2020-07-20
«Nemmeno il Covid spinge la digitalizzazione della sanità pubblica»
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Parla Giuseppe Di Franco, amministratore delegato di Atos Italia. Il fallimento di Immuni? «Anche noi avevamo partecipato al bando di gara, poi sono state fatte altre scelte». L'azienda da 7 anni in Italia è un colosso nei servizi digitali nel mondo. In questi mesi di crisi emergenza sanitaria ha assunto 106 persone. Leonardo sceglie Atos, leader globale nella trasformazione digitale, come partner tecnologico per lo sviluppo del supercomputer che sarà installato a Genova, in una delle sei sedi italiane dei Leonardo Labs, i nuovi laboratori del gruppo dedicati alla ricerca avanzata e all'innovazione tecnologica.Lo speciale contiene due articoli«Bisognerebbe domandarsi se quello che stiamo vivendo in questi mesi sarà il futuro dei prossimi anni. E' il momento che l'Italia capisca come investire davvero nella tecnologia digitale e nei big data». Giuseppe Di Franco, amministratore delegato di Atos Italia, colosso nei servizi digitali nel mondo, con più di 100.000 dipendenti, è riuscito in questi 3 mesi di crisi Covid ad assumere in Italia 106 persone. «In questa fase di grave difficoltà economica si è trattato per noi di un grande successo». Atos è in Italia ormai da 7 anni, in continuo sviluppo e il primo semestre 2020 si è chiuso con una crescita importante rispetto all'anno precedente, nonostante il lockdown. Ormai nel nostro paese ci sono 1500 dipendenti, tra cui spicca la realtà di Napoli con 250 persone assunte da zero negli ultimi anni. Cybersecurity, servizi digitali, Atos continua a crescere anche in un paese dove però la digitalizzazione resta ancora indietro.In questi mesi avete lavorato in molti paesi europei alle applicazioni per il tracciamento dei malati di Covid «Sì, abbiamo lavorato a sistemi integrati all'estero e in diversi paesi europei. Credo sia stata l'occasione per sviluppare piattaforme di aiuto ai medici di base, agli ospedali e a tutto il settore della sanità. Per fare previsioni sul futuro e gestire le crisi, è molto importante poter disporre di piattaforme di dati dove far convergere Centri di ricerca, Ospedali, Protezione civile, Regioni….e tutti i soggetti attivi nell'emergenza». In Italia invece l'applicazione Immuni non ha funzionato«Anche noi avevamo partecipato al bando di gara, poi sono stati fatte altre scelte. Quello che mi preoccupa è che al momento non vedo ancora un impegno organico in ambito digitale da parte della pubblica amministrazione nella gestione dell'emergenza sanitaria. Anzi….»Ovvero?«Non è stato ancora affrontato il tema dei big data, l'Italia è in ritardo su tutto il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione, persino dell'istruzione pubblica. Le faccio un esempio»Mi dica...«Solo con l'emergenza sanitaria finalmente a scuola hanno introdotto la possibilità di fare colloqui con gli insegnanti da remoto. E' una decisione che ha permesso a tanti genitori come me di poter risparmiare giorni e ore di tempo utile per lavorare. Ora in 10 minuti si può risolvere tutto. Ma davvero serviva il covid per rendersene conto?»Negli altri Paesi europei è stato fatto di più?«Ma guardi il problema è proprio questo. Quello che è successo negli ultimi mesi doveva spingere l'Europa a ragionare su un coordinamento comune nella gestione dei dati e nei processi di digitalizzazione».E invece?«Invece ogni paese ha fatto di testa sua, con i risultati che abbiamo visto. Ognuno con la sua app, ognuno con la sua ipotetica soluzione. E questo non vale solo per la politica dei singoli stati, vale anche per le aziende».Diverse imprese fanno fatica a rialzarsi, altre hanno già chiuso.«Sì, ma quante avrebbero già chiuso anche se non ci fosse stato il lockdown? Dovrebbe essere l'occasione anche per lo Stato italiano di non versare più soldi per imprese ormai già decotte, perché in questo modo continueremo a ripetere sempre gli stessi errori. Quante imprese in ritardo sulla digitalizzazione devono restare ancora in piedi?»Insomma, il nostro governo non ha fatto abbastanza.«Qui siamo di fronte a un cambiamento epocale. Nel giro di 3 o 4 anni quello che stiamo vivendo adesso potrebbe essere la norma, l'approccio alla vita. Negli Stati Uniti si possono appoggiare a Google o Apple, da noi in Europa invece si va a rilento, senza valorizzare ed investire nei punti di riferimento che abbiamo e potremmo costruire».Come se ne esce?«In Italia ci sono realtà importanti come Enel, Eni e Poste, che hanno fatto moltissimo negli ultimi anni, lo Stato dovrebbe prendere spunto proprio da loro, in quanto il cambiamento è possibile e il digitale rappresenta una opportunità di migliorare il contesto Paese enorme».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/atos-sanita-digitalizzazione-2646435358.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="atos-partner-di-leonardo-per-il-supercomputer-di-genova" data-post-id="2646435358" data-published-at="1595169959" data-use-pagination="False"> Atos partner di Leonardo per il supercomputer di Genova Leonardo ha scelto Atos, leader globale nella trasformazione digitale, come partner tecnologico per lo sviluppo del supercomputer che sarà installato a Genova, in una delle sei sedi italiane dei Leonardo Labs, i nuovi laboratori del gruppo dedicati alla ricerca avanzata e all'innovazione tecnologica.«Il supercomputer che stiamo sviluppando a Genova rafforzerà significativamente le capacità sia dell'azienda sia su scala nazionale nel supercalcolo, nei big data e nei sistemi autonomi e intelligenti», afferma Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo. "Questo progetto contribuirà in maniera significativa al posizionamento dell'Italia fra le prime cinque nazioni al mondo per capacità di calcolo nei settori della ricerca pubblica e industriale».Il nuovo centro di calcolo, integrato da Atos, sarà uno tra i primi in Europa, e il primo in Italia, ad essere dotato degli acceleratori di ultima generazione NVidia A100. Il supercomputer conterà su una batteria di oltre cento unità di supercalcolo, per una potenza di calcolo complessiva superiore a 5PFlops (5 milioni di miliardi di operazioni in virgola mobile al secondo), collegate da una rete ad alte prestazioni e a un sistema di archiviazione dotato delle più recenti tecnologie hardware e software, per una capacità di memorizzazione dell'ordine dei 20Pbyte (20 milioni di Gigabyte). Leonardo e Atos potranno, inoltre, collaborare su ulteriori progetti di ricerca legati alla computazione quantistica.Il supercomputer di Leonardo sarà il centro nevralgico della sede genovese dei Leonardo Labs, i nuovi laboratori di ricerca e sviluppo corporate dedicati all'innovazione nei settori tradizionali di Leonardo e allo sviluppo di nuove tecnologie per il lungo periodo. I Labs stanno sorgendo in prossimità dei principali siti industriali di Leonardo in Italia e all'estero con l'obiettivo di facilitare anche il trasferimento tecnologico e di massimizzare i benefici per i territori di riferimento, consolidando la collaborazione con le istituzioni locali. Leonardo ha, da poco, lanciato la selezione di reclutamento internazionale di 68 giovani talenti per i Leonardo Labs che verranno inseriti in sei specifiche aree di ricerca (Artificial Intelligence and Autonomous Intelligent System, Big Data Analytics, High Performance Computing, Electrification of Aeronautical Platforms, Materials and Structures e Quantum Technologies) e che faranno parte dei team in fase di costituzione nelle sei sedi dei Labs, presenti, oltre a Genova, nelle aree di Milano, Torino, Roma, Napoli e Taranto.I nuovi laboratori consentiranno di alimentare un flusso continuo di talenti per assicurare flessibilità e rinnovamento, sia di capacità sia di competenze professionali, in base a un modello adottato su scala internazionale in cui giovani ricercatori esterni di provenienza internazionale, lavoreranno insieme ad esperti e ricercatori interni alle Divisioni di Leonardo.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Lo ha detto il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme Raffaele Fitto, a margine della conferenza stampa sul Transport Package, riguardo al piano di rinnovamento dei collegamenti ad alta velocità nell'Unione Europea.