2019-02-28
Attaccano il governo ma il tema di Storia all’esame di maturità lo ha eliminato il Pd
Roberto Saviano e Liliana Segre guidano la protesta degli intellettuali contro il ministro Marco Bussetti. Peccato abbia deciso Valeria Fedeli. È vero, c'è un problema con la storia. Ma non riguarda affatto la (presunta) abolizione del tema storico al prossimo esame di maturità. Ha a che fare, invece, con la grottesca campagna montata da alcuni illustri intellettuali i quali, effettivamente, ignorano del tutto il passato, e probabilmente avrebbero bisogno di qualche ripetizione. La vicenda è nota. La senatrice a vita Liliana Segre, tramite Repubblica, ha rivolto un accorato appello al ministro dell'Istruzione, Marco Bussetti, affinché non cancelli il tema di storia all'esame di Stato. A darle manforte è intervenuto l'immancabile Roberto Saviano (guai se si perde un appello, il nostro). «Abolire lo studio della Storia», ha scritto Roberto, «mostra come questo sia il governo dell'algoritmo. Non contenuti ma solo trending topic. Non studiare la Storia fa vivere in un eterno presente in cui non solo semplicemente non sai da dove vieni ma non andrai mai in nessuna direzione. Nella logica del social conta solo ora, qui, l'istante. Il resto non è mai esistito e non esisterà». Bellissime parole, se fossero vere. Il fatto è che nessuno ha «abolito lo studio della Storia». I giovani italiani continueranno a studiarla esattamente come prima. Quindi quella di Saviano è una bufala colossale, supportata da altri «impegnati» come Michele Serra, Massimo Recalcati, Michela Marzano eccetera. Semmai a non studiare la Storia è Saviano, quello che durante il programma di Rai 2 Il supplente parlò dell'affare Dreyfus come di un evento della prima guerra mondiale (quando in realtà la vicenda avvenne nel 1894). Ma passiamo oltre. A cambiare sarà, semplicemente, la prova di maturità. E sapete perché cambierà? Perché lo ha deciso una commissione di esperti creata da Valeria Fedeli, ovvero dal ministro dell'Istruzione del precedente governo di sinistra. La commissione in questione era guidata dal linguista Luca Serianni, anche lui uomo di provata fede progressista. Tale commissione, dicevamo, si è insediata circa due anni fa allo scopo di modificare la prova d'esame così come prevedeva il decreto legge 62 del 2017. In sostanza, stiamo parlando di una riforma messa in pratica dal governo Gentiloni che, per altro, ha portato avanti il progetto di cambiamento contenuto nella famigerata «Buona scuola» di Matteo Renzi. Il ministro Bussetti, per impedire le modifiche, avrebbe dovuto smantellare una macchina legislativa partita quasi tre anni fa. Dunque perché la Segre, Saviano e gli altri se la prendono con questo governo? Se fossero intellettualmente onesti, invece di parlare di dittatura incipiente, dovrebbero andare a bussare al portone del Partito democratico. A questo proposito, è interessante il caso dello storico Andrea Giardina. Ieri, dalle pagine di Repubblica, tuonava contro il ministro: «Bussetti avrebbe potuto riconoscere serenamente l'errore, impegnandosi a correggerlo», ha detto. Posizione curiosa. Giardina, infatti, è presidente della Giunta degli studi storici, un organismo che, nel 2016, ha siglato un protocollo d'intesa con il ministero dell'Istruzione ancora oggi in vigore (scadrà a settembre). Tra i vari obiettivi del protocollo c'è quello di «individuare i contenuti disciplinari e nuclei fondamentali dell'insegnamento storico» e quello di «rinnovare le metodologie didattiche». Ma allora perché Giardina, quando la Fedeli era ministro, non l'ha presa da parte per spiegarle il disastro? Perché la Giunta degli studi storici non si è mobilitata già nel 2017 o all'inizio del 2018? Ne aveva l'autorità, no? Come mai si svegliano soltanto adesso? Vallo a sapere... In ogni caso, bisogna stare tranquilli. La Storia non sparisce dall'esame di maturità, come ha chiarito ieri (per l'ennesima volta ) il ministro Bussetti. La prima prova scritta presenterà tre tipologie di traccia. Una analisi del testo, un testo argomentativo e un testo libero. Tutte e tre queste tipologie di traccia toccheranno vari ambiti del sapere, compreso quello storico. Qualche giorno fa, gli studenti italiani hanno affrontato una simulazione della prova, e si sono trovati ben due tracce storiche. Una a partire da un testo di Elsa Morante (La storia, che è appunto un romanzo storico) e un'altra più specifica basata su un testo dello storico Claudio Pavone. In ogni caso, la prima prova testa le competenze linguistiche, non la conoscenza storica. Durante la prova orale, invece, gli studenti verranno interrogati anche su date e vicende apprese dai manuali. Riassumendo: lo studio della Storia non sparisce. E se la maturità cambia è per via di scelte dei precedenti governi che modificare è piuttosto complicato, e forse anche inutile. In più, c'è un'altra questione da mettere sul piatto. Il problema vero e grave sta nel fatto che gli studenti italiani hanno quasi sempre evitato in massa il tema di Storia. Nel 2018 l'ha scelto appena l'1,1% dei maturandi. Segno che, forse, i ragazzi non maneggiano benissimo la materia. Ed è qui che i docenti e gli intellettuali dovrebbero intervenire. Nei mesi scorsi abbiamo esaminato numerosi manuali di storia, delle medie ma pure delle superiori. Abbiamo trovato una situazione desolante: pagine e pagine infarcite di ideologia e di banalità. Esercizi che invitavano i ragazzi a elencare i benefici dell'immigrazione (li abbiamo trovati in testo firmato proprio dal professor Giardina, che coincidenza), svalvolate sul gender e altre amenità. Un guazzabuglio da cui è davvero difficile uscire con qualche conoscenza seria. Invece di sfruttare la maturità per berciare contro il governo populista sarebbe meglio che le (sedicenti) grandi menti della nazione dessero uno sguardo a quel che si insegna nelle classi. Scoprirebbero che la situazione è molto più grave di come appare, e la colpa non è dei perfidi populisti al potere.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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