sánchez contro Israele», ha commentato che «questo dice tutto» e che il premier spagnolo «si è messo con le persone sbagliate» mentre «Israele è uno Stato forte e sovrano».
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.