2024-05-04
Astrazeneca ritira il suo vaccino
In gran segreto la casa farmaceutica ha chiesto all’Ema di revocare la commercializzazione del preparato anti Covid oggetto di numerose cause giudiziarie per effetti avversi anche mortali. Entro giugno doveva presentare un rapporto sul rischio trombosi.Nel silenzio pressoché generale, Astrazeneca ha chiesto e ottenuto la revoca dell’autorizzazione a immettere in commercio il vaccino Vaxzevria. Mentre nel Regno Unito l’Alta corte sta esaminando le denunce contro il colosso anglo svedese da parte di vittime degli eventi avversi di questo anti Covid riunite in una class action da 100 milioni di sterline, l’azienda si è mossa per toglierlo da mercato. Ha presentato domanda il 5 marzo 2024 e la Commissione europea ha concesso la revoca lo scorso 27 marzo. Fine ingloriosa di un vaccino che sembra aver provocato troppi danni per restare in circolazione.Astrazeneca ottenne dall’Ema l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata il 29 gennaio 2021, il rinnovo annuale venne rilasciato nel novembre 2021 e il 31 ottobre 2022 fu concessa l’autorizzazione all’immissione in commercio «standard».In quell’arco di tempo furono circa 68,8 milioni le dosi di Vaxzevria somministrate a over 18 in Europa, tra segnalazioni di lotti difettosi, allarmi puntualmente ridimensionati sui rischi di trombosi che invece provocarono la morte di diverse persone, sospensione delle somministrazioni e altre caotiche indicazioni.Pochi giorni prima dell’assemblea degli azionisti dell’11 aprile scorso, che ha dato il via libera all’aumento della retribuzione all’amministratore delegato Pascal Soriot (quest’anno arriverà a guadagnare fino a 18,7 milioni di sterline, equivalenti a 21,8 milioni di euro), Astrazeneca otteneva di far sparire il vaccino forse più contestato durante la pandemia. Sandra Gallina, direttore generale per la Salute e la sicurezza alimentare della Commissione europea, ha firmato il documento nel quale si legge che la revoca «è applicabile a decorrere dal 7 maggio 2024». Però sul sito dell’Aifa, Vaxzevria figura già «revocato». La pagina relativa al prodotto risulta aggiornata al 7 aprile scorso, quindi l’Agenzia italiana del farmaco si sarebbe mossa per tempo eliminando l’imbarazzante vaccino dall’elenco degli anti Covid disponibili.Una fretta un po’ sospetta, bisognava forse interrompere i legami con Vaxzevria prima che si tentino cause nei confronti di Astrazeneca? È vero che nel Regno Unito almeno 12 famiglie avrebbero abbandonato l’azione legale, scoraggiate dalla prospettiva di perdere contro l’azienda perché l’esistenza di un volantino, circolato al culmine della pandemia, che avvertiva di rari effetti collaterali associati al vaccino, potrebbe scagionare il colosso farmaceutico. Ma ci sono sempre altre 50 denunce di danneggiati nei mesi precedenti (quando il foglio illustrativo ignorava la possibile l’insorgenza di coaguli di sangue e l’abbassamento del numero delle piastrine), a rappresentare un bel problema per Astrazeneca.L’azienda ha presentato il suo «portafoglio di vaccini e terapie immunitarie» al recente Congresso europeo di microbiologia clinica e malattie infettive (Eccmid) di Barcellona, ovvero Sipavibart, un anticorpo monoclonale sperimentale a lunga durata d’azione contro il Covid 19, e Beyfortus, un medicinale per l’immunizzazione passiva dei bambini contro la malattia del tratto respiratorio inferiore da virus respiratorio sinciziale (Rsv).Due medicinali in fase 3, ma quello che sta più a cuore ad Astrazeneca è il nuovo vaccino anti Covid a mRna, Vlp, ancora in «fase 1». Ricerca e mercato saranno sempre più orientati verso i farmaci a mRna e il colosso non vuole restare indietro. Togliersi di torno Vaxzevria significa dare un taglio a un farmaco che ha prodotto solo 1,8 miliardi di entrate nel 2022, mentre nel primo trimestre 2024 i ricavi totali sono aumentati del 19% grazie soprattutto a una crescita delle vendite dei prodotti per l’oncologia (+26%), di quelli respiratori e immunologici (+17%) e di quelli cardiovascolari, renali e metabolici (+23%).Significa anche non dover più fornire dati sulla sicurezza. Nell’ultimo «Piano di gestione dei rischi dell’Unione europea (Rmp) relativo a Vaxzevria», del settembre scorso, si leggeva che Astrazeneca era impegnata in uno studio sulla sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Proprio quell’evento avverso che solo da poco l’azienda ha riconosciuto possibile. «Può provocare, in casi molto rari» Tts, è l’ammissione fatta nel Regno Unito, la prima che avviene in una corte di giustizia.Ebbene, lo studio era una valutazione della relazione tra l’esposizione ai vaccini Covid 19 e il rischio della sindrome trombocitopenica trombotica. Uno studio retrospettivo che utilizza database secondari collegati in Inghilterra attraverso l’Nhs digital trusted research environment (Tre), fornendo la copertura dei dati nazionali di tutti i pazienti relativi ad assistenza primaria, vaccinazione, ricovero ospedaliero, risultati dei test Covid 19, dati sulla mortalità.Tappe fondamentali dello studio erano una relazione sullo stato di avanzamento, nel primo trimestre 2023 e la «presentazione del rapporto finale dello studio nel secondo trimestre 2024».Con la revoca della commercializzazione del vaccino, Astrazeneca non sarà più obbligata a presentare i risultati di quello studio che poteva dare risposte ancora più preoccupanti sulla frequenza della Tts nei vaccinati con il suo farmaco. Ai danneggiati ha detto: «La sicurezza dei pazienti è la nostra massima priorità e le autorità di regolamentazione hanno standard chiari e rigorosi per garantire l’uso sicuro di tutti i medicinali, compresi i vaccini».Invece, sui suoi standard calerà l’oblio.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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